Piccole, nere e instancabili
Le mie api salvano il mondo
Un allevatore siciliano punta su una specie che si credeva estinta "Rimpiazza le sorelle dorate falcidiate da pesticidi e malattie"
LAURA ANELLO
PALERMO
È la rivincita dell'ape-Calimero, di un insetto piccolo e scuro come la pece, abbandonato, quasi estinto che adesso è l'araba fenice, la salvezza del settore, la soluzione alle epidemie che da dieci anni in qua ammazzano milioni di colleghe gialle, dorate ed elegantemente ronzanti. Oggi protagonista di un progetto di ripopolamento della Sicilia che non ha precedenti in Europa.
Ape nera che più nera non si può, meridionale, di origine africana, naturalizzata siciliana, che nell'Isola è stata salvata quando sembrava ormai roba da archeologia entomologica. E che da qui, oggi, viene spedita in cassette in ogni parte del mondo, emigrata di lusso richiestissima in Germania e in Danimarca per colmare gli alveari desertificati da malattie catastrofiche. Perfino Carlo d'Inghilterra l'ha appena voluta nei suoi apiari. «Ci è arrivata un'e-mail dal Regno Unito - dice Carlo Amodeo, il produttore che la alleva e che l'ha salvata dall'estinzione - a inviarcela è stato Murray McGregor, apicoltore della Casa Reale. Ha voluto 400 pacchi da un chilo e mezzo, ognuno con circa 15 mila api. Gliele abbiamo portate in celle refrigerate fino in Trentino, sono venuti a prenderle lì».
Così adesso l'ape-Cenerentola scorrazza tra sir inappuntabili e lady che sorbiscono il tè, lei che stava per finire i suoi giorni in un apiario abbandonato vicino all'aeroporto di Punta Raisi. «Nel 1985, quando ero ancora studente di Agraria - racconta Amodeo, titolare di un'impresa a Termini Imerese, 20 chilometri da Palermo, oggi uno dei 25 selezionatori d'api in Italia - il mio professore, Pietro Genduso, mi parlò di quest'ape straordinaria, docile, resistentissima, di cui non si avevano più notizie dagli Anni Settanta. La trovai un giorno nei pressi della vecchia aerostazione. Erano sopravvissute soltanto tre famiglie. Era lei».
Adesso il via al progetto che punta a ripopolare stabilmente la Sicilia occidentale attraverso un programma finanziato dalla Regione con 400 mila euro. «Mai prima d'ora in Europa si è portata avanti la reintroduzione di una specie autoctona nel territorio», scrivono gli esperti nel progetto. A collaborare con la struttura operativa dell'assessorato all'Agricoltura, una task force di cervelloni: l'Istituto nazionale di apicoltura, Slow Food, l'Istituto zooprofilattico di Palermo, il corso di laurea in Entomologia agraria di Catania con il suo dipartimento di Scienze fitosanitarie, e ancora il dipartimento di Ingegneria e Tecnologie agroforestali dell'Ateneo palermitano.
«Avvieremo il reinserimento nella provincia di Palermo - spiega Amodeo - perché qui le api sono meno ibridate e sarà più facile creare stazioni di fecondazione in purezza». Compito non facile, perché diversamente da qualsiasi altro animale gli insetti del miele si accoppiano in volo e per farlo percorrono chilometri, una pratica amorosa che neanche un velocista del voyeurismo saprebbe monitorare. Così il progetto prevede di partire da una micro-zona con la sostituzione di tutte le regine degli alveari per creare una prevalenza di fuchi neri: i maschi che nascono da uova non fecondate della regina e che nella loro vita non hanno altro compito che ingravidare un'altra regina.
Sembra di vederla sorridere di soddisfazione, lei, la nera brutta sporca e cattiva soppiantata negli Anni Settanta dalle massicce importazioni in Sicilia di ligusta, carnica e caucasica ma capace poi di dribblarle tutte, queste principesse del miele fragili e schizzinose che sono cadute a milioni sotto i colpi delle epidemie di Varroa e Nosema. Certo, la parabola da Cenerentola a star non è stata veloce, e ha visto tante tappe intermedie. A partire dagli allevamenti nelle isole di Vulcano, Alicudi e Filicudi, nelle Eolie, scelte perché prive di api e abbastanza isolate da evitare ibridazioni. Tanto che è proibito severamente portare lì un'ape. La multa sfiora i 500 euro, con tanto di ordinanza del sindaco.
Instancabile, la nera. Raccoglie fioriture che altre se lo sognano, come il nespolo giapponese, è preziosa per l'impollinazione di frutta e vegetali, produce tutto l'anno, quando le colleghe nordiche si riposano aspettando la primavera. La negazione vivente del cliché di un Sud sfaticato.
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