Comune di Acquasanta Terme (AP) Lo scudo è occupato dalla figura di San Giovanni Battista, patrono di Acquasanta Terme, che tiene con la mano sinistra un favo; ai suoi piedi è raffigurata una cavalletta (Locusta migratoria). Il tutto richiama il passo del vangelo di Matteo (Mt 34: 4) che dice: “Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico“. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con D.P.R. del 10/7/2004 (art. 4 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 19 del 23/2/2006). |
Comune di Santa Maria Nuova (AN) L’emblema comunale (art. 2 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 29 del 5/6/2003) porta i segni dell’evoluzione storico-amministrativa di questa località: infatti esso reca, al di sotto delle tre api d’oro, la croce lombarda, in omaggio agli antichi immigrati che rifondarono il borgo. Questo centro, infatti subì ricorrenti distruzioni fino a quando, tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV, venne trasferito sulla sommità di un colle posto leggermente più ad occidente, luogo ritenuto più salubre e al nuovo insediamento venne dato il nome di Santa Maria Nuova. La fondazione del nuovo centro si fa risalire al 1472, data ufficiale dell'immigrazione di genti lombarde. La presenza delle api simboleggia la laboriosità della popolazione locale (URILEI, 2001). |
Comune di Urbania (PU) Lo stemma della città di Urbania (letteralmente “città di Urbano”) fa riferimento alla sua origine “pontificia”. Nel 1636, infatti, papa Urbano VIII (card. Maffeo Barberini) la rifondò simbolicamente elevandola al grado di Diocesi e di Città e il suo nome, Castel Durante, fu mutato in quello attuale di Urbania: gli abitanti si chiamano, però, ancora durantini (PAOLI, 1984; POZZI, 1998). In esso si notano, in campo azzurro, il simbolo basilicale (“parasole”, detto anche “ombrellino” e assai raro nell’araldica civica, colorato di bianco e di rosso, colori caratterizzanti la città) nascente da un giglio d’oro (guelfo, simbolo di fedeltà alla Chiesa), fiancheggiato da due chiavi (una rossa e una argentea, allusive delle chiavi di San Pietro) e in capo tre api operaie (simbolo di operosità), richiamo all’emblema della famiglia Barberini. |
Comune di Collalto Sabino (RI) Questa località fino al XIX secolo aveva un unico nome (Collalto). L’attuale versione dello stemma (art. 4 dello Statuto comunale) fa riferimento a questo nome: l’antico “Collis Altus”. La figurazione “rende bene l’idea” con la presenza di tre cime azzurre, nella tipica stilizzazione all’italiana, delle quali la centrale è la più alta; su di esse poggia un cervo maschio alludente alla posizione elevata della località. Sullo sfondo è rappresentato lo scudo antico della comunità (partito d’argento e di rosso); lo stemma è sormontato, oltre che dalla corona nobiliare da tre api d’oro allineate (in fascia) che ricordano la famiglia romana dei Barberini che, nel maggio 1641, fu investita della Baronìa di Collalto. Si segnala la presenza impropria dell’ovale periferico col nome: in araldica, infatti, vige la norma per cui non è ammesso quel tipo di nastro ovale; esso si ispira, probabilmente, alla targa di metallo che viene abitualmente esposta all’esterno di ogni Casa Municipale (GHIRARDI, in litteris). |
Comune di Fabrica di Roma (VT) Da documenti di Archivio si desume che lo stemma (art. 6 dello Statuto, deliberazioni C.C. n. 31 del 5/2/1992 e n 3 del 15/2/2002 ) è antichissimo, del 1500 circa. Lo stemma riporta un braccio che sorregge un favo su cui passeggiano quattro api operaie; altre due api stanno volando intorno. Questa posizione richiama certamente la predisposizione dei Fabrichesi al dono e la loro generosità: questa, però, è oculata (ciò è dimostrato dal braccio “vestito”) (BIANCHINI, 1982). La manica rimboccata è chiara espressione di un uomo lavoratore; il favo con le api simboleggia il lavoro intelligente. |
Comune di Lapio (AV) Lo stemma (art. 2 dello Statuto comunale) presenta quattro parti (inquartato da un “filetto in croce d’oro”) posizionate (abbassato) sotto un capo rosso riportante le due consonanti presenti nel nome stesso. Le figure riportate (le api d’oro, le spighe di frumento, il grande albero e il grappolo d’uva) richiamano le attività economiche, prevalentemente agricole, che caratterizzano Lapio, dove si producono cereali, olive, ciliegie, noci, nocciole, miele; questa località è nota soprattutto per la produzione di uva Fiana, da cui il rinomato vino bianco D.O.C. Fiano. |
Comune di Nola (NA) Questo stemma rappresenta un caso araldico molto curioso. Esso porta, fin dal ‘500, un'aquila bicipite con corona reale fra le due teste e con uno scudo sul petto su cui è disegnata quella che sembra una campana (in realtà è un’arnia!) a forma allungata, intorno alla quale volteggiano cinque 5 insetti. Questi sono interpretati ora come “cicale” (per via forse del Monte Cicala che sovrasta la città), ora come api. La prima interpretazione è confortata anche da leggende locali ma non è sicurissima. In questo caso si verificò, quindi, una circostanza inversa a quella napoleonica: sotto il regno borbonico gli insetti (api o cicale che fossero) furono spesso trasformati in gigli, in omaggio all’insegna dei re di Napoli. |
Comune di Pietramelara (CE) Lo stemma (art. 5 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 13 del 29/4/2003) riporta in campo azzurro tre api d’oro che sormontano un alvare posto sopra un mucchio di pietre. Dalla posizione di queste bottinatrici rivolte verso l’alveare (di paglia, tipo diffuso in antichità: CONTESSI, 2004) da cui sono uscite, si può ipotizzare che stiano compiendo i cosiddetti voli di “orientamento”. |
Comune di Melissano (LE) Il Comune di Melissano, autonomo dal 1° gennaio 1923, solo nel 1958 si occupò del riconoscimento dello stemma civico (art. 8 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 21 del 9/8/2006); questo riporta in campo azzurro, un’ape d’oro, accompagnata da tre carrube (due in capo e una in punta dello scudo). Per anni si è ritenuto che il toponimo “Melissano” derivasse dalla pianta del gen. Melissa (SCOZZI, 1990), specie vegetale che, contrariamente a quanto pensassero i locali, è scarsamente visitata dalle api (RICCIARDELLI D’ALBORE e INTOPPA, 2000); uno stemma civico, quindi, che solo indirettamente si richiama al nome del Comune. |
Comune di Africo (RC) Lo stemma (art. 1 dello Statuto, deliberazione C. C. n. 29 del 31/7/2002) riporta in punta tre colli cilindrici, disposti a piramide, con la parte superiore arrotondata che costituiscono il cosiddetto monte all’italiana (GHIRARDI, 2006); essi ricordano che questo è un Comune di montagna (670 m. s. l. m.). Nella parte superiore volano tre api operaie, simbolo della laboriosità degli Africesi e del loro attaccamento alla terra. |
Comune di Melissa (KR) Secondo alcune leggende il toponimo “Melissa” deriverebbe da Melisseo, re di Creta a cui è attribuita la fondazione del paese e dalla fama della maga Melissa; altri (GASCA QUEIRAZZA et al., 2003) fanno derivare il nome dal greco (ape, miele). Quest’ultima tesi fu preferita dai melissesi che adottarono nello stemma del Comune le api svolazzanti accarezzate con la mano destra dalla Ninfa. Infatti, lo stemma (art. 5 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 11/2005) è uno scudo sormontato da una corona (originariamente d’oro e ingemmata, ma lo stemma è stato aggiornato di recente per cui esso non ha più la corona nobiliare ma quella ordinaria), nel quale è raffigurata una donna rappresentante la Ninfa Melissa, protettrice delle api. La Ninfa, vestita di rosso, appare seduta in un prato verdissimo nell’atto di accarezzare alcune api in volo; sulla sinistra, è raffigurato un arbusto e sullo sfondo il cielo azzurro (in questo caso, in araldica, si parla di “campo di cielo”) percorso da nubi bianche. |
Comune di Avola (SR) E’ probabile che Avola abbia definito il suo emblema civico nel sec. XIII; questo rimase, inalterato fino agli anni ’60 del sec. XIX (GRINGERI PANTANO, 1987). Lo stemma attuale (D.P.R. 14 marzo 2002 e art. 3 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 17 del 10/2/2005) si concretizzò dopo l’Unità d’Italia; esso è diviso in due parti da una fascia che abitualmente è rappresentata curva (per simboleggiare il campo convesso dello scudo) ma che, invece, dovrebbe essere orizzontale. Nella parte superiore è posta una croce con i quattro bracci uguali (greca), mentre nello spazio sottostante, sono rappresentate, con le ali aperte, tre api. La croce è simbolo della fede cristiana che la popolazione di Avola ha sempre professato. Il fatto che le api siano tre (non una) starebbe a indicare la grande quantità di insetti presenti nella zona. Esse sono simbolo dell’industria e del lavoro, come pure della donazione e della vendetta (GUBERNALE, 1912-1937): esse, infatti, danno sì un eccellente miele – molto apprezzato è il miele dei Colli Iblei (PERSANO ODDO et al., 2000) – ma possono procurare qualche problema con il loro pungiglione (BARBATTINI e FRILLI, 2004). Quasi accollate allo stemma vi sono due cornucopie, simbolo dell’abbondanza e dell’agricoltura che culminano in una composizione di fiori e frutti. Esse rendono lo stemma più appariscente, sia compositivamente sia cromaticamente. |
Comune di Melilli1 (SR) Sullo stemma (art. 9 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 119 del 29/11/2001) è raffigurata un’aquila coronata, con le ali spiegate, coperta al centro da due scudi ovali (questa è una composizione assai diffusa fino al XVIII secolo), sormontati da corona (fig. 56 a). In quello di sinistra si notano cinque api che si librano in volo verso il sole splendente, alcuni ruderi con vegetazione; in quello di destra, diviso in sette parti, due aquile sormontate da corone, alcune bande (superiormente e inferiormente, simbolo della famiglia Aragona), due leoni rampanti coronati (simbolo del potere della famiglia Moncada dei Principi di Paternò che possedeva molti feudi), tre foglie, una colonna (una “Torre”) e un Castello. La Torre e il Castello sono simboli dei sistemi difensivi di Melilli che vennero distrutti dal terremoto del 9/11 gennaio 1693 e non furono più ricostruiti (MOLLICA. 1999). Lo stemma a sinistra è certamente quello del Comune e presenta anche una barca a vela che sembra muovere dai ruderi verso la vegetazione (e che l’estensore dello Statuto del Comune ha ignorato). Il tema delle api, presenti nello stemma, è dovuto al fatto che il miele ibleo e la sua bontà sono stati cantati fin dall’antichità e si richiama alla mitica Ibla, l’attuale Melilli (AREZZO, 1537). Il nome di tale città deriva dal re siculo Hyblone che abitava nella vicina Pantalica e che diede ai coloni Megaresi, provenienti dell’Attica nell'antica Grecia, il terreno per fondare (728 a.C.) Megara Iblea (MAGNANO, in litteris). Con grande probabilità questo episodio è richiamato dalle api rappresentate: esse sarebbero “sciamanti” e, quindi, Megara Iblea si è originata dall'antica città di Megara (alla quale alluderebbero i ruderi sulla scudo di sinistra) per una “sciamatura”. Lo stemma è racchiuso nella scritta circolare (araldicamente parlando, è abbastanza anomala per cui si preferisce riportare l’immagine in cui essa è stata sostituita con un nastro d’argento, come prescrive la Regolamentazione) che recita: Maegara ortum Hiblae leo martem alveare Melilli dat (Megara, leone di Ibla, dà a Melilli la nascita, la potenza, la prosperità). 1. Sul toponimo “Melilli” si è discusso molto nel corso dei secoli. Per spiegare l’origine del nome, alcuni studiosi (PALMERI, 1850; AMICO, 1856; RIZZO, 1988) collegarono l’antica Ibla al miele, che si produce in gran quantità negli Iblei, ricchi di timo. Tutte le specie del gen. Thymus sono visitatissime dalle api e assicurano notevoli produzioni di miele uniflorale, tipica produzione italiana da salvaguardare (PERSANO ODDO et al., 2000; RICCIARDELLI D’ALBORE e INTOPPA, 2000; ARCULEO e SABATINI, 2007). D’altronde il miele degli Iblei è stato celebrato, fin dall’antichità, da poeti e scrittori (RIZZO, 1990; AA.VV., 1992; MAGNANO, 2004). Per altri studiosi, il toponimo, invece, deriverebbe dall’arabo e significherebbe sentiero trafficato, a causa della sua posizione strategica (MAGNANO, in litteris). |