Virosi con effetti sia sulle api adulte (riduzione dell’aspettativa di vita) che sulla covata (mortalità) potrebbero essere anche conseguenti alla presenza dell’invisibile Nosema ceranae.
E’ noto che il virus della cella reale nera (Black Queen Cell Virus) è associato a Nosema ceranae, ma non si è ancora capito in quale modo sia associato ad esso. Il Dr Doublet ,ora all’Università di Halle ci ha voluto anticipare con grande cortesia la scoperta del suo team di studio , ovvero che esiste una sinergia fra Nosema ceranae e BQCV. In altre parole lo sviluppo di un patogeno porta anche allo sviluppo dell’altro e viceversa.
Fino ad ora non sembrava una questione così rilevante ed è stato trascurato dalla comunità scientifica, ma questa scoperta porta a considerare il problema come decisamente più grave.
Questo virus che sembrerebbe relativamente poco presente in situazioni “normali“ (Berenyi 2006) diventa massicciamente presente nelle situazioni in cui risulta presente anche Nosema ceranae. Recentemente, è stata infatti trovata una stretta invariabile compresenza di virus e Nosema sulle stesse api, rapporto che talvolta si estende al 100% delle api stesse (Hong 2011; Choe 2012). Questo virus ha preso il proprio nome dal fatto che inizialmente è stato ritrovato in celle reali con larve morte. Dai primi studi sembrava che il virus, sebbene abbondantemente presente anche nelle operaie dell’alveare, interessasse ed uccidesse solamente le larve di regina. Negli ultimi anni però sono stati segnalati casi di problemi indotti dal virus anche alla covata generica, ed è stata rinvenuta la presenza di larve morte, uccise unicamente in seguito all'effetto di questo virus. Sembra pertanto evidente che il BQCV sia in grado di produrre ben altri tipi di problemi alle colonie. In effetti, ciò non desta molta meraviglia: se il virus può uccidere una larva di regina è probabile che possa farlo anche con larve di operaie (Benjeddou 2002) o di fuchi (Siede R, Büchler R. 2003). La questione è capire che cosa sta cambiando nella sua diffusione e nella sua virulenza. Perché, anche questo virus sta diventando pericoloso? Quanto è realmente presente nelle popolazioni di api? Come fa un virus associato ad un patogeno che si sviluppa prevalentemente sulle api vecchie (e sulle quali può eventualmente produrre una riduzione dell’aspettativa di vita) a indurre mortalità alla covata? Vale la pena approfondire la questione dato che la stessa potrebbe porsi in maniera ricorrente nei prossimi anni. Per capire bene distribuzione ed effetti di un virus associato a Nosema ceranae ha significato andare a vedere “come vive” sull’ape che ospita da millenni il N.ceranae (senza peraltro subirne un danno particolare, se non in certe zone dove l’infezione è stata associata ad una riduzione di produzione coloniale [Choe et al. 2012]). Questo è stato fatto in diversi lavori nei quali, tra le alte cose, vengono considerati anche altri virus già ben noti apportando una serie di informazioni molto interessanti. Il lavoro di Li e collaboratori (2012) afferma che DWV e BQCV risultano essere le due infezioni virali più comuni in Apis mellifera, e che questi sono stati i soli due virus ritrovati in A.cerana (almeno nelle colonie esaminate nel presente studio). Inoltre di questi due virus, il BQCV risulta essere quello maggiormente presente su A.cerana. Entranbe incidenza e prevalenza di infezioni da DWV in A.cerana risultano molto più basse rispetto a quanto osservabile in A.mellifera. Poiché il DWV è fortemente correlato alla presenza di Varroa che è comunemente associata ad A.mellifera, e A.cerana ha una forte capacità di resistere a Varroa, è probabile che i bassi livelli di presenza di Varroa spieghino la bassa presenza di DWV in A. cerana. Nello stesso lavoro gli autori segnalano inoltre un’interessante correlazione tra Nosema ceranae e la flora batterica presente nell’intestino dell’ape. Bifidobacterium, Neisseriaceae, Pasteurellaceae e Lactobacillus sono caratteristicamente presenti nel microbiota intestinale di A.cerana (vedi box a lato). Quando questa è infetta da N.ceranae presenta quantità ridotte di Bifidobacterium e Pasteurellaceae rispetto a quelle presenti in situazione di non infezione dal patogeno. I ricercatori si sono così chiesti quali dei due rappresenti la causa e quale l’effetto (ovvero: è l’infezione da Nosema che può indurre la riduzione di questi componenti del microbiota o, per converso, è la composizione del microbiota che può determinare la suscettibilità all’infezione? La domanda rimane ancora senza risposta, ma Bifidobacterium, come molti batteri, è in grado di produrre diverse sostanze antimicrobiche che potrebbero essere d’aiuto nella resistenza al patogeno. É importante notare che, in ogni caso, è stato dimostrato che gli stessi virus hanno una relazione con la flora intestinale.
[Il microbiota intestinale (termine che ha ormai sostituito la vecchia denominazione “microflora”) è un ecosistema formato da una pluralità di nicchie ecologiche, che ospitano una popolazione batterica formata da numerosissime specie e da un’innumerevole quantità di ceppi 1-6. È a stretto contatto con la mucosa intestinale, o interfaccia epiteliale, che costituisce, dopo quella respiratoria, la più grande superficie libera del nostro organismo, essendo pari a circa 250-400 m2. Il microbiota e la mucosa, insieme al muco, formano la cosiddetta barriera mucosa, importante sistema di difesa nei confronti dei fattori potenzialmente immunogenici o patogeni presenti nel lume. L’interfaccia epiteliale, infatti, separa il lume, contenente il microbiota ed i residui dell’alimentazione e delle secrezioni organiche (salivari, gastriche, pancreatiche, biliari, intestinali), dal sistema immunitario specifico associato alla mucosa (GALT). I microrganismi che costituiscono il microbiota si distribuiscono lungo l’apparato digerente in modo disomogeneo - definizione del Dr. Francesco Piepoli]
Ma quanto il BQCV è realmente presente nelle popolazioni di api? In un recente lavoro di Choe e collaboratori (2012) è stato riportato che in Corea del Sud il 75% di 446 campioni di api adulte e nel 48% di 81 campioni di larve era infetto dal BQCV. Una situazione simile è stata anche riportata in Francia dove nel 2002 il BQCV e il DWV sono stati ritrovati rispettivamente nel 86% e 97% degli apiari esaminati (Tentcheva e al. 2004). Simile la situazione negli USA: in Massachusetts di oltre 300 api esaminate nello studio di Tentcheva e collaboratori (2004) solo 5 sono risultate esenti da infezioni virali. I due virus maggiormente presenti sono risultati BQCV eDWV. Il DWV è stato identificato nel 98% delle locali api stanziali e nel 72% di quelle utilizzate per il nomadismo, mentre il BQCV è stato identificato nel 60% delle locali api stanziali e nel 92% di quelle nomadi. Il 60% delle api esaminate è risultato infetto da più di un virus con effetti derivanti ancora sconosciuti. E’ anche sconosciuto se infezioni virali multiple possono facilitare le ricombinazioni virali e generare così nuove specie di virus. BQCV sembrerebbe essere dunque molto presente sulle api adulte, le più vecchie delle quali sono, inoltre, maggiormente soggette alle infezioni di Nosema ceranae.
L’altra questione ancora da chiarire è come il virus BQCV arrivi ad infettare le larve in quantità tale da risultare patogeno. Vi sono due possibili vie: trasmissioni orizzontali in cui i patogeni passano da api adulte infette (eventualmente sia da Nosema che da BQCV) e/o cibo contaminato alle api nutrici e da queste alle larve; trasmissione verticale in cui, cioè è la regina (infetta da BQCV) che passa l’infezione direttamente alle figlie. La trasmissione del BQCV ed altri virus è stata studiata da Cheng e collaboratori (2006): il virus BQCV è stato rinvenuto nelle feci delle regine (100% dei casi studiati) alla stessa stregua del DWV (presente nel 90% delle regine analizzate). Il DWV è stato rinvenuto nel 100% dei campioni di emolinfa, 80% nello stomaco, 100% di ovari, 80% di spermateca. La presenza di BQCV è risultata nel 100% di stomaco e 70% di ovari. La possibilità di trasmissione verticale dalla regina alla progenie è stata verificata su uova, larve e adulte. Con regine infette da BQCV e DWV, il 100% delle uova analizzate sono state identificate come infette dai due virus. Il 22% delle larve e il 5% delle adulte e risultato infetto da BQCV, mentre il 65% delle larve e il 13% delle adulte è risultato infetto da DWV. In questo caso si tratta di dati qualitativi. Difficile sapere, almeno per adesso, come la quantità di infezione presente (numero di virus) nella regina possa modificare i livelli di trasmissione in maniera significativa anche se è ragionevole pensare che più la regina ne ha più ne trasmetta. Comunque, anche in questo caso, in conseguenza dell’infezione della regina una larva su 5 ha una infezione da BQCV che può attivarsi in conseguenza di chissà quali fattori di stress. In assenza di fattori scatenanti sembrerebbe che in molte situazioni il sistema immunitario della larva sia in grado di eliminare la presenza virale consentendo la nascita di un numero di api sane maggiore di quello delle larve sane. Pur esulando dal tema dell’articolo, vale la pena dire qui che questo studio mostra anche come l’infezione da DWV della regina offra ampia possibilità alla varroa di infettarsi di virus (in 13 casi su 20 infestando la cella la varroa si infetta di virus per poi “riciclarli“ moltiplicati nei suoi successivi cicli riproduttivi in celle di covata). Le analisi hanno dimostrato la presenza dei virus BQCV, DWV e SBV negli ovari e che questa presenza è significativamente più bassa di quella presente nello stomaco. Inoltre i virus sono stati rinvenuti nelle uova e nelle feci suggerendo un ruolo dell’alimentazione nella trasmissione virale. In effetti la regina potrebbe risultare infetta dai virus già dall’uovo, ma potrebbe anche venire infettata dall’alimentazione che riceve dalle nutrici. Secondo gli autori i virus potrebbero essere ingeriti tramite cibo contaminato e passare nel tratto digestivo. Lo stesso succede spesso con DWV. Lo stomaco sembrerebbe essere il luogo di elezione per la moltiplicazione virale di BQCV e DWV da cui poi attraverserebbero la parete per diffondersi in altri siti. Per cui da un lato una parte delle larve nasce con infezione latente che può essere scatenata da chissà quali fattori. Dall’altra la regina può costituire attraverso le sue feci, che vengono gestite dalle spazzine -che poi divengono nutrici - veicolo di diffusione del virus. Infine la stessa regina può essere infettata dall’alimentazione che riceve dalle nutrici che possono essere infettate a sua volta dalle bottinatrici. Nonostante sia stato dimostrato da un gruppo di ricercatori italiani (Costa et al. 2011) che DWV e Nosema siano antagonisti all’interno della stessa ape, poiché probabilmente entrambi i patogeni competono per le stesse cellule dell’intestino (il tratto digerente dell’ape è infatti critico per lo sviluppo del DWV, e allo stesso tempo Nosema è in grado di causare lesioni e degenerazioni delle cellule dell’epitelio utilizzate dal Virus) la stessa cosa potrebbe non essere vera per BQCV. Per esempio già Bailey e collaboratori (1983) hanno riportato degli effetti sinergici tra Nosema apis e altri virus come FV, BVY e appunto BQCV.
Dunque, per concludere, un grosso potenziale pericolo potrebbe è che Nosema ceranae si trova ad essere associato intimamente ad una virosi da BQCV in grado di avere sia effetti di accorciamento di vita delle bottinatrici, sia di produrre direttamente mortalità di covata che tenderà ad aumentare nel tempo essendo i due patogeni attualmente tenuti a bada unicamente dai sistemi immunitari dell’alveare. Di questo sembrerebbe necessario prendere coscienza.
*Dr.David Baracchi research activity is currently supported by a Marie Curie Intra European Fellowship within the 7th European Community Framework programme.
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