Come fanno le api a deumidificare il miele ?
Come fanno le api a deumidificare il miele ? E quanto gli costa ? Qualcuno si è dato la pena di studiarlo scoprendo che il prezzo è molto alto
articolo di gianni savorelli
Può capitare che gli ingegneri si interessino di api . Stavolta è capitato a Derek Mitchell, una giovane e poliedrica mente attualmente presso l’università di Leeds.

Lo sforzo e il costo necessario all’apicoltore per deumidificare il miele quando necessario è ben noto. Tuttavia e chissà perchè nessuno si era mai posto più di tanto il problema di capire quali potessero essere i livelli di efficienza raggiungibili dalle api in questa operazione e i relativi costi . Ammettendo che non si tratti di fantasie , data la estrema originalità ,gli aspetti considerati dall’ingegnere nella sua pubblicazione
Journal of the Royal Society Interface, 16 (150). 20180879. ISSN 1742-5689
https://doi.org/10.1098/rsif.2018.0879
Thermal efficiency extends distance and variety for honey bee foragers: Analysis of the energetics of nectar collection and desiccation by Apis mellifera Derek Mitchell MSc Leeds University School of Mechanical Engineering

sono davvero interessanti sia a livello teorico che pratico. L’Ingegnere apre la sua pubblicazione con le premesse generali sul tema che derivano dalla letteratura.
Il miele è un alimento a concentrazione di zucchero maggiore dell’80 % ottenuto dalla modificazione enzimatica del nettare florale previa deumidificazione . Questo nettare florale, che contiene concentrazione zuccherina da 10 a 50 % viene trasferito dalle bottinatrici che lo hanno raccolto nei prati alle api di casa mielatrici che, tra l’altro, danno luogo ad un processo di deumidificazione riscaldando e aerando selettivamente il nettare con l’apparato boccale nel momento in cui viene immagazzinato in una celletta.
Questo nettare parzialmente deumidificato viene poi esposto ad aria a bassa umidità, prodotta dalla popolazione dell’alveare la quale si impegna nella realizzazione di un vigoroso movimento forzato dell'aria all'interno del nido . Movimento di aria ottenuto sventolando le ali [1??3]. La prima parte del processo dura pochi minuti. La seconda dura da poche ore a pochi giorni .
Questa attività di deumidificazione si svolge con intensità considerevole durante le serate e nottate estive. E’ chiaramente udibile (con intensità superiore a 30 dB) da una distanza di diversi metri e può durare fino alle prime ore del mattino seguente.
La quantità di acqua evaporata dal nettare importato può essere superiore a 400 kg all'anno. Di conseguenza una considerevole quantità di energia è necessaria per ottenere lo scopo desiderato. Questa energia può essere valutata nell’ordine di 1GJ [7,8]. Ci si può verosimilmente attendere transizioni di temperatura a scopo di termoregolazione dopo importazione di nettare, mentre i processi di essiccazione vengono eseguiti . Le api aumentano di temperatura le parti dei favi interessate per ridurre l'umidità relativa (RH). Queste fasi di riscaldamento sono seguite da rapide diminuzioni della temperatura verso la fine della fase di evaporazione. Questi tipi di “comportamenti “ sono stati osservati [15] , ma non attribuiti in maniera assoluta alla deumidificazione del nettare.

Preso atto della letteratura Mitchell comincia poi a metterci del suo e dice :
A.mellifera, in natura, risiede in nidi ombreggiati, a bassissima conduttanza termica [La conduttanza termica L è il rapporto tra la conduttività termica l di un materiale e il suo spessore (s) e indica la quantità di calore che attraversa, in 1 ora, 1 m2 di un materiale dello spessore s quando il salto di temperatura tra le due facce è di 1 K. Un valore basso di L è indice di un’alta conduttanza, mentre un valore alto indica una conduttanza ridotta. L’unità di misura è W/(m2 K). Si tratta di un concetto di isolamento termico . Se il valore di conduttanza di un materiale fosse zero ,si avrebbe il perfetto isolante termico ] situati in alberi e caratterizzati dal valore di conduttanza di 0.4 WK-1 [47] [48].
Si può osservare che con la gestione umana degli alveari la situazione è molto diversa. Gli alveari [ il contenitore delle api anche detto arnia + favi e api . ndr ] possono trovarsi in pieno sole e l’insolazione ( irraggiamento solare ) può immettere energia in arnie [ il contenitore delle api ndr ] artificiali che hanno in genere alta conduttività termica (2,6 WK-1) posti in pieno sole. In entrambi i tipi di nido, nei climi temperati, la consistente evaporazione del nettare avviene di notte. Quindi possiamo escludere l’insolazione ( irraggiamento solare ) come una delle necessità per la deumidificazione del nettare. Nei climi temperati, le temperature degli alveari sono di solito significativamente più elevate rispetto all'ambiente [4] . Data l'analisi e le osservazioni di cui sopra, è possibile scartare l'ambiente esterno come un importante fattore di energia per la deumidificazione ed è invece più probabile che esso costituisca una potenziale perdita .

Il metodo di studio suggerito dalla letteratura [39,52,53] per valutare la sopravvivenza continua di un alveare è la valutazione della quantità netta di energia sotto forma di miele a sua disposizione definita come l'energia recuperata nel bottinamento sotto forma di nettare florale alla quale è necessario sottrarre l'energia totale spesa per la produzione del “ reddito “. Il tutto è da dividere per l'energia spesa. In pratica questa formula sembra indicare il guadagno in relazione a quanto speso volando . Pare essere una valutazione di efficienza .
La sopravvivenza a lungo termine è considerata probabile solo quando il risultato di questa semplice equazione è maggiore di zero. E questo è ovvio . Secondo Mitchell questo riguarda la quantità di energia disponibile in tutti i fiori raggiungibili o visitati, che viene consegnata all'ingresso dell’alveare e osserva che “Non è stato però tenuto in adeguato conto quanto necessario per trasformare il nettare florale in miele [45]”. Con il suo studio va ad introdurre in aggiunta a quanto noto gli elementi legati alla fisica che limitano i comportamenti biologici delle api fornendo la base per nuove ipotesi, intuizioni e comprensione di quei comportamenti.
L’ entità dell'energia coinvolta nel processo di deumidificazione del nettare e il modo in cui le perdite e l’efficienza dei processi influiscono sulla colonia di api sono il fulcro di questo studio.
Mitchell scrive che : L'efficienza della deumidificazione del nettare dipende dalla conduttanza complessiva dell’alveare (inteso come complesso api,favi e arnia ), dalla differenza di temperatura media tra l'interno e l'esterno del nido e dalla velocità dell'acqua evaporata. Le perdite di energia risultano determinate in massima parte dalla conduttività del “ glomere “ inteso come massa di api e favi . Se la temperatura esterna è superiore alla temperatura interna, l'efficienza termica sarà maggiore di 1, perché c'è un guadagno di calore piuttosto che una perdita. Da ciò , il redattore dell’articolo divulgativo è portato ad ipotizzare che dal momento che gran parte della deumidificazione del nettare è effettuata nelle ore notturne detto compito risulterà tanto più facile e meno dispendioso quanto più alte sono le temperature della notte . Se ne avrebbe che la produzione di miele, a parità di altre condizioni , è tanto più alta quanto più alte sono le temperature notturne . Ma si vedrà nel seguito….
Mitchell continua :
Considerare anche i costi energetici per deumidificare il miele riduce ulteriormente quella che è la distanza alla quale il bottinamento risulta produrre utile. Può essere definito un “ punto di equilibrio “ definito come la distanza alla quale la spesa per il volo,il trasporto e la deumidificazione consuma tutta l'energia raccolta dalle api, le quali risultano a quel punto lavorare “ a gratis “ ( e sarebbe interessante poter sapere se se ne rendono conto ndr ). Se le api non possono bottinare entro questa distanza utile ovvero redditizia di conseguenza non possono accumulare le scorte necessarie ad affrontre periodi di penuria, ad es. siccità, maltempo e inverno nonostante lavorino come matte.
Sembra ragionevole introdurre e definire il parametro TEE ( ovvero thermal energy efficiency of nectar desiccation ovvero in italico efficienza dell’energia termica relativa alla deumidificazione del nettare- in parole povere la quantità di energia che serve ad esempio per ridurre di un punto percentuale l’umidità del nettare in trasformazione in miele ) come l’efficienza dell’energia termica necessaria alla deumidificazione del nettare florale. Ci sono però pochi dati sperimentali relativamente ai parametri che permettono di determinare questa efficienza termica nella maturazione del miele [45] e in quella che può essere la conduttanza del glomere [47]. Tuttavia quanto disponibile sembra sufficiente per determinare validi “ranges “ per questo parametro ovvero una gamma sufficientemente realistica di valori .

Uno dei risultati del modello presentato nella pubblicazione è che una temperatura ambiente più elevata ,assumendo una velocità costante di maturazione del miele, darebbe luogo a un TEE più elevato , ovvero ad una maggiore efficienza dell’energia utilizzata ( ne deriverebbe che l’efficacia di deumidificazione cresce al crescere della temperatura esterna).
Una delle possibili conseguenze di questo e che le api sarebbero in grado di trarre profitto da concentrazioni inferiori di nettare ( purché l’Umidità Relativa non aumentati).Uno studio di Bordier et al. 2017 ha dimostrato che innalzando la temperatura esterna in una situazione controllata , le api iniziano a raccogliere anche dai fiori che dispongono di concentrazione zuccherina inferiore del nettare.
Nei modelli descritti da Mitchell, la diminuzione della conduttanza termica dell'alveare dà luogo ad un miglioramento dell'efficienza termica, che a sua volta dà luogo a un miglioramento del coefficente di produzione di miele ( che consente a più nettare di essere essiccato a miele ) . Quindi , dall'analisi , ci si aspetterebbe che la diminuzione della conduttività dell'alveare migliori i raccolti di miele. È stato dimostrato che ciò si verifica in pratica, in entrambi gli studi formali disponibili [65- 66] ni quali erano in studio anche alveari dotati di arnia di polistirolo espanso. Per questi sono stati misurati valori di conduttanza di 1 WK-1 rispetto ai 2,6 WK-1 per alveari in legno e 0,4 WK-1 per alveari dimoranti dentro alberi [47]. Gli studi mostrano il miglioramento dell'efficienza termica degli alveari con arnia in polistirene espanso rispetto ai comuni alveari in legno a parete sottile. Tuttavia altri tipi di studio mostrano la straordinaria importanza di pareti interne in legno ruvido, che consenta un massiccio accumulo di propoli . Nell’insieme la casa migliore per le api sembra essere fatta da un interno di legno ruvido, come quello naturale degli alberi rivestito nella maniera che produce la minor conduttanza umanamente possibile . Per converso , la mitica arnia razionale pare decisamente da buttare . Mitchell fa notare che all’ aumentare della temperatura dell'aria essiccante, aumenta la sua capacità di trasporto di acqua [67] . Quindi diviene necessario spostare meno aria per rimuovere la stessa massa di acqua. Qualsiasi aumento di temperatura dell'aria migliora quindi l’efficienza di TEE. Se la capacità di deumidificare miele a basso costo fosse legata alla evoluzione comportamentale delle api , potremmo aspettarci che il processo di essiccazione del nettare avvenga in una parte dell'alveare nella quale è richiesta meno energia per mantenere una temperatura più alta. Questa ipotesi sembra essere dimostrata dal fatto che le api depositano preferenzialmente il nettare nelle parti superiori dell’alveare, sopra il nido di covata [68]. La stratificazione della temperatura sopra la fonte di calore [47] costutita dalle nutrici presenti nell'area di covata ( controllo della temperatura per l’allevamento di covata ), riduce il fabbisogno di calore e di energia per il movimento dell'aria necessario per la conversione e deumidificazione del nettare / miele posto sopra l’area di covata .Ecco che le nutrici assumo un doppio ruolo nella produzione di calore . Le proprietà isolanti del favo vuoto [69] consentono di ridurre le perdite lontano dalle pareti del nido e questo risulta in linea con il comportamento osservato di depositare il nettare su favi non rivolti verso le pareti esterne ( 68 ) .
La possibilità di mantenere temperature elevate e quindi ridotto valore di umidità relativa nel luogo in cui si sta eseguendo la deumidificazione del nettare risulta un vantaggio per tutto l'anno per gli alveari dotati di arnia a bassa conduttanza termica.
Considerando un teorico valore di TEE di 1,0, si può vedere che per una fioritura di colza nel Nord Europa avente una concentrazione di zuccheri nel nettare del 30% [64], il processo di essiccazione del nettare consuma il 25% dell'energia presente nello stesso nettare consegnato all'ingresso. Allo stesso modo, sul trifoglio con il 20% [72] di zuccheri, si consumerà il 40% dell'energia fornita per la deumidificazione del nettare .
Se si volesse considerare una efficienza energetica di deumidificazione -ovvero un TEE -di 0.4, la situazione risulterebbe ancora più tragicamente accentuata con il consumo di essiccazione che sale al 40% e al 60% rispettivamente per colza e trifoglio. Si può vedere chiaramente che il processo di essiccazione ( deumidificazione ) del nettare che si trasforma in miele richiede il consumo di una percentuale significativa dell'energia raccolta col bottinamento e che il TEE, e di conseguenza la conduttanza termica aggregata del glomere di api , favi e arnia , sono fattori significativi nella raccolta di energia di A.melllifera.

Il TEE ,come visto , è una funzione di:
tasso di maturazione del miele (che, ci si può aspettare che le api massimizzino )
concentrazione del nettare ( che le api cercano di massimizzare da ciò che è disponibile [73,74])
temperatura ambiente ( che è fuori dal controllo delle api)
conduttanza termica complessiva del sistema .
La conduttanza termica complessiva del sistema include il trasferimento di calore dall'aria interna alla parete dell’arnia. Questo trasferimento dipende dal flusso d'aria attraverso le superfici interne ed esterne e quindi dai comportamenti della colonia di api mellifere, e di conseguenza anche il TEE dipende dai comportamenti delle api .
E’ evidente che aumenti di TEE da aumenti della temperatura ambientale o da conduttività complessiva del nido, consentono alle api di deumidificare nettare a miele da una fonte di nettare a maggiore umidità oppure di trarre beneficio dal bottinamento effettuato ad una distanza maggiore. Ad esempio: ad una concentrazione zuccherina del nettare del 30%, un aumento di TEE da 0,4 a 0,6 aumenta il range di break-even ( distanza di potenziale bottinamento utile ) da 1 Km a 5 Km. Allo stesso modo, con bottinamento nel raggio di 1 Km, un aumento di TEE da 0,3 a 0,6 consente una potenziale diminuzione della concentrazione di zucchero nel nettare dal 32% al 20% per essere ugualmente redditizia la produzione di miele. Un alveare che raccoglie il nettare a distanze, concentrazioni e TEE al di fuori della linea di pareggio non aggiungerà nulla alle sue riserve di miele e sarà a rischio di estinzione .
Qualsiasi miglioramento del TEE consente di immagazzinare più energia sotto forma di miele ovvero aumenta la produzione di miele per una data dimensione della famiglia e dell’area di bottinamento. Con ciò non solo si migliora le possibilità di sopravvivenza delle famiglie, ma si possono anche migliorare le entrate per gli apicoltori.
La deumidificazione del miele richiede una percentuale significativa dell'energia arrivata all'alveare sotto forma di nettare, in particolare dove il nettare ha una concentrazione di zuccheri bassa. Oltre il 50% dell'energia presente nel nettare raccolto può essere richiesta nel processo di maturazione del miele e anche in circostanze eccezionalmente favorevoli per climi temperati, non sembra possibile utilizzarne meno del 25%.
La grandezza relativa delle energie coinvolte e il rapporto tra nettare e miele mostrano che l'efficienza energetica termica della disidratazione del nettare dovrebbe essere considerata un fattore chiave nello sviluppo e successo o meno delle api mellifere nei climi temperati dove le fonti di nettare sono ampiamente disperse e producono nettare di concentrazione zuccherina più bassa.
La conduttività termica complessiva di glomere e arnia , che in precedenza si pensava fosse un fattore importante solo per l'inverno, ha mostrato di essere un fattore importante anche durante i periodi di raccolta del nettare .Fattore fortemente dipende dal comportamento delle api. Il consumo energetico di essiccazione del nettare e quindi il relativo parametro di efficienza TEE, limita la distanza massima di bottinamento delle api. Ovviamente il consumo energetico cambia anche il “ ricavo utile “ di energia per qualsivoglia fonte di nettare e di conseguenza quali fonti di nettare risultano profittevoli per l’ape.
L’aver preso coscienza dell'importanza del parametro TEE migliora la nostra comprensione del motivo per cui le api mellifere si spostano nelle cavità degli alberi e fornisce informazioni sul perché hanno sviluppato i loro comportamenti. Se ne ricava una solida base teorica per migliorare la sopravvivenza delle colonie di fronte ai cambiamenti climatici e migliorare la resa di miele per gli apicoltori . Si tratta in sintesi di ridurre i valori della conduttività termica dell’arnia per essere più vicini a quelli trovati nei nidi realizzati dentro gli alberi. 3 3