Dynamic modelling of honey bee (Apis mellifera) colony growth and failure


Ecological Modelling Volume 265, 10 September 2013, Pages 158–169 Stephen Russella, 1, ?, Andrew B. Barronb, ?, ?, David Harrisa, 2, ? a Defence and Systems Institute, University of South Australia, Mawson Lakes Campus, Mawson Lakes, SA 5095, Australia b Department of Biological Sciences, Macquarie University, Sydney, NSW 2109, Australia
Vi è un crescente consenso fra gli scienziati relativamente all’ipotesi che CCD, non sia una singola patologia o agente causale, ma un fenomeno che si manifesta come risultato dell’accumulo di vari tipi di stress da parte dell’alveare (Ratnieks and Carreck, 2010).
La dinamica relativa alla complessiva popolazione di api presente su un territorio è inusuale per diverse ragioni. La popolazione totale è influenzata da due livelli di organizzazione : il numero di alveari che costituisce la popolazione e il numero di api per alveare.
Il destino delle api che condividono l’alveare è altamente interdipendente mentre la prosperità di un alveare è largamente determinata dalle interazioni fra gli alveari presenti sul territorio ( in effetti si tende sempre a dimenticare che l’apicoltore mette gli alveari in competizione fra di loro molto di più di quanto accadrebbe in natura dove gli sciami , allontanandosi dalla famiglia di origine, tendono a disporsi sul territorio con una distribuzione molto più capillare di quella che avviene nelle condizioni di apicoltura “ razionale “ che al contrario produce concentrazioni di alveari anche consistenti NDT ) .
Nell’alveare il numero di uova allevate con successo fino a diventare larve dipende sia dalla quantità di popolazione di api impegnata nei compiti di allevamento che dal numero di bottinatrici che espletano il loro lavoro con profitto provvedendo con ciò alla famiglia nettare e polline (Allen and Jeffree, 1956, Harbo, 1986 and McLellan, 1978). Da ciò si deve concludere che la quantità di covata presente dipende dalla quantità di popolazione adulta presente . La durata di vita e mortalità delle operaie dell’alveare è influenzata anche dalla interazione dinamica tra le operaie dell’alveare stesso.
L’alveare tipicamente opera come una fortezza, pulita, igienica, ben rifornita e ben difesa e di conseguenza la mortalità delle api che lavorano esclusivamente al suo interno è molto bassa (Dukas, 2008, Sakagami, 1968 and Winston, 1987). In contrasto ,le bottinatrici sono esposte ad elevato stress metabolico e danni ossidativi (Williams et al., 2008),oltre a non trascurabili rischi di predazione , tempo atmosferico avverso e accidenti vari. La mortalità delle bottinatrici è perciò molto alta . In una famiglia sana e forte può superare giornalmente il 15% (Dukas, 2008, Visscher and Dukas, 1997 and Woyciechowski and Moron, 2009).
La durata di vita totale di un ape nata in un alveare è perciò influenzata dall’età in cui comincia a lavorare come bottinatrice e questa è determinato da meccanismi sociali interni all’alveare.
L’età a cui un’ape comincia a bottinare è governata da un sistema di mediazione feromonale ( di inibizione sociale ) (Huang and Robinson, 1999 and Leoncini, 2004). Le bottinatrici producono un feromone, etil oleato, che trasferiscono alle api di casa attraverso gli scambi orali di cibo (trofallassi) (Leoncini, 2004).Questo feromone ritarda la “ trasformazione” delle api di casa in bottinatrici . Se vi è sovrabbondanza di bottinatrici , il reclutamento è ritardato dal feromone ,ma nel momento in cui la popolazione di bottinatrici diminuisce, la carenza di feromone consente la trasformazione “ ad una parte delle api di casa (Huang and Robinson, 1996). Il risultato è che in condizioni normali l’alveare mantiene una quantità relativamente stabile di bottinatrici ( determinata geneticamente ndr ) (Huang and Robinson, 1999).
Sulla base di queste caratteristiche biologiche è stato realizzato un modello matematico che mette in relazione la dinamica di allevamento di covata e il flusso di cibo all’alveare (Khoury et al., 2013) che ha mostrato come punto critico il livello di mortalità di bottinatrici . Quando questa soglia di mortalità viene superata ,l’alveare è rapidamente soggetto a spopolamento e morte (Khoury et al., 2011 and Khoury et al., 2013). Si è voluto ora creare una simulazione ancora più realistica di come ci si può aspettare che la popolazione dell’alveare evolva nel tempo attraverso le stagioni e per fare ciò si sono “tradotte “ le equazioni di Khoury et al. (2013) in un modello a flusso dinamico.
Nelle condizioni del Midwest USA ,gli alveari raggiungono un picco di popolazione di 50.000 adulte a metà di luglio (Ghamdi and Hoopingarner, 2004). Il modello presenta in maniera analoga picco di 52.000 adulte alla fine di luglio per un tasso di mortalità m1 = 0.1 . Schmickl and Crailsheim (2004) riportano che l’alveare può raggiungere i 75,000 individui in un anno “buono” con circa il 64% di adulte e il 36% di covata . Il modello raggiunge un picco di 82,500 individui col 63% di adulte.
Le misure della popolazione dell’alveare in periodi diversi dall’estate sono meno frequenti . DeGrandi-Hoffman et al. (1989) trovano popolazione di 10,800 ± 2800 adulte all’ 1 Maggio , mentre Farrar (Farrar, 1934 and Farrar, 1936) trova 26.800 ± 2700 api al 17 Maggio . Il modello , assumendo il tasso di mortalità m1 = 0.15 ( Dukas, 2008, Visscher and Dukas, 1997 and Woyciechowski and Moron, 2009), presenta 16.942 adulte al 1 Maggio e 24.455 adulte al 30 Maggio [ questa serie di dati viene presentata al lettore anche allo scopo di farlo riflettere sullo sforzo che l’alveare compie per portarsi alla dimensione ottimale per la raccolta di miele e come questo sforzo possa essere vanificato da patogeni come il nosema ceranae e altri fattori. Una bottinatrice che opera in primavera deve provvedere all’alveare quanto serve per allevare la sua sostituta più un certo numero di altre api a fin che la popolazione possa arrivare a quadruplicare ndr ].
Seeley and Visscher (1985) trovano , relativamente alla covata opercolata, un aumento da meno di 1000 celle opercolate in gennaio a 30,000 celle opercolate in maggio o giugno. Il modello ,assumendo un tasso di mortalità m1 = 0.15 produce un minimo di 194 celle opercolate in maggio ad un massimo di 16,108 al 7 agosto .
Nel modello ,se il tasso di mortalità delle bottinatrici si avvicina alla soglia critica si ha come conseguenza carenza di risorse all’alveare ( per il rinnovo della popolazione e altro ) e da ciò risulta come sia solo questione di tempo il collasso dell’alveare . Al tasso di mortalità critica di m1 = 0.22 ,l’alveare collassa in 800 giorni alla data del 20 marzo , quando la deposizione di uova dovrebbe decollare , ma la raccolta di alimenti è incapace di sostenerla . Questo è un periodo critico per l’alveare e una comune causa di collasso [ e questo dovrebbe far aprire una profonda meditazione agli operatori del settore ndr]. Se il tasso di mortalità delle bottinatrici viene aumentato ulteriormente l’alveare collassa prima ( nel modello triennale considerato ) . Assumendo m1 = 0.24 ( più alta mortalità delle bottinatrici ) , si ottiene che l’alveare collassa al giorno 440 .
Il modello presenta insufficienza di risorse all’alveare quando il tasso di mortalità delle bottinatrici si avvicina a particolari livelli . In altre parole l’insufficienza di risorse porta l’alveare al collasso .
L’analisi di sensibilità è un’esplorazione di quali fattori del modello hanno maggiore influenza sulla crescita e sviluppo dell’alveare. L’obbiettivo è determinare quali parametri risultano collegabili al collasso.Da ciò si può arrivare a prevedere le situazioni in cui l’alveare è a maggior rischio . Risultano 3 classi di parametri in grado di influenzare la dinamica di crescita ( o di calo ) degli alveari .
Questi sono la mortalita delle api , i fattori che influenzano la transizione dalle funzioni di api di casa a bottinatrice e i fattori che influenzano il bilanciamento delle risorse .
Una forte influenza dei tassi di mortalità sui risultati del modello è prevista già dai precedenti studi (Schmickl and Crailsheim, 2007), e soprattutto Khoury et al. (2011) che identifica la mortalità delle bottinatrici come la maggior causa di collasso dell’alveare . Per converso , la mortalità delle nutrici (m2) non risulta avere particolare peso sul collasso dell’alveare. Questo perchè una perdita di nutrici può essere compensata attraverso la reversione di una certa quantità di bottinatrici che torna ad operare dentro casa .
La velocità alla quale le api di casa divengono bottinatrici ( definito nel modello parametro di inibizione sociale s) ha invece un pesante impatto sui risultati del modello . Riducendo s ( Ovvero nella pratica la resistenza posta dalle bottinatrici al far si che api più giovani si aggreghino alle bottinatrici in essere e facilitando il reclutamento di nuova forza di bottinamento ) si ottiene che l’alveare è più resistente al collasso probabilmente come risultato del fatto che la spinta al bottinamento riesce a provvedere all’alveare le risorse necessarie ( attenzione- questo sistema feromonale è determinato geneticamente , ma all’INRA ( Dussaubat 2013 ) hanno dimostrato che nelle bottinatrici infette da nosema ceranae si viene a manifestare una iper produzione di etil oleato che rallenta il reclutamento di nuove bottinatrici . Per contro, una volta che le api di casa sono infette dal ceranae, tendono ad uscire dall’aveare ( Higes et al., 2008, Tofilski, 2002 and Tofilski, 2009). ( Questa può essere la spiegazione di uno dei modi attraverso i quali il nosema ceranae inginocchia l’alveare ndr ) .
Per converso,aumentando s si produce un aumento della quantità di vita che le api spendono come api di casa riducendo in parallelo la proporzione di alveare che si occupa di bottinamento . Queste “ manipolazioni “ accelerano la morte dell’alveare in conseguenza della compromessa capacità di bottinamento .
Negli alveari reali circa il 30% delle api svolge compiti da bottinatrice (Seeley, 1985) ben che ai tempi della prova non tutte risultassero contemporaneamente attive ( oggi la situazione potrebbe essere non poco cambiata ndr ) . Il modello suggerisce che qualsiasi agente che altera s può avere un enorme impatto sullo sviluppo dell’alveare [ rifletta il lettore sulla produzione di sciami artificiali ndr ].
Anche qualsiasi fattore che riduce la disponibilità di risorse per l’alveare ( riducendo la raccolta o aumentando il consumo ) ha un effetto acuto sulla sua sopravvivenza . Il modello porta a capire come l’alveare sia estremamente sensibile alle variazioni stagionali di risorse in relazione alle sue necessità e suggerisce che le api siano particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici.
Il lavoro qui presentato ha prodotto un “ semplice “ modello matematico che simula le peripezie di un alveare durante il periodo di tre anni . Quel che emerge è che l’alveare soffre tremendamente la ristrettezza di risorse alimentari ( nel modello si considera nettare + miele come paramentro unico ) sia la difficoltà di poter esprimere un bottinamento adatto a conseguirne la raccolta. Ciò suggerisce che gli alveari siano particolarmente sensibili a situazioni di bottinamento compromesse , condizioni atmosferiche sfavorevoli e agenti che riducono l’aspettativa di vita delle api che lo popolano.Secondo gli autori le famiglie piccole sono generalmente meno abili a controllare i patogeni , a termoregolare in maniera accurata (Jones et al., 2005 and Schmickl and Crailsheim, 2004) e a procurarsi le risorse necessarie disponendo di un numero ridotto di api . Saranno perciò ancora più sensibili delle famiglie grandi ai fattori che possono mettere in crisi gli alveari .


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