Le api rischiano l'estinzione
ROMA -Le api rischiano l'estinzione. Il loro ronzio potrebbero essere presto un ricordo del passato. Così come la cera e il miele. Si stanno infatti riducendo a ritmi vertiginosi il numero di questi insetti preziosi per l'uomo e per la natura. A lanciare l'allarme è il World Watch Institute, che mette sotto accusa pesticidi e insetticidi di grandi multinazionali. Le api hanno dimostrato di sapersi adattare e resistere allo smog delle grandi città, all'inquinamento di questi decenni, all'invasività della meccanizzazione delle campagne, ma ora, ed è questa la tragica circostanza finora sottovalutata, stanno per soccombere di fronte al letale binomio insetticidi/effetto serra.
Scomparso un terzo degli alveari
I numeri delineano già un quadro drammatico: un terzo degli alveari di ape domestica è scomparso, stessa sorte per le selvatiche che soccombono nella competizione con altre specie. Eppure non tutti si rendono conto del loro valore economico, essendo responsabili dell'impollinazione delle piante per un valore di circa 10 miliardi di euro l'anno.
Sterminio iniziato negli anni '60
La storia della decimazione delle api è lunga e parte già dalla fine degli anni sessanta in Francia dove, la loro scomparsa fu causata dall'uso di una molecola di un insetticida che, applicato direttamente ai semi di mais e girasoli, veniva poi assorbito dall'intera pianta nel corso della crescita. Gli insetti che impollinavano le piante trattate, lo raccoglievano insieme al polline, lo riportavano all'alveare avvelenando così l'intero sciame. È stata infatti provata l'alta vulnerabilità delle api alla molecola in questione, anche in dosi più basse, inferiori a tre particelle per miliardo. Il prodotto fu proibito nel 1999, ma sostituito da uno simile, questa volta di un'altra multinazionale altrettanto letale. A distanza di 5 anni ne è stato vietato la vendita, ma autorizzandone l'applicazione fino ad esaurimento scorte.
La situazione in Italia
In Italia milioni di api sono state trovate morte ai piedi degli alveari dal Piemonte alla Calabria. Sette su dieci, secondo i dati forniti dai produttori, non hanno concluso il loro ciclo vitale nell'ultimo anno e questo ha significato un calo rilevante della produzione di cera e di miele. Tra le cause sia la siccità estiva del 2003 sia le piogge incessanti della primavera successiva. Secondo gli allevatori la strada è ora a senso unico: dare la possibilità a queste piccole lavoratrici dell'ambiente di non succhiare veleno con lo stesso polline, di aiutare l'Italia con i suoi 50 mila apicoltori, 1 milione e 100 mila alveari, una produzione di oltre 10 mila tonnellate e un consumo di circa 20 mila tonnellate di miele l'anno.
15 aprile 2005