Monti Poesie e poemi Le api panacridi in Alvisopoli Quest'auro miele etereo, su 'l timo e le viole dell'aprica Alvisopoli còlto al levar del sole, noi caste Api Panacridi rechiamo al porporino tuo labbro, augusto pargolo, erede di Quirino; noi del tonante Egioco famose un dì nutrici, quando vagìa fra i cembali su le dittèe pendici. Mercé di questo ei vivere vita immortal ne diede, e ovunque i fior più ridono portar la cerea sede. Volammo in Pilo; e a Nestore fluir di miele i rivi, ond'ei parlando l'anime molcea de' regi achivi. Ne vide Ilisso; e il nèttare quivi per noi stillato fuse de' Numi il liquido sermon sul labbro a Plato. N'ebbe l'Ismeno; e Pindaro suonar di Dirce i versi fe' per la polve olimpica del nostro dolce aspersi. E nostro è pur l'ambrosio odor, che spira il canto del caro all'Api e a Cesare cigno gentil di Manto. Inviolate e libere di lido errando in lido, del bel Lemène al margine alfin ponemmo il nido. E di novello popolo al buon desìo pietose, de' più bei fiori il calice | Monti Poesie e poemi Bardo, can.5--da- La spedizione d'Egitto Vita di tutto Ei tutto osserva, e saggio dispon dell'opra il mezzo e la maniera. Tale il re delle pecchie, allor che il raggio del monton sveglia l'alma primavera, a riparar del rio verno l'omaggio desta al lavor del miele e della cera l'industri ancelle, e, osservator severo, le fatiche ne scorre e il magistero. Altre intendono ai favi, altre la manna van de' fiori a predar cupide e snelle. Qual le compagne a scaricar s'affanna, qual del dolce licore empie le celle. Queste, tratti i pungigli, la tiranna torma de' fuchi caccian lungi; e quelle castigano le pigre. Un odor n'esce che ti ristaura, e il lavorìo più cresce. Con infinita provvidenza il senno de' suoi sofi comparte il sommo Duce. Altri l'ombra del punto fissar denno, che rompe all'arco meridian la luce. Altri i portenti investigar, che fenno chiaro l'Egitto, ovunque ne traluce l'orma ancor maestosa, alla cui vista il pensiero stupisce, e il cor s'attrista. Quei dell'alcali indaga e de' metalli i segreti covili, arcano obbietto di maraviglia; per deserte valli questi raccoglie il peregrino insetto. |
Lorenzo de' Medici Le api Quando raggio di sole Per piccola fissura Dell'api entrando nella casa oscura, Al dolce tepor le riscalda e desta Escono accese di novella cura Per la vaga foresta, Predando disiose or questa or quella Specie di fior di che la terra è adorna. Qual esce fuor, qual torna Carca di bella et odorata preda; Qual sollecita e strigne, Se avvien che alcuna oziosa all'opra veda; Altri il vil fuco spigne, Che invan l'altrui fatica goder vuole. Così di vari fior, di fronde e d'erba Saggia e parca fa il miel, qual di poi serba Quando il mondo non ha rose e viole. inviata da Giovanni Rizzoli |
Giovanni Pascoli |