I report di Gianni Savorelli alla lista
aol-mondoapi marzo 2001Data: Sun, 4 Mar 2001
La varroa come vettore di infezioni batteriche
Glisnki, Jarosz Apidologie 23/2/92
Uno dei fattori che limitano la diffusione delle malattie degli insetti causate da batteri è la loro bassa capacità di disperdersi nell'ambiente. Le api diventano invece estremamente sensibili ad agenti virali, batteri e funghi allorchè un parassita esterno si presenta negli alveari.
L'azione della varroa diviene dunque importante anche per la diffusione delle malattie tradizionali. E' stato dimostrato che la varroa è in grado di trasmettere batteri al suo ospite, evidenziando che l'agente patogeno resta attaccato alla varroa che funge così da vettore.
I test microbiologici hanno dimostrato la moltiplicazione dei batteri dentro l'acaro, che ne aumenta la potenzialità come vettore.
Data: Mon, 5 Mar 2001
Rotenone e rischio di Parkinson
Anna Della Volpe, tratto da Quark N° 2 -2001
Il Rotenone, un composto ,che sta alla base di centinaia di prodotti in uso in agricoltura ( dalle polveri antiparassitarie ai pesticidi ) provoca nei ratti una sindrome simile al morbo di parkinson , malattia caratterizzata da tremore, lentezza nei movimenti e perdita di equilibrio, che colpisce l'uomo. L'esposizione ai pesticidi e ad altre sostanze che contengono rotenone potrebbe dunque aumentare anche nell'uomo il rischio di aumentare il Parkinson.
Gli scienziati dell'Emory Univerisity di Atlanta ( Georgia ) guidati da Timothy Greenamyre hanno studiato gli effetti del Rotenone perchè ha struttura e meccanismi d'azione molto simili ad un composto, chiamato Mptp, che causa una patologia analoga al Parkinson nei giovani eroinomani. Nell'organismo umano il Mptp si trasforma e penetra nei neuroni che hanno sulla superficie il recettore per il neurotrasmettitore dopamina. Una volta all'interno, genera radicali liberi che uccidono la cellula. Il rotenone agisce in modo analogo al Mptp, ma riesce a penetrare ogni tipo di neurone. E qualcosa di simile accade nel morbo di Parkinson, originato dalla perdita dei neuroni che rispondono alla dopamina nella zona cerebrale chiamata substanzia nigra.
Una quindicina di studi epidemiologici, ricordano i ricercatori, pur restando cauti, ha già trovato connessioni tra incidenza della malattia e fattori di rischio ambientale, come lavorare nel settore agricolo, chimico o farmaceutico.
Data: Mon, 5 Mar 2001
Sulla tossicità dell'acido ossalico
Autore - Dr Ralph Buchler da Adiz 11/98 sintesi
Diverse ricerche sono state ormai realizzate in diversi paesi sull'utilizzo dell'acido ossalico in soluzione gocciolato nell'alveare.
In Svizzera una prova realizzata su 95 alveari ha mostrato un'efficacia del 98,5 %( in assenza di covata)con l'utilizzo di una soluzione con 10 g di ossalico diidrato, 100 grammi di zucchero e 100 di Acqua.
(Charriere , Imdorf, Fluri )
Ricerche condotte dal Dr Liebig all'Università di Stoccarda hanno mostrato la buona efficacia del metodo, ma anche effetti negativi sulle api. La mortalità di api non si manifesta necessariamente immediatamente dopo il trattamento, ma può avvenire nelle settimane successive. Ciò provoca un evidente indebolimento degli alveari nella delicata fase di invernamento.
Verifiche diverse sono state svolte all'Università di Kirchhain nell'inverno 97/98.
Per questa prova sono stati realizzati 20 pacchi d'api allo scopo di standardizzare la forza delle famiglie al 30 giugno. I pacchi sono stati trattati con le soluzioni da studiare( 40 ml per 2 kg di api ) e mantenuti per alcuni giorni a 12°C in ambiente buio. Ai pacchi è stata fornita soluzione zuccherina per nutrizione al 72% in quantità nota.
Sono state testate soluzioni di acido ossalico con i tradizionali 100 grammi di acqua e zucchero e acido ossalico nelle quantità di grammi :
0 ( controllo ) ; 7;14;20.
La mortalità di api successiva al trattamento si è mostrata funzione della quantità di acido presente nella soluzione.
La popolazione dei pacchi al momento del trattamento era di circa 23.000 api. Sono state verificate le seguenti mortalità:
controllo -1217 ( 5,3%)
soluzione con 7 g -3920 ( 16,8%)
soluzione con 14 g -8131 ( 35,2%)
soluzione con 14 g-10488 ( 46,1%)
Anche la mortalità di varroa è risultata proporzionale alla quantità di acido presente coi seguenti valori
controllo 10%
soluzione con 7 g-63,1%
soluzione con 14 g-81,1%
soluzione con 20g-100,0%
La soluzione con acido ossalico diminuisce inoltre l'appetenza delle api per la nutrizione proposta.
I pacchi che hanno ricevuto la soluzione con ossalico non hanno in pratica toccato la nutrizione.
Il consumo di sciroppo di zucchero al 72% disponibile per la nutrizione dei pacchi è risultato consumato nelle seguenti quantità:
controllo 1850 ml
con 7g 1500 ml
con 14 g 1080 ml
con 20 g 690 ml
Successivamente inarniati i pacchi presentavano dopo 21 giorni le seguenti popolazioni :
controllo 7754 api con 15.448 celle di covata ( su 10 favi )
trattamento soluzione con 7g -6860 api con 14434 celle ( su 9 favi )
trattamento con soluzione con 14 g-3694 api con 8480 celle di covata ( su 5,9 favi )
trattamento con soluzione con 20 g -2550 api con 7275 celle di covata ( su 4,8 favi )
Data: Wed, 7 Mar 2001
Recrudescenza delle malattie delle api
J.P. Foucon La Santé de l'Abeille n°139
La recrudescenza delle patologie batteriche ( peste americana ed europea ) e di quelle virali ( covata a sacco ) un fatto che tutti gli apicoltori hanno potuto notare in questi ultimi tempi.
I recenti progressi dialcune ricerche consentono ora di comprender meglio questo fenomeno .L'impiego di prodotti per il trattamento della varroa induce un abbassamento dell'attività del sistema immunitario dell'ape. La fagocitosi, possibilità che hanno certe cellule dell'emolinfa di distruggere i microbi e assorbirli, risulta ridotta. L'attività del Lisozima, proteina dell'emolinfa che agisce contro i microbi presenti nell'organismo è ridotta. Nel corso dell'attività di bottinamento il contatto dell'ape con diversi prodotti tossici può essere sospettato di causare effetti dello stesso tipo.
Nel corso dell'anno, la varroa è presente all'interno dell'alveare ad un livello variabile.
Questa presenza è responsabile della proliferazione del virus APV, che riduce la durata della vita dell'ape. La vita sociale della colonia è perciò perturbata. La cura della covata, così come il comportamento igienico risultano ridotti.
L'ape avrebbe la possibilità di lottare contro le malattie. Per fare ciò mette in gioco il suo sistema immunitario. Certe cellule dell'emolinfa hanno la possibilità di assorbire i corpi estranei. Questo tipo di comportamento si chiama risposta cellulare..
Gli emociti ( cellule del sangue dell'insetto ) hanno la capacità di produrre una sorta di tessuto intorno al corpo estraneo. Una volta "imbalsamato" il corpo estraneo viene eliminato dai plasmociti e dagli emociti attraverso la fagocitosi.
Alcune cellule liberano sostanze battericide. Questa è la risposta umorale.
L'ape elimina gli individui malati ( api , larve, ninfe) limitando così la propagazione degli agenti patogeni. Al momento questo comportamento è debole. In altre parole il comportamento di pulizia può essere più o meno forte a seconda della disorganizzazione dei differenti gruppi di api.
I prodotti tossici che per vari motivi entrano nell'alveare, la presenza della varroa e del virus APV sono fattori che favoriscono lo sviluppo delle altre malattie. Questa condizione è difficilmente migliorabile dal momento che non è possibile sopprimere l'inquinamento, la varroa e i trattamenti che di conseguenza sono necessari. Questi trattamenti possono però essere limitati allo stretto necessario sia come dosaggi che come durata
Data: Thu, 8 Mar 2001
Influenza della temperatura della covata e delle variazioni di umidità sullo sviluppo della varroa
Y. Le Conte; G. Arnold; PH.Desanfant
Le api effettuano la termoregolazione del nido, mantenendo la temperatura della covata tra 33 e 36 °C. La temperatura esatta dipende dalle condizioni esterne oltre che dalla specie e dalla razza delle api.
All'occorrenza le api possono produrre calore mediante processi metabolici e possono raffreddare il nido importando acqua e facendola evaporare.
L'ape cerana, ospite originario della varroa, mantiene invece la temperatura del nido tra 37,5 e 38,5 °C. nella stagione calda e tra 21 e 27,5°C in quella fredda.
Picchi di temperatura sopra i 42 °C avvengono frequentemente nei nidi di ape africana, anch'essa nota per la sua resistenza all'acaro. Queste differenze di temperatura ( termoregolazione ) fra api europee e cerana e africana sono alla base delle differenze di resistenza all'acaro, non essendo però il solo fattore.
Si è provveduto a studiare mortalità , fertilità ( quantità di acari che si riproducono ) e fecondità ( quantità di discendenza per fondatrice ) della varroa in diverse condizioni di temperatura e umidità del nido. La dinamica di sviluppo della popolazione di varroa è chiaramente influenzata dalla temperatura e dall'umidità del nido. Un'umidità relativa del 40% è molto meno favorevole per lo sviluppo dell'acaro di un'umidità del 70% ( l'umidità del nido varia normalmente tra il 40 e l'80%). La temperatura a cui corrisponde la miglior capacità riproduttiva dell'acaro è compresa tra 32,5 e 33,4°C ( che è tra l'altro la temperatura dei fuchi, cioè della periferia dei favi ).
Non c'è riproduzione di varroa con temperature della covata sopra 37 e sotto 28°C.
Data: Sat, 10 Mar 2001
Acido ossalico - le esperienze svizzere
Centro di ricerche apistiche Liebefeld Berna
Dosato e applicato correttamente, l'acido ossalico non lascia residui nei prodotti dell'alveare.
L'efficacia , con utilizzo in assenza di covata , può raggiungere il 98%. Anche la deviazione standard, cioè la variazione di efficacia tra gli alveari trattati, risulta molto contenuta.
Il grado di efficacia in presenza di covata viene valutato teoricamente, non essendoci studi concreti, nel 30/40%.a trattamento.
Dopo il trattamento la caduta si può protrarre per circa 10 giorni ( ma ciò non significa che il trattamento è efficace per 10 giorni. Piuttosto che alcuni acari impiegano fino a 10 giorni per cadere ). L'esatta modalità d'azione non è nota.
Le esperienze effettuate in Germania da Radetzki ( nelle condizioni tedesche ) hanno dimostrato che in tale paese è spesso possibile contenere lo sviluppo della varroa utilizzando unicamente ossalico con un trattamento in agosto e uno in novembre a temperatura superiore a 5°C in caso di assenza di reinfestazione.
Come modalità di applicazione viene raccomandato per l'utilizzo mediante nebulizzazione di soluzione con 30 g di ossalico diidrato per litro d'acqua ( soluzione al 2,91% ), che equivale a 18 grammi di ossalico anidro. Vengono raccomandati 3/4 ml di soluzione per ogni singolo favo.
L'acido ossalico è contenuto in quantitativi piuttosto importanti in diverse derrate alimentari. Nel miele è presente in tracce. E' insolubile nella cera e questo è di importanza fondamentale.. Una parte della quantità utilizzata può essere rinvenuta sotto forma di piccoli cristalli depositati sul fondo qualche giorno dopo il trattamento.
Bisogna tenere conto dell'enorme varietà merceologica di ossalico reperibile sul mercato, spesso destinato ad utilizzi che non ne richiedono una sostanziale purezza e che di fatto non raggiunge il titolo . E' possibile che un prodotto poco puro risulti anche poco adatto ad essere utilizzato come acaricida o che al contrario possa risultare tossico per le api.
Sembrerebbe perciò ragionevole spendere qualcosa in più per avere una sostanza con maggiore efficacia acaricida e minore tossicità per le api.
Data: Mon, 12 Mar 2001
La consanguineità delle api
Ed Southwick ABJ aprile 92
Molti apicoltori introducono regine giovani all'inizio della primavera o a fine estate. E' comunque importante analizzare l'origine delle regine. Molti se le producono in proprio.
In questo modo è probabile che le ottengano con un alto grado di consanguineità con le loro stesse colonie. Esattamente come negli altri esseri viventi l'imparentamento genera deficienze genetiche. Nel caso delle api l'imparentamento ( o consanguineità ) si manifesta in numerosi modi tra cui alterazioni dell'efficienza e del comportamento. Si presentano diminuzioni delle capacità di sopravvivenza all'inverno, scarsa capacità di raccolto, basso sviluppo di popolazione e alta predisposizione alle malattie.
L'importanza della consanguineità nelle api è stata recentemente studiata da Bienefeld che ha messo a punto un metodo per valutare il grado di imparentamento e le eventuali relative perdite economiche.
Nei test condotti in Germania sono stati valutati i raccolti, la produzione di cera e la tendenza alla sciamatura. Ogni caratteristica è stata valutata con una scala da 1 a 4.
Quasi 6.000 colonie sono state valutate. I risultati hanno mostrato una sostanziale riduzione delle produzioni di cera e miele.
L'imparentamento non sembra pregiudicare lo sviluppo primaverile della popolazione.
Le colonie consanguinee mostrano un alto livello di sciamatura.
E' stato notato che nelle colonie con alto grado di consanguineità vi è una diminuzione della secrezione feromonale.
Data: Thu, 15 Mar 2001
Invecchiamento dei mieli
Tutti i problemi d'invecchiamento del miele si accompagnano inesorabilmente alla formazione di HMF. L'invecchiamento è la degradazione del prodotto fino ad arrivare al deperimento. Dunque più HMF è presente in un miele più si è perduto della sua originalità. Tutti i mieli contengono tracce di HMF allo stato nativo, ma non è inevitabile che in seguito se ne formi una quantità importante. Il miele si conserva bene e lungamente se si prendono le precauzioni necessarie per assicurarne la stabilità.
La formazione di HMF è funzione di molti fattori che vanno ad interferire accelerando a ritardando la degradazione. Le condizioni ideali per mantenere un miele in ottime condizioni di freschezza sono quelle di un locale in cui la temperatura non supera i 20°C.La camera fredda( 5/10°C ) permette una conservazione perfetta, ma senza dubbio troppo onerosa. Non è indispensabile per degli stoccaggi di qualche mese salvo che il miele non sia troppo ricco di acqua. Anche ne circuito commerciale le temperature di conservazione dovrebbero essere idonee.
Tra i parametri che influenzano la formazione di HMF si può citare:
il tenore in acqua del miele
l'acidità ( formazione accelerata per miele di PH inferiore a 4 in funzione dei ritmi giornalieri di temperatura)
Le variazioni di temperatura hanno poco effetto si una massa compatta di 300 kg, in cui la temperatura sarà circa costante ( tant'è che per variarne la temperatura servirà un significativo periodo di calore ) ma è significativo per le piccole confezioni.
L'aumento di temperatura attiva la reazione chimica spontanea in ambiente acido. Se poi la temperatura del locale scenderà sotto i 10°C.si osserveranno sulle pareti dei vasi le caratteristiche marezzature bianche legate al fenomeno di contrazione di masse di miele.
La formazione di HMF è notevolmente accresciuta per temperature di stoccaggio superiori a 25°C. Fino a 20°C resta invece molto lenta e indipendente dalla massa condizionata.
La formazione di HMF è egualmente accresciuta per mieli a cristallizzazione grossolana o irregolare.
La dimensione del contenitore è rilevante ai fini della conservazione. La penetrazione e la perdita di calore nelle masse piccole sono molto più rapide che in quelle grandi.
Gli scioglimenti parziali o totali e il ritorno in stato semifluido favoriscono la degradazione.
La degradazione rimane accelerata anche quando sia tolta una fonte di calore troppo alta o mantenuta troppo a lungo
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Savorelli Gianni prodotti per apicoltura Ravenna
Data: Sun, 18 Mar 2001
Conservazione di regine : le esperienze canadesi
Può a volte succedere di dover introdurre nuove regine senza peraltro poterlo fare. D'altra parte far permanere le regine troppo a lungo nella gabbietta può provocare stress che pur non risultando fatali possono limitare le successive capacità di deposizione.
Bisogna tenere presente che le regine sono suscettibili di disidratazione ed hanno bisogno regolarmente di acqua.
Se si ha l'esigenza di conservare le regine per qualche mese, la cosa migliore è inserirle in una famiglia ( orfana o con regina ) . Questa è in grado di produrre le condizioni ottimali di conservazione anche di un numero consistente di regine e di nutrirle attraverso i fori della gabbietta . Può essere u gran vantaggio se nella famiglia vi è un buon numero di api giovani. E' opportuno che nelle gabbiette non vi siano accompagnatrici. Ciò riduce le probabilità di aggressione ed incoraggia le api esterne a nutrire attraverso la gabbietta
Data: Tue, 20 Mar 2001
recrudescenza di peste americana
Jean Paul Foucon - Centro di ricerche apistiche di Sophia Antipolis Nizza dal congresso dell'apicoltura francese 1995
sintesi
Possono esservi due tipi di ragioni che spigano il fenomeno :
ragioni semplici - storicamente lo sviluppo della peste americana è sempre stato caratterizzato da alti e bassi. Diagnosi tardive possono portare a contaminazione dell'intero apiario. Le energie vengono mobilitate quasi interamente per la varroa e perciò si tralascia la profilassi delle malattie della covata ( rinnovo del materiale, sterilizzazione etc
ragioni complesse-varroa; inquinamento agricolo e industriale, ma anche legato ai trattamenti necessari per il contenimento dell'acaro provocano certo effetti non trascurabili sulle api. Se da una parte i trattamenti abbassano la soglia di infestazione e consentono , nel bene e nel male, una conduzione apistica quasi normale, il numero degli acari rimanenti all'interno dell'alveare varia notevolmente da stagione a stagione, dai poco più di 10 di inizio gennaio con trattamenti ben efficaci alle 5.000 varroe di inizio agosto nei peggiori dei casi.
Tra le azioni patogene del parassita la principale è la vettorazione e inoculazione nel corpo dell'ape del virus della paralisi acuta ' APV ) che a soglie elevate è sicuramente in grado di portare a morte la colonia. A soglie più modeste si constata una diminuzione della durata della vita delle api e un abbassamento del comportamento igienico.
L'azione di pulizia dell'alveare è dunque meno marcata e ciò favorisce lo sviluppo di numerose patologie
Azione dei prodotti chimici- E' fuor di dubbio che le api vengano a contatto con prodotti chimici, siano essi di origine agricola, apistica ( trattamento della varroa ) o industriali.
Essi agiscono sul sistema di difesa dell'insetto che presenta una diminuzione delle capacità dei fagociti, cellule dell'emolinfa che hanno il compito di eliminare i microrganismi estranei che riescono per vari motivi a penetrare nell'organismo. E' stato possibile verificare che questi non risultano più perfettamente funzionanti. Parallelamente, l'attività del lisozima, proteina a capacità battericida, è anch'essa diminuita.
Data: Wed, 21 Mar 2001
Comunicazione acustica delle api
Kirchner W.H. Wurzburg Universitat da Apidologie 24 93
Praticamente tutta la vita sociale delle api avviene nel buio dell'arnia. La vista, che è di fondamentale importanza all'esterno, non gioca nell'arnia nessun ruolo per l'interazione delle api. Qui sono i feromoni ad essere essenziali per le comunicazioni. Vibrazioni e suoni hanno la loro parte di importanza. Le api sono in grado di percepire le vibrazioni tramite l'organo subgenuale situato sotto la tibia. Sono esse stesse in grado di produrre vibrazioni coi muscoli delle ali.
Queste vibrazioni fanno parte della danza usata per la comunicazione delle fonti nettarifere. Oltre alle vibrazioni, che hanno il favo come cassa di risonanza, sono emessi anche segnali acustici più intensi, trasmessi dall'aria. In essi sono contenute le informazioni relative alla direzione e alla distanza, oltre alla profittabilità delle fonti nettarifere..
Esperienze effettuate con api con ali più corte, che emettevano suoni di frequenza più elevata, hanno confermato l'importanza dei suoni nella comunicazione. Allo stesso modo un'ape danzante artificiale non ha dato esiti quando la danza era privata della parte sonora.. Le api sono in grado di percepire i suoni trasmessi attraverso l'aria per mezzo dell'organo di Johnstone , situato sulle antenne.
La capacità uditiva dell'ape è ristretta a frequenze dell'ordine di 500 Hz. La sensibilità tuttavia è sufficiente a percepire i segnali sonori delle danzatrici.
Data: Thu, 22 Mar 2001
Sostituzione di regine e allevamento di celle reali per sciamatura sono fortemente dipendenti dalla presenza di covata disopercolata
Ben poco si sapeva fino a ieri di quali fossero gli elementi che possono condurre le api a operare una spontanea sostituzione della regina e allo stesso modo di come avviene nel dettaglio la preparazione della sciamatura.
Le ricerche sui feromoni dell'alveare, che le api usano come mezzo di comunicazione, stanno aprendo in rapida successione le porte alla comprensione di questi straordinari comportamenti dell'alveare.
L'articolo " Queen rearing suppression in the honey bee -evidence for a fecundity signal" di Pettis, Higo, Pankiw, Winston ( Insectes Sociaux 44 -97 ;311-322 ) pubblicato come conseguenza di una pluriennale sperimentazione getta chiare basi per la comprensione di questi fenomeni.
Le api allevano regine per tre ragioni
-in preparazione della sciamatura ( riproduzione della famiglia )
- per sostituire una regina non in grandi condizioni
- per rimpiazzare una regina che per varie ragioni è venuta a mancare ( allevamento d'emergenza )
Le ricerche hanno prodotto evidenze di come la sciamatura abbia inizio per un declino della presenza del feromone mandibolare della regina nella famiglia sovrappopolata o da sbilanciamenti del rapporto nutrici/covata. L'allevamento d'emergenza è provocato dalla mancanza di feromone mandibolare della regina che avviene quando la regina muore o è rimossa dall'alveare.
I motivi che portano alla sostituzione spontanea della regina erano invece poco capiti fino a ieri.
I tempi e la quantità di celle prodotte variano a seconda del contesto, ma quali sono i fattori che influenzano il contesto?
I ricercatori hanno prima di tutto voluto verificare , relativamente all'allevamento d'emergenza il ruolo del feromone mandibolare e della covata disopercolata.
Sapendo che l'aggiunta di feromone mandibolare riduce abbastanza la produzione di celle , hanno provato a verificare l'effetto di una aggiunta continua di covata disopercolata alle famiglie orfane.
Ne è risultato che questi alveari hanno prodotto un numero significativamente minore di celle rispetto a quelli con solo feromone mandibolare , che già hanno costruito meno celle rispetto agli alveari di controllo orfani. E' stato possibile dimostrare che le api costruiscono meno celle d'emergenza quanta più covata disopercolata è presente in condizione di orfanità, ma in presenza di feromone mandibolare.
Questa relazione non è invece valida in condizioni di orfanità completa.
Sulla base di questa verifica hanno poi provveduto a manipolare la quantità di uova e giovane covata disopercolata per verificare se la sostituzione della regina o la sciamatura possono iniziare da un declino della quantità di covata giovane, pur in presenza di regina. Un numero di celle significativamente più basso è stato ritrovato nelle colonie con covata più giovane. Le famiglie con covata più vecchia hanno prodotto molte più celle nelle 24 ore dell'esperimento.
Hanno allora voluto verificare gli effetti di rimozione di covata da alveari prossimi alla sciamatura.
Togliere uova e covata giovane da queste famiglie ha dato come risultato un significativo aumento di quelle che hanno iniziato a costruire celle di sciamatura.
In sei delle nove famiglie da cui sono state tolte uova e covata giovane si è osservato l'inizio della costruzione di 14 celle di sciamatura , mentre solo 3 celle sono state iniziate in una delle nove famiglie di controllo dalle quali non è stata tolta covata di nessun genere.
Questo aspetto è molto importante perché praticamente tutti usano " alleggerire " le famiglie per contenere la sciamatura. Il fatto che molto chiaramente emerge è che se da una famiglia vicina alla sciamatura si toglie covata disopercolata anzichè opercolata si ottiene esattamente l'effetto contrario a quello voluto. Anziché inibire la sciamatura la si fa iniziare.
Il risultato scientifico di questo studio è che l'allevamento di celle reali è inibito quando è presene sia feromone mandibolare che covata giovane . Favi di covata giovane riescono da soli a bloccare la produzione di celle per 24 ore anche in assenza di feromone mandibolare. Questo è certamente sorprendente dal momento che le giovani larve costituiscono il substrato di partenza della costruzione di celle. Le famiglie sembrano percepire la presenza di covata giovane come un segnale di fecondità che dice che la regina è ben attiva. In più, le famiglie allevano nuove regine quando riduciamo artificialmente questo segnale di fecondità in presenza della regina. Ciò significa che l'allevamento di celle per sciamatura e verosimilmente per sostituzione può essere regolato dal livello di produzione di covata.
Data: Mon, 26 Mar 2001
L'influenza della temperatura delle pupe sul colore e sul tempo di sviluppo delle api regine
Spivac & al. da American Bee Research Conference
Le regine vengono allevate a partire da linee parentali gialle o nere. Nello studio in questione le regine gialle o nere sono state inseminate con seme di fuchi interamente neri di una terza colonia non imparentata. Le pupe sono state poste in incubatrice a temperature di 35,5°C; 33,5 ( temperatura del nido ) e 30,5°C.
I risultati indicano che aumenti della temperatura durante lo sviluppo diminuiscono significativamente il tempo di sviluppo e aumentano la gamma dei colori.
La serie dei tempi di sviluppo per entrambe le linee va dai 14,5 giorni a 35,5°C ai 20 giorni a 30,5°C.Sopra 36 e sotto 30°C la regina non nasce. A parità di temperatura la linea nera presenta tempi di sviluppo leggermente più brevi.
Data: Thu, 29 Mar 2001
Sviluppo post invernale di colonie di api con regine di uno o due anni
Szabo Lefkovith da American Bee research conference
Lo sviluppo della popolazione e dell'area di covata di 23 alveari è stato monitorato da aprile ad agosto. Al 6 maggio colonie con regine di 2 anni avevano un numero significativamente più alto di telai di covata femminile ed una più larga area di fuchi rispetto alle colonie con regine di 1 anno. Più avanti nella stagione nessuna differenza nell'area di covata, popolazione e quantità di raccolto sono state evidenziate.
La media della vita produttiva delle operaie va da 25,4 a 27,7 giorni. Le medie di produzione di 2023-2011 g di miele per 1.000 api.
Data: Fri, 30 Mar 2001
Le caratteristiche igieniche delle api in relazione alla resistenza alla malattie
Spivak; Gilliam da JAR n4 vol 32
Lo studio della capacità di pulizia del nido, ovvero del comportamento igienico degli animali è ormai un classico per il mondo della scienza. Per le api questo comportamento è considerato l'elemento primario di resistenza a malattie come la peste americana e la covata calcificata. Il comportamento igienico delle api è controllato da due geni indipendenti ed entrambi recessivi, uno relativo alla capacità di disopercolazione delle larve, l'altro relativo alla capacità di pulizia nel senso della rimozione della covata morta. Lo stesso comportamento determina una parziale resistenza alla varroa.
Relativamente alla peste americana la resistenza è conferita dal fatto che le api tolgono dalle cellette le larve morte prima che il batterio abbia iniziato la fase di produzione delle spore. E' poi presente un meccanismo secondario di difesa che consiste nella capacità delle api adulte di filtrare attraverso il proventricolo dello stomaco il cibo larvale arricchendolo di batteri inibitori. Questo tipo di meccanismo è negli ultimi anni risultato alterato dal massiccio uso di acaricidi necessario a contenere la varroa e dalla varroa stessa.
Relativamente alla covata calcificata la resistenza è conferita oltre che dalla capacità igienica, dalla capacità delle api di aggiungere al cibo larvale alcune sostanze antimicotiche naturali, antagoniste dell'ascosfera, che consistono in particolari microrganismi inseriti nell'elaborazione del polline per la formazione del "pane d'api "..
Si è voluto studiare se l'aggiunta di api con elevate caratteristiche igieniche possa o meno migliorare la resistenza alla covata calcificata. Studi preliminari avevano dimostrato che famiglie composte al 50% da api igieniche possiedono una buona resistenza alla malattia, ma solo finchè le api igieniche sono giovani e " addette alle pulizie"..
Sono perciò stati eseguiti quattro tipi di esperimenti per verificare se l'istinto igienico viene alterato dalla dimensione della famiglia ( popolazioni forti sono in genere meno soggette a stress rispetto a popolazioni meno numerose); vi sono differenze significative nella capacità di rimozione di pezzi di favo di covata uccisa per congelamento; vi sono variazioni della capacità igienica di una famiglia aggiungendo ad essa api igieniche; è possibile quantificare la differenza di resistenza alla covata calcificata in funzione del comportamento igienico.
Come risultato si è avuto che le otto colonie igieniche di grandi dimensioni hanno rimosso il 94,7% della covata refrigerata in 48 ore. Le stesse api inarniate in popolazioni di dimensioni più minori hanno mostrato una riduzione a solo il 75% della capacità di rimuovere larve uccise artificialmente col freddo.
Per le famiglie con bassa capacità igienica la rimozione non ha invece fatto osservare differenze significative in base alla taglia delle famiglie. L'aggiunta di un 20/30% di api igieniche non migliora sensibilmente la capacità di rimozione di covata morta.
La ricerca ha così dimostrato che:
l'espressione della caratteristica igienica è funzione della dimensione della colonia
il comportamento igienico non basta da solo a conferire una completa resistenza alle patologie
un tipo di resistenza fisiologica può derivare dalle caratteristiche genetiche della covata e dalla capacità delle nutrici di aggiungere all'alimentazione elementi antagonisti neutralizzanti dei patogeni
Va ricordato che, essendo una famiglia di api derivante da diverse paternità sarà nella pratica un insieme di sottofamiglie con diverse caratteristiche genetiche e fisiologiche di resistenza ai patogeni. Potrà dunque esserci per ogni famiglia di api una particolare sottofamiglia particolarmente vulnerabile ad una determinata patologia che è quindi quella che la contrae per prima.