La direttiva 2004/28/CE sul medicinale veterinario rischia di rendere
difficili i trattamenti della varroa
La comunità Europea ha emanato nel marzo scorso(2004) una direttiva sul farmaco
veterinario avente , fra gli altri , lo scopo di una maggiore tutela dei
consumatori.
Per molti versi tale direttiva è a mio parere migliorativa dell'ultima
emanata. Prevede fra l'altro procedure semplificate di registrazione per i
medicinali omeopatici .
Tuttavia, vi è una parte che se mal interpretata potrebbe andare a
costituire uno scoglio enorme, se non insuperabile , nella gestione dei
medicinali veterinari segnatamente per il trattamento della varroasi.
Tale direttiva prevede infatti che l'utilizzo del medicinale veterinario
avvenga a seguito esclusivo di ricetta veterinaria . Anche l'acquisto del
medicinale veterinario potrà avveniere esclusivamente in farmacia.
Va detto immediatamente che dopo codesto enunciato il legislatore si
preoccupa di dire che opportune eccezioni possono essere previste dagli
stati membri laddove se ne ravvisi la necessità.
E' dunque necessario entrare nel dettaglio dello spirito della normativa e
produrre un quadro della situazione attuale per poter dare giudizi critici
su questo che sta avvenendo.
Da una parte vi sono diversi stati membri, particolarmente quelli
recentemente entrati nella comunità , in cui attualmente l'uso e il
commercio dei farmaci veterinari non è assoggetto ad alcuna norma o
vincolo. Per contrasto, in altri come ad esempio l'Italia , tutti i
medicinali veterinari devono già essere utilizzati solo a seguito di
ricettazione, e salvo quanto e solo quanto espressamente regolamentato.
Nei fatti si potrebbe dire che in Italia la direttiva è già stata recepita o
persino che la legge italiana sul farmaco veterinario è stata presa a
modello per la direttiva comunitaria.
In effetti la legge italiana sul farmaco veterinario (il D.Lgs. 119/1992
'Attuazione delle direttive n. 81/852/CEE, n. 87/20/CEE e n. 90/676/CEE,
relative ai medicinali veterinari' e successive modifiche, quali in
particolare, il D.Lgs. 47/1997 ) tutela ampiamente il consumatore e nel
contempo rende anche possibile in settori come l'apicoltura l'utilizzo di
medicinali antivarroa , non dotati di residualità e perciò non pericolosi
per il consumatore senza assurdi restringimenti burocratici. Nei fatti la
varroa è presente da anni in tutti gli alveari italiani e non avrebbe gran
significato prevedere la visita del veterinario una o più volte l'anno per
provvedere alla ricettazione del medicinale.
Gran parte di questi medicinali hanno timolo come principio attivo,
liberamente acquistabile per i più svariati usi e dunque quale senso avrebbe
rendere il medicinale disponibile solo a chi si presenta con la ricetta
veterinaria alla farmacia quando il principio attivo si può comprare al
supermercato o giù di lì?
Dunque il recepimento della ' direttiva ad occhi chiusi' potrebbe portare
notevoli complicazioni burocratiche e ancor più notevoli costi per
l'esecuzione dei trattamenti alla varroa senza nessun vantaggio , per contro
, per nessuno.
Ci vogliamo pertanto augurare che il governo italiano dia una volta di più
prova di buon senso e all'atto del recepimento della direttiva confermi le
regolamentazioni tuttora in vigore che rendono i medicinali per il
trattamento della varroasi liberamente utilizzabili
Wed, 12 Jan 2005 15:28:29 +0100
Savorelli Gianni prodotti per apicoltura
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