Presenza residua di virus dopo i trattamenti estivi
Presenza residua di virus dopo i trattamenti estivi.
Il “problema” insopportabile che la presenza di varroa produce alle api è la diffusione di virus patogeni nei corpi delle stesse in conseguenza della sua nutrizione sulle adulte nutrici . Questa diffusione virale non avviene in maniera casuale, ma è legata a schemi ben precisi .
Il lavoro :
Risk factors for the presence of Deformed wing virus and Acute bee paralysis virus under temperate and subtropical climate in Argentinian bee colonies.
Molineri e altri
Prev Vet Med. 2017 May-
propone un tasso di infestazione del 3 % come la soglia critica di infestazione ovvero l’infestazione alla quale la dinamica virale diviene seriamente problematica. Si può osservare in primo luogo che una infestazione del 3 % ovvero 3 varroe ogni 100 api porta ,su una famiglia di 30000 api, ad una popolazione ( definita come decisamente pericolosa ) di 900 varroe . Una quantità decisamente inferiore a quella che molti ritengono problematica . In secondo luogo verso fine estate l’alveare può andare facilmente incontro a rapidi cali di popolazione di api . Da ciò si ha aumento del tasso o percentuale di infestazione da cui deriva minor numero di api che rimangono esenti da contatto con gli acari . Questo produce un aumento della diffusione virale, come si vedrà nel seguito .
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare , la pressoche totale eliminazione di varroa conseguente ad un buon trattamento varroacida non comporta una parallela eliminazione della presenza virale nell’alveare. Questo fatto è ben descritto dallo studio :
Persistence of subclinical deformed wing virus infections in honeybees following Varroa mite removal and a bee population turnover
Barbara Locke, Emilia Semberg, Eva Forsgren, Joachim R. de Miranda
Allo scopo di prevenire perdite di alveari in conseguenza dell’infestazione di Varroa e relative epidemie virali ad essa collegate, gli apicoltori devono ridurre o limitare la crescita della popolazione di acari per rompere la catena di trasmissione del virus DWV. Questo è spesso fatto a mezzo utilizzo di acaricidi [20]. Tuttavia ,il virus DWV può potenzialmente portare al collasso l’alveare independentemente dall’infestazione da Varroa anche quando questa è stata rimossa dall’alveare [21].
Lo scopo di questo studio è stato il quantificare la dinamica di infezione da DWV durante e successivamente i trattamenti di rimozione di Varroa per valutare il tempo necessario all’alveare per “ripulirsi “ dall’infezione da DWV dopo che nell’alveare è stata rimossa gran parte delle varroa presenti.
Nello studio si è effettuato un trattamento con Apistan che effettivamente riduce in maniera estrema la popolazione di Varroa negli alveari in un tempo di 6 settimane dal momento della sua applicazione (Fig 1, Table 1). Nella prova , la presenza di acari dagli alveari non è stata completamente eliminata a causa di reinfestazione da alveari presenti nei dintorni (Fig 1). Nel corso delle sei settimane di trattamento con Apistan la quantità di DWV sulle api adulte si è ridotta di mille volte rispetto a quanto riscontrabile su api sulle quali non si effettua trattamento varroacida .
La quantità di virus DWV rinvenibile sulle api adulte conseguente al progressivo aumento di presenza di varroa dall’uscita dall’inverno , risulta aumentare di 10 volte nel periodo di massima presenza di acari rispetto al minimo di presenza stagionale. Questo avviene nel periodo che va da metà agosto a fine ottobre , sia su api trattate che non trattate. Questo periodo -nelle condizioni dell’esperimento- coincide con l’allevamento delle api invernali e perciò rappresenta una fase particolare.
Il livello di presenza di DWV sulle api invernali riscontrato in questo studio è sufficientemente basso da non portare ai sintomi evidenti della virosi , ma è ancora sufficientemente alto da essere significativo per la salute dell’ape e le sue performance. Gli effetti sub-clinici della infezione da DWV hanno effetti sub letali come ridotta aspettativa di vita [30], ridotta capacità di volo [31],ridotta capacità di bottinamento ed efficienza [32]. La persistenza di alti livelli di presenza ,subletali, di DWV negli alveari trattati, ben più tardi nel tempo ,dopo che le varroe sono state rimosse , mostra la presenza e l’importanza ( negativa ) di vie di trasmissione del DWV alternative (molto probabilmente trasmissione orizzontale per via orale ) e capaci di sostenere l’epidemia da DWV pur in assenza del vettore principale ovvero dell’acaro. Quantità di virus per ape di circa 107 virioni sono usualmente sufficienti per produrre infezione per via orale in larve o adulte riceventi [33].
E’ stato inaspettato l’osservare il progressivo aumento di presenza di DWV a livello sub clinico negli alveari trattati nel periodo successivo al trattamento, dopo molto tempo che le varroe erano state rimosse. Diversi fattori possono essere alla base di questo aumento di presenza virale. La reinfestazione osservata verso la fine del trattamento ad opera degli alveari vicini [34], non è stata probabilmente abbastanza consistente da spiegare un aumento di 10 volte della presenza virale , anche considerando che è avvenuta piuttosto tardi .
Il regolare turnover di morte e nascita di api non sembrerebbe essere un fattore maggior determinante l’aumento di presenza virale dato che le api nate durante la prima fase di studio, ovvero durante il trattamento, sono risultate progressivamente sempre meno infette da DWV,mentre le pupe e le adulte che si sono sviluppare dalle larve nutrite dalle api nutrici presenti nella fase di trattamento sono risultate progressivamente sempre più infette , ovvero hanno mostrato carichi crescenti del virus.
Per cui si sospetta che il progressivo aumento di DWV sia relazionato alla natura della produzione di api invernali [35],caratterizzate da fisiologia e tratti funzionali unici [36]. Le nutrici consumano polline e lo convertono in grassi e nella proteina vitellogenina all’interno dei loro corpi grassi [37]. Tuttavia gli stessi corpi grassi sono anche uno dei siti di maggior replicazione di DWV, oltre che virus similari [38], [39]. Nel corso dell’allevamento di covata i nutrienti ,ovvero quanto trasformato dai corpi grassi oltre alla quantità di virus in essi presente, sono utilizzati per produrre la sostanza proteica con la quale nutrire e infettare le giovani larve [40]. Al rallentamento dell’allevamento di covata autunnale molto di quanto prodotto dai corpi grassi - e relativo contenuto virale - è mantenuto ,sotto forma di vitellogenina e altre proteine di stoccaggio all’interno dell’ape che si prepara a diventare invernale e che per sopravvivere come diutinus per tutto l’inverno, in assenza di bottinamento proteico , ha necessità di una enorme quantità di grassi e aminoacidi stoccati nel corpo [41], [42].
Simultaneamente la complessiva attività di nutrimento diviene maggiormente centrata su una popolazione di larve numericamente in diminuzione che ha l’aspettativa di divenire diutinus (ape invernale ). Queste larve sembrano avere una via via crescente probabilità di ricevere col nutrimento dosi ampiamente infettanti di DWV da nutrici infette rispetto a quanto sia possibile in periodi di consistente attività di allevamento di covata. Una terza possibilità è che la quantità di virus progressivamente in aumento sia conseguenza della prolungata esposizione delle api a varroacida . La necessità di utilizzare risorse per detossificarsi dal principio attivo varroacida sottrae nello stesso risorse per il controllo delle infezioni presenti e può concendere a queste campo libero [25].
Il collasso dell’alveare avviene molto spesso durante i mesi invernali durante la delicata fase di svernamento [36]. Le api invernali, diutinus , caratterizzate da aspettativa di vita superiore a 200 giorni , che nascono in autunno , saranno responsabili del bottiamento e dell’allevamento delle generazioni di api per la primavera successiva . In conseguenza di questo,ovvero del fatto che non vi è ricambio di popolazione per diversi mesi , lo stato di salute di queste api invernali- che condiziona la loro aspettativa di vita e capacità lavorativa - è per ciò “particolarmente critico “ ovvero di particolare importanza per il successo dello svernamento e la ripartenza della famiglia .
Se i trattamenti varroacidi sono somministrati troppo tardi nel corso della stagione - ovvero su un carico di varroa al quale corrisponde una presenza virale troppo elevata ( superiore al 3% di infestazione ) - le api invernali saranno allevate in condizioni comunque definibili di infestazione da varroa e potranno risultare troppo malate di virosi per sopravvivere all’inverno anche nel caso il trattamento varroacida sia stato pienamente efficace nella rimozione degli acari .
Il turnover delle api adulte è probabilmente un fattore più critico di quanto fino ad ora considerato. Le adulte altamente infette devono essere rimpiazzate da una nuova generazione di api allevate in situazione di assenza di varroa così che , nuove e progressivamente più sane nutrici alimentino larve che diano luogo alla categoria di api più longeve, quelle invernali . La quantità di DWV nell’ape invernale è dipendente da quello che gli è accaduto pecedentemente allo stato di pupa [2].
Trattamenti varroacidi fatti in ritardo per rimediare una situazione di alta presenza di varroa e da ciò di virus DWV possono salvare la famiglia nell’immediato , ma le infezioni a livello sub clinico che permarranno nelle api invernali possono facilmente risultare in un numero di api per alveare insufficiente ad arrivare alla primavera e ripartire [13], [16] . Alla meglio la famiglia si trascinerà un aumentato rischio di danni da DWV nell’anno successivo .
Per mitigare gli effetti sub clinici delle infezioni da DWV, non sembra esserci metodo migliore che mantenere costantemente una bassissima presenza di varroa negli alveari per tutto l’anno .
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