Trattamento col timolo: un accorgimento
per evitare il saccheggio
Quasi tutti gli apicoltori sono soliti praticare, durante il
periodo estivo, un trattamento tampone per abbassare il numero delle varroe presenti negli alveari. In genere vengono
utilizzati prodotti che agiscono sugli acari per evaporazione. È il caso, ad
esempio, dell’acido formico oppure di una sostanza più sicura da maneggiare,
meno corrosiva e ustionante, come il timolo in soluzione alcolica.
Il timolo
in cristalli è anche uno dei prodotti più economici che si possono trovare in
commercio, ideale per molti apicoltori che non intendono sostenere spese
eccessive nella cura dei propri alveari. In genere ricorrono a cure “fai da te”
con una soluzione di 10 grammi di timolo e 10 millilitri di alcol
con cui impregnare delle spugnette oasis che successivamente inseriscono
nell’alveare. Un altro modo è quello di distribuire con l’aiuto di un colino,
due grammi di timolo in polvere direttamente sopra i favi. Questi metodi
caserecci che personalmente ho sperimentato più volte, non mettono l’apicoltore
al riparo da alcuni problemi.
Se le
temperature esterne sono molto elevate, l’evaporazione della soluzione
alcol-timolo è più consistente, così come è più
intenso l’odore rilasciato dal timolo in polvere. Il rischio maggiore è quello
che si inneschi un saccheggio generale nell’apiario in
grado di durare anche due giorni con conseguente alta mortalità d’api. Nei casi
più estremi può succedere che la famiglia esca
addirittura dall’arnia per rientrare quando gran parte dell’odore intenso di
timolo è svanito.
Per
ovviare a questi inconvenienti sono presenti sul mercato dei prodotti, come Api
life var o Apiguard, che permettono
un’ottimizzazione della diffusione del timolo all’interno dell’alveare
attraverso un graduale rilascio. Purtroppo il costo di questi prodotti è
elevato, ed inoltre numerose applicazioni dell’Api
life var compiute da chi scrive, hanno comportato lo stesso dei saccheggi,
a volte intensi, soprattutto nelle ore più calde della giornata. Altri
accorgimenti che ho sperimentato personalmente, come quello di fare il
trattamento con temperature esterne non eccessive, oppure di restringere
l’apertura dell’arnia, si sono rivelati di scarsa efficacia.
Una serie
di sperimentazioni, condotte anche con l’aiuto e l’interessamento del collega
Franco Agostini, mi ha portato ad avere una serie di dati da cui è possibile
trarre alcune conclusioni. Ma andiamo con ordine.
Il 16
agosto ho distribuito sopra i favi di 5 alveari due grammi di polvere
finissima di timolo ottenuta macinando il timolo in cristalli con un macinino
da caffè elettrico. Il trattamento l’ho fatto alle 10 del mattino con una
temperatura esterna di circa 24 gradi. Altri 5 nuclei sono stati trattati con
l’ossalico sgocciolato per valutare l’efficacia del trattamento.
Il mattino successivo dopo 24 ore ho fatto la conta delle
varroe cadute:
timolo 92 - 26 - 24 - 8 (nucleo del 2005)
– 38;
ossalico 5 (nucleo del 2005) - 15 (nucleo
del 2005) - 114 - 85 - 43 (nucleo del 2005).
Le prime
conclusioni a cui sono pervenuto riguardavano la
ridotta infestazione dell’apiario e la sostanziale identità dell’efficacia dei
due trattamenti. A causa dell’infestazione ridotta e della conseguente
difficoltà nello sperimentare l’efficacia del timolo, il mio interesse si è
subito centralizzato sui numerosi inconvenienti verificatisi. Sebbene avessi eseguito il trattamento con temperature non
alte, si è innescato un forte saccheggio che è durato per tutta la giornata.
Oltre al conseguente alto numero di api morte, due
famiglie sono uscite dall’arnia e sono rientrate solo a tarda sera. Lo stato di
forte agitazione delle api si è protratto fino al
giorno successivo.
Il 18 agosto ho utilizzato su 5 alveari un dosaggio
inferiore di timolo, per la precisione 1 grammo. Ho fatto questo trattamento
alle ore 19-20 di sera con una temperatura esterna di circa 25 gradi. Alcune
api sono uscite dall’alveare, ma l’agitazione era
minima. Il saccheggio era inesistente. Purtroppo non ho avuto un buon riscontro
riguardo la caduta delle varroe
che la sera del giorno successivo, quindi sempre dopo 24 ore, ammontavano a 2 –
3 – 5 – 0 – 1. Un risultato abbastanza deludente e non in linea con i
precedenti.
Una chiave di volta della sperimentazione è stata il 20
agosto quando ho curato con 2 grammi di polvere di timolo 4 alveari. Anche questo trattamento l’ho fatto di sera verso le ore 20
quando le bottinatrici erano tutte rientrate per
l’oscurità. Questo fatto, unitamente al freddo di quei piovosi giorni (22
gradi) ha impedito il saccheggio. Al mattino l’odore del timolo era quasi
completamente svanito e gli esiti sul fronte della caduta delle varroe dopo 12 ore sono tornati in
linea con la media: 9 (nucleo debole) – 80 – 17 – 37.
Il 21 agosto ho sperimentato il timolo diluito in
alcol su 4 alveari. Alle ore 20 di sera ho inserito nelle arnie le spugnette di oasis impregnate con la
soluzione. Le bottinatrici erano tutte rientrate e
all’esterno pioveva. Per via dell’oscurità ho utilizzato anche una torcia
elettrica. La mattina del 22 non ho notato agitazione nelle api anche a causa
del persistere del cattivo tempo; nel pomeriggio è uscito il sole, ma di
saccheggi nemmeno l’ombra.
Considerando
che l’intensità dell’odore nel caso del timolo in soluzione alcolica si dimezza
in meno di due giorni e che l’odore dei cristalli di timolo sparisce quasi
completamente il giorno successivo alla cura dopo solo 12 ore, ho provato fare
questi ultimi due trattamenti la sera quando le bottinatrici
erano tutte rientrate. Questo col preciso intento di
guadagnare le ore notturne sul computo totale e ridurre conseguentemente il
numero di ore in cui si verificano i saccheggi.
Il 26 agosto, sempre alle 20 circa, ho trattato 2
alveari con due grammi di polvere di timolo. Nonostante una
temperatura esterna più elevata (25 gradi), l’agitazione è stata minima e le
api non si sono nemmeno addensate sul predellino d’entrata. Il
saccheggio non si è verificato nemmeno il mattino successivo e non ho notato
alcuna traccia di mortalità.
Per non dilungarmi troppo faccio seguire schematicamente le
altre sperimentazioni svolte:
29
agosto 2005.
Ore 20
circa.
Timolo in
polvere a 5 famiglie deboli.
2 grammi
con un apposito misurino in plastica.
Niente saccheggio.
Temperatura
esterna 25 gradi.
2
famiglie ipersensibili sono parzialmente uscite dall’arnia.
Al mattino
successivo saccheggio inesistente.
Famiglie
rientrate nelle loro arnie. Internamente si presentano nella norma.
Odore di
timolo quasi inesistente.
Nessuna
mortalità delle api.
2 settembre 2005.
Ore 20
circa.
Timolo in polvere a 2 famiglie del 2005 di media piccola
grandezza.
2 grammi di
timolo in polvere misurati con l’apposito misurino.
Niente saccheggio.
Temperatura
esterna 28 gradi.
Una
famiglia ipersensibile parzialmente uscita dall’arnia. L’altra quasi nella
norma.
Al mattino
successivo saccheggio inesistente.
Famiglie
rientrate nelle loro arnie. Internamente si presentano nella norma.
Odore
scarso quasi impercettibile.
Nessuna
mortalità delle api.
6 settembre 2005.
Ore 20 circa.
Soluzione di timolo e alcol in 3 famiglie piccole.
Niente saccheggio, assolutamente
calme.
Temperatura esterna 23 gradi.
Al mattino successivo saccheggio inesistente.
Odore di timolo ridotto.
Nessuna mortalità delle api.
10 settembre 2005.
Ore 19, 30.
Timolo in polvere ad una famiglia molto grossa.
2 grammi di timolo in polvere misurati con l’apposito misurino.
Nessun saccheggio.
Temperatura esterna 23 gradi.
Famiglia ipersensibile e parzialmente uscita dall’arnia.
Al mattino successivo saccheggio e
agitazione minimi progressivamente in diminuzione nelle ore pomeridiane fino
alla sua totale estinzione alle ore 17.
Famiglia rientrata nell’arnia. Internamente si presenta
nella norma.
Odore di timolo quasi impercettibile.
Mortalità che, alle ore 17, ammonta
a 38 api accertate, con temperatura esterna salita fino a 29 gradi a
mezzogiorno.
Internamente la famiglia è sempre calma.
5 settembre 2005 (trattamento
eseguito da Franco Agostini su un suo alveare. L’apiario è situato in
posizione fredda poco soleggiata con aperture rivolte ad est).
Ore 18, 30
circa; le bottinatrici ancora fuori sono in numero
limitato.
Timolo in
polvere ad un alveare.
2 grammi di timolo in polvere
misurati con un bilancino di precisione.
Niente saccheggio.
Temperatura esterna 20 gradi.
Le api fuoriescono dal predellino, ma rientrano
immediatamente come se stessero facendo il volo di soleggiamento.
Al mattino successivo saccheggio inesistente.
La famiglia si presenta nella norma.
Odore di timolo quasi impercettibile.
Nessuna mortalità delle api.
Ammontare della caduta delle varroe nei primi 4 giorni dal trattamento: 502.
Ore 18, 30 circa; le bottinatrici
ancora fuori sono in numero limitato.
Timolo in polvere al medesimo alveare.
2 grammi di timolo in polvere misurati col bilancino di
precisione.
Nessun saccheggio.
Temperatura esterna 19 gradi.
Le api fuoriescono dal predellino, ma rientrano
immediatamente come se stessero facendo il volo di soleggiamento.
Al mattino successivo saccheggio inesistente.
La famiglia si presenta nella norma.
Odore di timolo quasi impercettibile.
Nessuna mortalità delle api.
Ammontare della caduta delle varroe nei primi 7 giorni dal trattamento: 1245.
Considerazioni
finali.
La
sperimentazione è stata condotta prendendo in considerazione solo due dosaggi
di timolo in polvere (1 e 2 grammi) e un dosaggio di soluzione timolo-alcol.
Per i dosaggi in polvere è stato utilizzato, in alcuni casi, un opportuno
misurino di plastica il cui uso poteva generare
piccole imprecisioni nella determinazione del peso. Tali dosaggi non sono stati
determinati in funzione della temperatura esterna e della consistenza delle
famiglie. Inoltre la caduta delle varroe, indice
dell’efficacia dei trattamenti, è stata considerata solo in pochi casi e
sommariamente. Altri parametri che non sono stati considerati sono le
temperature interne degli alveari, anche se queste non dovrebbero avere grandi
oscillazioni, e i tassi di umidità esterni e interni
agli alveari. Chi ha maneggiato la polvere del timolo
sa, infatti, che l’effetto irritante di questa sostanza aumenta con un’umidità
alta, come quando la si maneggia con mani bagnate di sudore.
Il
principale obiettivo era quello di escogitare accorgimenti per controllare i
possibili danni innescati dai trattamenti. L’apiario,
dove si sono svolti gran parte degli esperimenti, è situato in posizione
soleggiata con le aperture orientate ad ore 15 circa.
Probabilmente
la causa del saccheggio proviene dalle api bottinatrici
che, uscite dall’alveare quando nell’alveare c’era l’odore precedente al
trattamento, al ritorno si imbattono nell’intenso
odore di timolo che le disorienta non mettendole in grado di identificare il
proprio alveare. Si addensano così davanti alle porticine d’ingresso
manifestando uno stato di agitazione che si trasmette
ai nuclei vicini innescando il fenomeno del saccheggio.
Da altre
due sperimentazioni eseguite penso di poter escludere che ad innescare il
saccheggio sia l’attrazione che le bottinatrici dei
nuclei vicini subiscono per l’odore del timolo. Infatti se si inserisce un contenitore con del timolo
all’interno di un’arnia vuota posizionata tra due alveari, questi ultimi non
evidenziano agitazione di sorta e nell’arnia col timolo non entrano api. Questo
significa che non ne vengono attratte. Un’altra
sperimentazione che ho eseguito questa primavera,
consisteva nell’introdurre sul fondo nella parte posteriore di un’arnia un
coperchio di un vaso di vetro da chilo per il miele con all’interno 5 grammi di
timolo in cristalli. Sopra questo coperchio ne avevo
messo un altro a cui avevo praticato diversi forellini in modo tale che
passasse l’odore del timolo e le api non ripulissero immediatamente l’arnia.
Disgraziatamente ho dimenticato di togliere il coperchio dopo pochi giorni dall’introduzione
e me ne sono ricordato soltanto un paio di mesi dopo notando, con sorpresa, che
le api, evidentemente infastidite dall’odore, avevano propolizzato
i fori del coperchio; ma che nonostante questo loro rimedio non erano comunque riuscite ad utilizzare gli ultimi telaini per deporre la covata e fare scorte di miele.
Questo significa che le api non vengono attratte
dall’odore, ma respinte. Nonostante il dosaggio consistente, non c’è stato
alcun saccheggio; segno che la causa prossima che innesca il saccheggio è
sempre una forma di agitazione che le api trasmettono
all’esterno della propria arnia e non l’odore del timolo.
Lo stato di agitazione responsabile del saccheggio, quando viene
innescato, tende a protrarsi per almeno due giorni con una conseguente alta
mortalità d’api. Per ridimensionare tali difficoltà è sufficiente fare il
trattamento la sera, quando le bottinatrici sono
tutte rientrate nell’alveare. I nuclei ipersensibili al timolo hanno reazioni
piuttosto contenute; quando escono parzialmente dall’alveare non lo fanno mai
in modo frenetico. Quindi nessuno stato di agitazione
si trasmette ai nuclei vicini e le api saccheggiatrici non entrano in azione.
Nelle ore notturne le api, che prima erano sul predellino d’entrata, rientrano
tutte. Siccome sulle mie arnie al posto del coprifavo
in legno ho dei vetri che mi permettono di guardare all’interno di ogni alveare senza aprirlo, il mattino successivo al
trattamento ho potuto constatare nelle arnie situazioni perfettamente normali.
La polvere di timolo che la sera prima era depositata sui telaini,
al mattino era scomparsa. L’ingresso esterno, invece,
può presentare una minima agitazione soprattutto se al
mattino viene colpito direttamente dai raggi del sole che innalzano la
temperatura e se la famiglia è ipersensibile al timolo.
Utilizzando
questo semplice accorgimento ho potuto fare a meno di
ridurre gli ingressi delle arnie. La stagione estiva meteorologicamente
abbastanza clemente, mi ha impedito di fare sperimentazioni con temperature
esterne superiori ai 28-29 gradi specialmente con la soluzione di timolo e
alcol. Inoltre le abbondanti piogge hanno fatto sì che le api trovassero sempre
del nettare da bottinare. Pertanto tra queste
considerazioni finali permane l’interrogativo delle possibili reazioni delle
api all’evaporazione e all’odore del timolo con temperature esterne superiori,
così frequenti nel periodo agostano, e le reazioni delle api al trattamento
quando l’importazione è completamente assente a causa della siccità. Ben lungi
dall’essere considerato un metodo che risolva tutti i
problemi, questo, però, può essere considerato un metodo che limita considerevolemente i danni.
Severino Bertini