Sui Varroacidi e sul loro uso - concezione , caratteristiche , tempi e modi di applicazione


Nello svolgimento della mia attività professionale mi pare di rendermi conto con sempre maggiore frequenza che si è persa , se mai c’ è stata , la conoscenza di come i medicinali varroacidi sono congegnati , di come lavorano , quali sono i loro pregi e i loro difetti e di come, di conseguenza , devono essere utilizzati per trarne i maggiori profitti .
Questo difetto di conoscenza porta in non poche occasioni a utilizzo di tipo illogico con conseguenti risultati insufficienti e contenimento della popolazione di varroa inferiore a quanto effettivamente possibile.
Si può per ciò ritenere di grande utilità pratica entrare con decisione nel merito della questione .

Un trattamento varroacida , per risultare efficace deve tenere essenzialmente conto di due fatti :
Il primo è che per molti periodi dell’anno la varroa è per circa due terzi annidata nelle celle di covata ( la percentuale esatta cambia a seconda del periodo , essendo il ciclo riproduttivo di varroa assolutamente variabile in relazione allo stato dell’alveare, con dei massimi e dei minimi che graficamente ricorderebbero molto le “ montagne russe “ . Di conseguenza la popolazione complessiva aumenta ad un tasso variabile ) Il secondo è che qualsiasi sostanza venga applicata sulle api produce su di loro un qualche tipo di effetto negativo .
In questo senso qualcuno ha volte esagerato , non considerando che la riduzione di aspettativa di vita di ogni singola ape comporta inevitabilmente una riduzione delle performances future dell’alveare tutt’altro che insignificante .
Questi due fatti limitano non poco le possibilità di intervento e il numero dei principi attivi utilizzabili allo scopo .Molti non sono stati sviluppati e registrati perchè a gioco lungo il loro utilizzo comporta per l’alveare un danno non inferiore a quello prodotto dalla patologia (trascurando in questa sede gli aspetti residuali nei prodotti ) .

In una situazione del genere sono possibili due tipologie di applicazione dei principi attivi .
La modalità cosiddetta topica ,che prevede l’applicazione del principio attivo opportunamente veicolato direttamente sulle api, il quale di conseguenza permane per un tempo limitato .
La modalità detta di prolungato rilascio che prevede il principio attivo montato su un determinato tipo di supporto che ne rende possibile la cessione sulle api per un tempo molto più lungo, consentendo con ciò ,dopo aver colpito quella in fase foretica, di aspettare la varroa rimanente all’uscita dalla covata .
Questa modalità di prolungata cessione è decisamente la più importante per la riduzione numerica della popolazione di varroa e negli anni ha costituito la base portante ( pur con diversi limiti ) delle strategie sanitarie .
La parte del leone è stata dei cosiddetti formulati in striscia, nei quali un rettangolo di adeguato materiale plastico risulta contenere nell’intimo della sua porosità il principio attivo consentendone il rilascio calibrato per diverse settimane .
E’ fondamentale capire che in questo tipo di antiparassitari si ha che il principio attivo è fermo sulla superficie della striscia e deve essere l’ape che in conseguenza della sua attività lavorativa finisce a contatto con la striscia, se lo ritrova attaccato addosso e lo porta in giro continuando la sua attività .
Si noti che a seconda del “ peso “ del principio attivo , si possono avere situazioni nel quale lo stesso viene veicolato anche da ape ad ape in quantità sufficiente a svolgere attività varroacida mentre in altri casi e possibile una circolazione del principio attivo in quantità sufficiente solo da striscia ad ape . Si noterà che questo fatto determina variazioni di efficacia del trattamento , così come lo determina la quantità dei supporti di rilascio in proporzione alla quantità di api presenti nell’alveare .

Il gioco guardie e ladri ( riferibile ad Apistan , Apivar e in parte a Bioxal sia per gocciolamento che sublimazione )
Provocando un sorriso nel lettore ( che non fa mai male ) si userà questo esempio per spiegare come il principio attivo (p.a.) varroacida, costituito di molecole, deve lavorare per essere efficace per contatto.
Nei fatti , una o più molecole di p.a. devono raggiungere la varroa e “salirle in groppa “ per accopparla prima che si rintani nella covata dalla quale la ritroverebbe solo dopo parecchi giorni,nel migliore dei casi raddoppiata di numero .Deve fare perciò il prima possibile per semplificarsi il compito . Se non è rapido il gioco dura all’infinito dato che per ognuna che gli sfugge se ne ritrova al minimo due da acchiappare . La quantità di principio attivo in circolo dovrebbe essere perciò molto alta per poter raggiungere velocemente da inizio trattamento la quantità di varroe presenti all’esterno della covata [ molte guardie in relazione al numero dei ladri ] . Se ciò fosse possibile si riuscirebbe ad accopparla tutta e ad aspettare quella che esce dalla covata in modo piuttosto semplice .
Il limite è però dato dal fatto che tale quantità di principio attivo può risultare problematico anche per l’ape stessa .
Questione fondamentale alla circolazione del principio attivo è anche la quantità di punti di rilascio in relazione alla quantità di api e a quella di varroa per vedere di accorciare i tempi per cui il principio attivo arriva anche ad api di favi lontani .
Nella pratica, più è alto il numero di punti di rilascio ( strisce ) , più è veloce la circolazione del principio attivo e più aumenta l’efficacia del trattamento .Parallelamente è minore il tempo necessario per raggiungere la quasi totalità delle varroe ( Si noterà che nel caso del Bioxal gocciolato il numero di punti di rilascio è tanto più alto quanto è più capillare il gocciolamento .Nel caso del nebulizzato il numero di punti di rilascio tende a infinito )
La quantità di principio attivo sul supporto di rilascio deve garantire la cessione calibrata ( una quantità eccessiva può accoppare l’ape direttamente ) per il tempo necessario e non è aumentando a dismisura la quantità nella striscia che se ne aumenta la circolazione ( a parità di rilascio ) e la conseguente efficacia .
Si riconsideri che ogni varroa che sfugge al primo” giro” darà luogo ( in genere ) a una progenie e perciò quando si schiude la cella che la ha ospitata il principio attivo se ne ritrova due o tre da accoppare . Da ciò è intuibile l’importanza dell’efficacia ad inizio trattamento e nel primo “giro “. Questo dà la misura di come un trattamento varroacida debba essere articolato.
Val la pena ricordare che da quando il principio attivo viene a contatto con la varroa a quando questa muore passa un certo tempo (che dipende in gran parte dalle caratteristiche del principio attivo) nel quale l’acaro , più o meno morente, può essere in grado di fare diverse cose . Potrebbe persino riprodursi un ultima volta prima di morire . E per una che muore una ne nasce ( circa) o potrebbe nutrirsi più volte sulle api adulte iniettando l’ultima dose di virus. Con particolare riferimento ai trattamenti tardo estivi ,il trattamento varroacida riduce la presenza numerica di elementi di trasmissione virale . Non produce assolutamente nessuna riduzione della quantità di presenza virale nelle api , ma al contrario la aumenta. Qualsiasi tipo di varroacida richiede per l’ape uno sforzo di detossificazione e questo sforzo tende a concedere possibilità di replicazione a virus e nosema presenti dentro i corpi delle api (letteratura varia ). La velocità di abbattimento della varroa è perciò un fattore molto importante in quanto può determinare una limitazione della diffusione dei virus ( non si dovrebbe però confidare su questo mai più di tanto, ma aver già lavorato in modo da avere la quantità più bassa possibile sia di virus che di “ diffusori” [ api “ virosate “ oltre alle varroe ] ) o per converso la continuazione della loro diffusione tramite varroa , comunque in concomitanza con una parallela proliferazione di quelli presenti nel corpo delle api tanto maggiore quanto maggiore era il livello di partenza, invariabilmente causata dalla tossicità del varroacida stesso . Vi è perciò una bella differenza fra l’ ottenere , partendo da ferragosto , una efficacia del 90 % in 15 giorni rispetto all’ottenerla in 42 o peggio in 60 per quel che riguarda la diffusione di virus all’interno dell’alveare e la differenza di presenza di virus alla fine del trattamento in relazione alla quantità iniziale . Anche in relazione alla quantità di varroe e virus presenti ad inizio trattamento e al fatto che nel periodo di trattamento la competenza immunitaria dell’alveare tende a diminuire a causa della diminuzione della disponibilità di polline.
Se l’abbattimento di varroa non può essere veloce, a maggior ragione è necessario che il suo numero e la carica virale presente siano minimi per non incorrere nella possibilità di avere comunque pericoli autunnali e invernali da virus ( e nosema ) nonostante la rimozione di gran parte della popolazione di varroa .
Negli anni passati la dinamica virale ( e la presenza di nosema ceranae ) era tale che i “ trattamenti dell’ultima ora “ potevano avere una possibilità di successo in un certo numero di casi . Nella situazione attuale di associazione varroa -virus ( e ceranae che tende ad amplificare la presenza di DWV e BQCV ) a determinare i problemi di mortalità invernale è la quantità di varroa /virus , ma meglio sarebbe considerare “ patogeni nel loro complesso “ presente in piena estate ( nel mese di luglio : Ravoet 2013 ) . Dalla considerazione di questi elementi si ha che il rischio di perdite si riduce tanto più quanto meglio si è fatto nella primavera precedente e nell’autunno precedente ,ovvero quanto più è basso il carico complessivo di patogeni durante tutto l’anno .
Questo tipo di formulati in striscia non risente in alcun modo della temperatura per quel che riguarda la cessione del p.a. all’ape ma ne risente parecchio per quel che riguarda la circolazione nell’alveare. A fin che ciò avvenga ,vi è necessità di un’ ottima attività delle api , cosa che non è presente con temperature prossime a quella a cui avviene la formazione del glomere . Perciò l’uso di strisce in situazioni di basse temperature ( 11- 15 °C ) è tendenzialmente meno efficace ( non poco ) . Ovviamente possono esserci delle situazioni che ne giustificano ugualmente e ampiamente l’uso , ma tutto deve essere visto nell’ambito della strategia sanitaria complessiva e anche in funzione della quantità di varroa foretica presente .
Mi sono capitati nella pratica professionale casi di uso di apibioxal ( ripetuto ) a fine agosto e poi apistan a fine novembre in italia settentrionale . Ora questo modo d’uso è l’esatto contrario di quanto risulta logico ed è meno efficace di quello che si potrebbe ottenere invertendoli . Secondo Maggi , i principi attivi che operano per contatto hanno anche un’altra particolarità. Tendono a selezionare le varroe di taglia più minuta , la quale trae vantaggio da questa sua caratteristica per sfuggire con più facilità al p.a.
Per converso con l’uso di evaporanti tendono a sopravvivere le varroe di taglia maggiore , che riescono per ciò a detossificare meglio. Questo fatto è quello che determina , allo stato attuale delle conoscenze, la perdita di efficacia del timolo.
La strategia sanitaria dovrebbe perciò prevedere una certa alternanza d’uso fra evaporanti e p.a. che operano per contatto.
L’utilizzo di principio attivo con modalità di applicazione topica è relativo al momento solo ad acido ossalico , del quale si è già detto in specifico articolo .
Vale la pena ricordare che con questo tipo di applicazione, il principio attivo, che è efficace per contatto “paracadutato “ da un elevatissimo numero di punti di rilascio , rimane presente solo per brevissimo tempo e la ripetizione ossessiva rischia di essere più problematica per le api del patogeno che si vuole eliminare.

I principi attivi evaporanti-
Diverse sostanze , lasciate evaporare all’interno dell’alveare riescono a essere pesantemente tossiche per la varroa,sembrerebbe, in gran parte per il fatto che la varroa è costretta a inalarle. Sembra esservi anche una tossicità da contatto ben dimostrata nel caso del timolo. Si parla soprattutto di oli essenziali e acido formico ( e vi sono grosse speranze future per l’eptanone ) . In questo caso il concetto di base è la saturazione prolungata dell’alveare con quantità di vapori la più alta possibile in relazione alla sopportabilità da parte dell’ape .
Kraus ha dimostrato che la soglia letale per la varroa non è molto dissimile da quella letale per l’ape e questo è un grosso problema . E’ un tipo di trattamento che risente fortemente delle temperature ambientali ( sia minime che massime più in relazione alla quantità di tempo per cui temperature “non ottimali “ si manifestano che per i picchi di temperatura in sè , che potrebbero anche essere raggiunti per tempi molto brevi ) e della dimensione della famiglia, la quale condiziona la capacità di ventilazione e diffusione del vapore .
Sono perciò trattamenti caratterizzati da ampia e assolutamente inevitabile variabilità di efficacia e per questo motivo non dovrebbero mai essere considerati più che tamponi ( anche se per l’attuale collegamento presente fra varroa e virus si dovrebbe ragionare sempre in una logica di tampone volta al mantenimento di un livello di presenza di varroa minimo e tale da non dar luogo ad una dinamica virale significativa anche in presenza di nosema ) . Per ciò che riguarda il timolo , studi di molti anni fa dello zooprofilattico di Padova ( Irsara e colleghi ) dimostrano come il suo tallone d’ achille sia l’inizio del trattamento . Nel tempo che occorre per la sufficiente saturazione dell’ alvere col vapore , una notevole quantità di varroa foretica sfugge nella covata e la si ritrova dopo qualche tempo raddoppiata . Allora si cercò di capire come si poteva aiutare il timolo nei primi giorni di trattamento senza trovare la soluzione . Oggi questo aiuto potrebbe essere prodotto da una contemporanea applicazione di bioxal gocciolato , il quale si occuperebbe per un paio di giorni delle varroe foretiche mentre il timolo produce la saturazione .
Gli antiparassitati a base di timolo registrati nel mondo usano differenti tipi di supporto che ne differenziano le caratteristiche di evaporazione . Chiedersi quale di essi sia più efficace è un ragionamento non corretto . Col timolo , come con qualsiasi altro principio attivo, è sempre possibile raggiungere il 100 % di efficacia a patto di produrre sull’ape condizioni enormi di stress. Pertanto , il formulato che in un determinato trattamento è risultato apparentemente più efficace , lo ha fatto in ragione di una evaporazione che nel contesto è risultata maggiore e in parallelo ha anche prodotto uno stress maggiore per l’ape. Stress che ha un costo... .
In questo senso è’ da ripetere che qualsiasi tipo di varroacida richiede per l’ape uno sforzo di detossificazione e che questo sforzo può concedere possibilità di replicazione a virus e nosema . Da ciò si può concludere che per minimizzare questo aspetto i varroacidi dovrebbero essere applicati in situazione di presenza il più possibile bassa di virus e nosema . Il timolo in questo senso interferisce sul gene DSCAM ( Schwarz e Evans 2013 ) e da ciò concede una maggior replicazione al Nosema ( Schwarz e Evans 2013 ). Per contro è in grado di accoppare le spore presenti sui favi e sui corpi delle api svolgendo un’azione di disinfezione ambientale . Per questi motivi dovrebbe essere utilizzato ( come tampone ) in un contesto in cui la presenza di Nosema è stata mantenuta molto bassa. Anche per gli evaporanti è valida la questione “ velocità di abbattimento della varroa e relativa dinamica virale associata “.

Da questi elementi si può arrivare a definire quali sono i periodi nei quali è più logico utilizzare i vari medicinali antiparassitari registrati in Italia. ( in ordine alfabetico e per tipo )

Rilascio prolungato
Strisce - ( per contatto )
Apistan - ( situazioni di grande presenza di covata ) ideale alla fine dei raccolti per la riduzione di presenza di varroa tardo estiva .Dato che dispone del massimo periodo di rilascio fra i medicinali registrati può “ coprire “ eventuali reinfestazioni.
Sconsigliabile in primavera periodo nel quale non si riesce a sfruttarne al meglio le caratteristiche rischiando nel contempo di ridurne per farmaco resistenza l’efficacia estiva
Apivar -( situazioni di grande presenza di covata ) ideale alla fine dei raccolti per la riduzione di presenza di varroa tardo estiva. Va sottolineato come il suo principio attivo (Amitraz ) produca la morte della varroa in un tempo piuttosto lungo col rischio di manifestazioni di problematiche virali prima della riduzione significativa della presenza di varroa . Deve per ciò essere utilizzato in situazioni di moderata presenza di varroa e di virus ( ottenuta con adeguata condotta nei mesi precedenti ) . Non si presta per la risoluzione di situazioni critiche Utilizzabile in primavera con buon profitto

Evaporanti
Apiguard ( supporto gel )
Apilife var -(supporto rigido )
( situazioni di grande presenza di covata ) ideale alla fine dei raccolti per la riduzione di presenza di varroa tardo estiva.
Utilizzabile in primavera a partire da temperature superiori a 15 °C per almeno alcune ore ( con evidenti limiti )

Topico
Apibioxal - ( tutte le situazioni di assenza o scarsa presenza di covata in relazione al ciclo riproduttivo di varroa che ha diversi minimi ) Tardo autunno- inverno e primavera non troppo inoltrata ( per semplificare in questa esposizione prima dell’inizio dell’allevamento dei fuchi ) . Diapause estive -
Sono tecnicamente possibili anche trattamenti a principio attivo multiplo combinando in varie maniere in contemporanea i quattro principi attivi registrati . In questo , si deve tenere conto prima di tutto della potenziale capacità di detossificazione da parte dell’ape nei confronti del MIX di principi attivi . In seconda battuta della velocità di abbattimento di varroa in relazione alla dinamica virale presente e in futuro possibile . In particolare , l’uso combinato di Apistan con una formulazione di timolo da qualche anno assicura buona efficacia di abbattimento nel periodo di fine estate.
La combinazione di due principi attivi consente di “ venire a capo “ si situazioni di farmaco resistenza più o meno accentuata a uno o più principi attivi . L’argomento , che non incontra ancora una totale accettazione burocratica da parte delle autorità sanitarie per il fatto che all’origine l’uso dei diversi varroacidi è stato previsto “ a solo “, non tenendo conto dello sviluppo di eventuali farmaco resistenze , necessita , per la sua complessità , di una trattazione separata.

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