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INTRODUZIONE
RIASSUNTO DEI DATI
CONCLUSIONI GENERALI
Appendice 1 - MIELE FALSIFICATO
Perché la direttiva non permette una protezioneefficace del miele
Il rischio di frodi oggi
I mezzi per l'individuazione delle frodi
Le prove di una situazione allarmante
Conclusioni
Appendice 2 - MIELE PER L'INDUSTRIA
Il rischio di questo tipo di frode oggi
Perché la direttiva non permette una protezioneefficace
Conclusioni
Appendice 3 - MIELI UNIFLORALI
La direttiva lascia un margine troppo ampio all'interpretazione
I mezzi per il controllo delle indicazioni diorigine botanica
Il rischio di questo tipo di frode oggi
Le prove di una situazione allarmante
Conclusioni
Appendice 4 - INDICAZIONI D'ORIGINE GEOGRAFICA
Perché la direttiva non permette una protezioneefficace
I mezzi per il controllo delle indicazioni d'originegeografica
Le prove di una situazione allarmante
Conclusioni
Scopo del presente dossier, risultato di uno sforzonotevole realizzato dalle associazioni e cooperative degli apicoltorieuropei, é quello di fare luce sulla inadeguatezza dellaattuale direttiva sul miele e, ancora peggio, di quella propostadalla Commissione in sostituzione della direttiva in vigore. Inadeguatezzarelativa, soprattutto, alla mancanza di precisi standard qualitatividel miele, che consentano allo stesso di essere definito e quindiriconosciuto per la qualità che esprime.
Per essere chiari fin dall'inizio, questo dossier,che non pretende d'essere esaustivo, non ha come obiettivo quellodi escludere qualcuno dal mercato, se non i fraudolenti e sofisticatori.Si propone invece di difendere la qualità del miele - edil lavoro che questa sottende - ovunque esso sia prodotto.
Noi produttori europei ci sentiamo particolarmenteimpegnati in una produzione di qualità e, come i produttoridi altre parti del mondo che condividono tale missione (e perora non menzioniamo i consumatori), ci sentiamo fortemente danneggiatidal fatto che essa non venga definita, riconosciuta e quindi difesadalla direttiva sul miele.
I produttori europei non hanno una OCM, néaltre forme di difesa da prezzi spesso incredibilmente bassidi molti paesi extraeuropei. Solo la qualità puòdifendere le nostre produzioni.
La nuova direttiva proposta dalla Commissione èuna copia malfatta dell'attuale, che era stata pensata trent'annifa e adottata nel 1974. Il contenuto della nuova direttiva hapoco a che vedere con il prodotto che dovrebbe descrivere. E'completamente inattuale e inutile, con il solo possibile effettodi reiterare i danni che l'attuale direttiva ha fatto e sta ancorafacendo. Da anni sosteniamo con forza tali affermazioni nellapiù assoluta indisponibilità, quando non opposizione,da parte della DG III ( industria).
Invitiamo quindi tutti i destinatari di questo dossierad adoperarsi affinché questa proposta di direttiva nonsia adottata, ma trasformata in modo sostanziale secondo i nostrisuggerimenti (si veda "Conclusioni generali").
Nelle pagine che seguono (Appendice 1 - 4) sono espostigli aspetti tecnici dei diversi tipi di frode sul miele. Per gliaspetti toccati sono proposte delle soluzioni nel paragrafo "Conclusioni"di ogni Appendice e sono ripresi più avanti (si veda "Conclusionigenerali").
In generale si può riassumere che se la direttivaattuale ( e quella proposta dalla Commissione) definisce il prodottoe le sue possibili denominazioni in un modo teoricamente corretto,la mancanza di precisione sugli aspetti tecnici e l'assenza dimetodi ufficiali di analisi fa sì che, spesso, nel commerciodel miele, la norma non sia rispettata.
I mezzi di controllo non mancano: la ricerca ha prodottouna grande quantità di dati che permettono di scoprirela maggior parte delle falsificazioni moderne, di identificarein maniera univoca i "mieli per l'industria", di risalireall'origine botanica prevalente di un miele e alla sua originegeografica. Ma poiché questi criteri di definizione nonsono integrati alla norma, i frodatori hanno campo libero: èinfatti sufficiente che il prodotto che commercializzano rispettii limiti dell'Allegato della direttiva 74/409.
Questa situazione ha permesso, in particolare inquesti ultimi anni, la libera introduzione sul mercato comunitario- ed in grandi quantità - di mieli, commercializzati conl'unica definizione disponibile per legge che è quelladi miele, con quotazioni bassissime, che presentavano spesso leseguenti caratteristiche:
· "miele"addizionato di sciroppi zuccherini
· "mieleper l'industria" venduto come "miele"
· miele fraudolosamentecommercializzato come monoflora
· miele conindicazione di origine geografica ingannevole
Per quanto riguarda la prima tipologia, per le gravissimeimplicazioni che essa comporta verso il consumatore e verso ilproduttore onesto, possiamo affermare che essa rappresenta fral'altro la più vergognosa forma di competizione - sleale- commerciale.
Per quanto tale fenomeno, dalle prove in nostro possesso,abbia riguardato in particolare il miele di origine cinese, sappiamoche esso gode di una certa diffusione nell'Europa dell'Est edin Sud America. Certo è che gli USA tre anni or sono hannocessato - pare per dumping - le importazioni dalla Cina ed èaltrettanto certo che la stessa in tre anni è diventatala prima fornitrice di miele nell'Unione Europea.
Se le falsificazioni sono le forme di frode piùpreoccupanti e insidiose, le altre sono molto più frequentie per questo, anche se meno gravi sul piano teorico, non sonomeno allarmanti.
In conclusione, la grande quantità di frodirelative a:
· l'aggiuntadi sciroppi zuccherini
· la venditadi "miele per l'industria" come "miele"
· le denominazionibotaniche scorrette
· le indicazionid'origine geografica ingannevoli
rilevate in questi ultimi anni nella Unione Europeaè dovuta soprattutto alle carenze dell'attuale direttiva.
Ciò che poniamo alla vostra attenzione noné soltanto un messaggio grave e per certi aspetti scandaloso.E' soprattutto vero che questa direttiva ha procurato danni aiconsumatori, specie quelli con il minor potere d'acquisto, edai produttori, specie quelli impegnati sulla qualità, danniincalcolabili, e permettetemi di aggiungerlo, pericolosissimi.
La nuova proposta di direttiva , copia della precedente,non può in alcun modo soddisfare le esigenze di protezionedel consumatore messe in evidenza da questo dossier e rischia,se approvata, di deprimere prodotto e mercato, in particolarequello di qualità e quindi l'apicoltura che noi rappresentiamo.
Il miele, anche se non sembra, é un prodottodinamico e soprattutto sono dinamici gli speculatori che hannobuon gioco delle maglie larghe di questa direttiva in cui possonoinfilarsi.
Chiediamo l'appoggio di tutti alla nostra piùche motivata richiesta di totale ridefinizione del testo delladirettiva proposta - che noi suggeriamo di trasformare in regolamento-, nella necessaria definizione di standard di qualità.
Chiediamo anche con forza che tale materia sia affidataalla DG IV, competente in materia poiché il miele éun prodotto agricolo che non necessita di alcuna trasformazionee che noi vogliamo conservare tale.
Gli elementi innovativi che noi proponiamo di integrarenella nuova normativa (direttiva o regolamento) devono riguardare:
· l'obbligatorietàdella menzione dell'origine geografica per i mieli provenientidall'esterno dell'U.E.
· i criteridi definizione e di controllo delle denominazioni relative allaqualità
· i limitidi composizione
· i metodidi analisi, compresi quelli per l'individuazione delle falsificazioni,l'analisi organolettica e quella melissopalinologica
· i criteridi definizione dei mieli uniflorali
· i mezzidi controllo dell'origine geografica
· i sistemidi protezione del consumatore diversi dai controlli ufficialidel prodotto (per esempio definizione di un livello minimo diautocontrollo per gli invasettatori e obbligo di fornire certificatid'analisi chimiche per le importazioni)
· i limitiper i contaminanti chimici e microbiologici.
Proponiamo infine che per l'integrazione di questielementi la Commissione sia assistita dagli specialisti europeiche, in questi ultimi anni, hanno saputo produrre una grande quantitàdi dati scientifici sui temi citati.
Cos'è il miele secondo l'attuale direttiva
La direttiva comunitaria (74/409/CEE) definisce in maniera precisae univoca il prodotto al quale è riservata la denominazionemiele: "... s'intende per miele il prodotto alimentare chele api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioniprovenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse,che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specificheproprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare".In altra parte della norma citata viene specificato che al prodottocommercializzato come tale non può essere aggiunta nessunaltra sostanza.
Questa definizione non lascia spazio agli equivoci: il miele ètale solo quando proviene interamente dalla natura e non èmiele il prodotto al quale l'uomo abbia aggiunto zuccheri esogeni,sia direttamente, sia attraverso l'alimentazione delle api. Comenon può essere commercializzato con la denominazione "miele"un prodotto addizionato di aromi, oli essenziali, estratti difrutta, conservanti, addensanti o gelificanti. Questa definizioneprotegge la specificità del miele rispetto a tutti glialtri alimenti a prevalenza zuccherina: tutte le alternative almiele infatti (zucchero, sciroppi zuccherini, confetture, cremespalmabili) sono il risultato dell'inventiva e delle attivitàumane. Solo il miele è un prodotto interamente non trasformatodall'uomo, in cui le caratteristiche, l'aroma e le proprietàderivano esclusivamente dalle piante e dall'alveare.
Perché la direttiva non permette una protezione efficacedel miele
A questa attestazione di principio non segue però una normasufficientemente dettagliata per proteggere adeguatamente il prodotto.
I limiti compositivi indicati nella direttiva comunitaria, cheavrebbero appunto lo scopo di permettere di identificare il prodottonaturale e non alterato, non rispondono più alle finalitàcon le quali erano stati concepiti. La chimica analitica ha compiutonotevoli progressi dalla stesura delle norme a oggi ed i metodid'analisi attualmente utilizzati a livello ufficiale nei diversiPaesi Membri sono ormai obsoleti; inoltre, se da un lato negliultimi anni si sono venute a creare nuove condizioni produttiveche hanno portato a mieli che naturalmente non rientrano nei limitistabiliti (mieli uniflorali, mieli di paesi nuovi produttori,risorse nuove quali la melata di Metcalfa), dall'altrole materie prime che oggi si prestano alla contraffazione delmiele non possono essere riconosciute attraverso le analisi dilegge. I limiti compositivi dell'allegato della direttiva permetterebberodi identificare frodi effettuate con saccarosio, materiali ricchidi zuccheri non riduttori, zucchero invertito, melassa: proprioperché troppo facilmente identificabili queste frodi nonvengono effettuate. Sul mercato interno di alcuni Paesi extraeuropei,dove anche questo controllo di minima non viene garantito, questefrodi grossolane sono abituali.
Il rischio di frodi oggi
Oggi l'industria agro-alimentare moderna produce sciroppi concomposizione molto simile a quelle del miele e che per questosi prestano molto bene alla falsificazione dello stesso. Questisciroppi vengono largamente utilizzati nell'industria alimentare,delle bevande e vengono offerti anche per l'alimentazione delleapi. Vengono prodotti a partire dall'amido del mais o di altricereali per mezzo di una idrolisi chimica ed enzimatica, sonosottoposti a processi enzimatici che ne trasformano gli zuccheriin modo da ottenere un elevato contenuto di fruttosio e vengonopurificati e decolorati. Questi sciroppi hanno composizione diversaa seconda dei processi cui sono stati sottoposti e dell'uso cuisono destinati: alcuni sono molto simili al miele (HFCS = highfructose corn syrup), altri ne differiscono per l'elevato contenutoin glucosio o in destrine.
Per quello che riguarda la disponibilità di miele sul mercatointernazionale, occorre notare che la situazione è moltocambiata negli ultimi anni: due stagioni successive di raccoltimolto scarsi nei paesi maggiori produttori mondiali (Cina, Messico,Argentina, Canada) hanno portato a una carenza complessiva diprodotto sul mercato internazionale e un aumento considerevoledelle quotazioni all'ingrosso e questo ha reso le frodi moltopiù probabili. Ed è possibile che questa situazionedi mancanza di prodotto si cronicizzi a causa dell'aumento delconsumo interno in alcuni paesi in via di sviluppo che in precedenzaproducevano solo per l'esportazione e alla riduzione globale delnumero di alveari dovuta alla varroa.
I mezzi di individuazione delle frodi
Quando la frode è effettuata con uno degli sciroppi zuccheriniprodotti per via enzimatica è necessario ricorrere a sistemidi analisi estremamente sofisticati. Nella maggior parte dei casila frode viene attuata attraverso miscele composte in parte damiele naturale e in parte da HFCS. In questo modo le caratteristicheorganolettiche del prodotto vengono mantenute; così purequelle microscopiche, in quanto le variazioni naturali nella quantitàtotale di polline nel miele sono così elevate, da rientrarecomunque in un ambito non sospetto. Dal punto di vista chimicola ricerca di frodi può essere effettuata attraverso l'identificazionedi sostanze estranee apportate dallo sciroppo (destrine o oligosaccaridiper alcuni tipi di sciroppo di cereali o betaina, raffinosio,galattosio della frazione oligosaccaridica per gli zuccheri derivatidalla barbabietola, particelle di origine vegetale per gli zuccheriderivati dalla canna da zucchero) oppure attraverso il dosaggiodi sostanze che il miele naturale contiene in determinate concentrazionie che l'aggiunta di sciroppo diluisce (prolina, enzimi). In ognicaso il problema maggiore risiede nel fatto che le variazioninaturali del miele sono tali da non permettere, in molti casi,una interpretazione univoca del risultato e da rendere visibilela frode solo quando importante dal punto di vista quantitativo.Un metodo che può dare risultati sicuri e con un elevatasensibilità è stato messo a punto alla fine deglianni '70 e perfezionato alla fine degli anni '80 e richiede attrezzaturemolto costose e sofisticate (spettrometro di massa) ma permettedi identificare aggiunte di HFCS dell'ordine del 7%. Si basa sulrapporto tra i due isotopi stabili del carbonio a peso atomicodi 12 e 13 (d[delta]13C) nel miele. Questo rapporto è diverso nelmiele naturale e nelle sostanze organiche provenienti da piantecome il mais e la canna da zucchero (piante a ciclo di Hatch-Slack).Questo metodo permette di individuare aggiunte di HFCS anche piccole,ma non è di alcuna utilità se le sostanze estraneeprovengono da piante a ciclo di Calvin (per esempio la barbabietola)come la maggior parte delle piante che producono miele. Altrimetodi isotopici o basati sulla risonanza magnetica nucleare (NMR)possono essere messi a punto, ma per tutti non è stataancora costituita una base di dati di riferimento sufficientementeestesta.
Le prove di una situazione allarmante
In questi ultimi tre anni, in concomitanza con la mancanza diprodotto sul mercato internazionale, si sono avute sempre piùfrequenti segnalazioni relative al problema frodi. In Francia,il servizio repressione frodi ha svolto una inchiesta, nel primosemestre del 1995, su una cinquantina di prelievi: su questi 5contenevano tra il 15 e il 25% di zuccheri esogeni; tutti e cinqueprovenivano dalla Cina. Il Sindacato dei Produttori di Miele Francesiha svolto, per proprio conto, due indagini analoghe, eseguendoprelievi mirati: da questi dati emergerebbe che tra il 25 e il30% dei campioni prelevati conterrebbe zuccheri esogeni. Nellamaggior parte dei casi si trattava ancora una volta di mieli diorigine cinese, ma anche prodotti dichiarati di altra originesono risultati adulterati; c'è da notare però chel'origine effettiva dei prodotti non è stata verificatae potrebbe trattarsi, anche in questi casi di mieli cinesi. Anchese l'indagine era estremamente mirata e quindi ci si puòaugurare che i risultati così impressionanti siano dovutial fatto che sono stati volutamente campionati mieli sospetti,un tal esito non può non destare preoccupazione. I nostricolleghi francesi sembrano essere quelli che si preoccupano maggiormentedel problema e probabilmente a ragione, in quanto in Francia ilmiele cinese è al primo posto nelle importazioni. In Spagnauno studio analogo, svolto per iniziativa privata, ha permessodi trovare 7 campioni positivi per l'aggiunta di sciroppi di maiso di canna in quantità compresa tra l'8 e il 26%, ma lamancanza di altre informazioni (numero e tipologia di campionianalizzati) non ci permette di stimare la portata di questi dati.In Italia due analoghi sondaggi, uno su 20 e l'altro su 27 campionidi miele presenti nei punti vendita della grande distribuzioneha permesso di trovare nel primo caso 1 campione e nel secondo3 campioni positivi alla ricerca di zuccheri esogeni. In tuttii casi si trattava di prodotti di origine cinese, totalmente oin parte e le quantità di zuccheri esogeni aggiunte eranodell'ordine del 9 - 14%. Questo tipo di frode, fatta per aggiuntadi ridotte quantità di HFCS, passa inosservata attraversole analisi tradizionali e comporta quindi rischi ridotti per ilfrodatore, ma permette di aumentare la quantità di prodottodisponibile e di abbassare il prezzo di vendita, causando problemigravissimi sul mercato internazionale.
Conclusioni
La situazione appare quindi preoccupante e pensiamo che si trattisolo della parte visibile dell'iceberg, tantopiù che unaparte delle falsificazioni non è identificabile con i metodidi analisi che abbiamo oggi a disposizione. Non ci sono provesicure che i prodotti fraudolenti vengano fabbricati anche inEuropa, ma la responsabilità di chi importa e vende suinostri mercati il prodotto contraffatto non sono meno gravi. Ilproblema ha una causa lontana, un'offerta insufficiente di mielesul mercato internazionale, e una prossima, la mancanza di controlliefficaci. Il problema della sorveglianza non è di facilesoluzione. Per venirne a capo occorrerebbe attivare una rete dicontrolli (coi sistemi più efficienti) e informazioni cheeserciterebbe la sua azione a livello strategico, ma, soprattutto,occorre che vengano aggiornati gli strumenti di tutela del prodotto:direttiva (o anche regolamento) che preveda a livello comunitarionuovi limiti e metodi ufficiali di analisi, obbligatorietàdei certificati d'analisi per il prodotto importato comprensivodei valori di d[delta]13C, autocontrollo obbligatorio per le aziende cheimmettono il prodotto sul mercato).
Che cos'è il miele per l'industria secondo l'attualedirettiva
La direttiva comunitaria, oltre a definire in maniera univocacosa si debba intendere per "miele", definisce il "mieleper l'industria" o "miele per pasticceria" comeun prodotto, che pur idoneo al consumo umano, presenta una difettositàtale da non permetterne la designazione come "miele".
Si tratta di miele che presenti segni di fermentazione, odoreo sapori estranei o si sia eccessivamente modificato a seguitodi riscaldamento o conservazione prolungata; miele di secondaqualità, quindi, che non dovrebbe essere destinato all'utilizzatoreche lo consuma tal quale.
Il rischio di questo tipo di frode oggi
Da quando la Cina è diventata uno dei maggiori fornitoridi miele della Unione Europea, la vendita di miele per l'industriacome miele è diventata estremamente comune, anche se spessonon viene riconosciuta come una vera e propria frode. Il mielecinese infatti presenta sempre segni di una pregressa fermentazione,che viene bloccata prima dell'esportazione, e presenta, con pressochéuguale frequenza, un sapore metallico, cui corrispondono valoridi ferro da 2 a 10 volte maggiori rispetto ai valori normalmenteriscontrati nel prodotto di altre origini. Tale sapore puòessere considerato come estraneo ed è dovuto al contattocon recipienti non idonei, che avviene nel paese d'origine, inquanto i contenitori nei quali giunge in Europa appaiono corretti.
Perché la direttiva non permette una protezione efficace
Per questi due motivi il prodotto dovrebbe essere considerato,ai sensi della direttiva europea "miele per l'industria",come tale identificato sui contenitori e conseguentemente utilizzato.Però, poiché la direttiva non definisce come debbaessere valutata la fermentazione (un miele anche fortemente fermentatopuò rientrare ampiamente nei limiti compositivi previstidall'allegato) e come debba essere fatto l'esame organoletticoper la valutazione degli odori e sapori estranei, in pratica èmolto difficile che possa essere applicata.
Questa situazione ha gravi conseguenze per l'immagine del prodottoin quanto, nei punti vendita della grande distribuzione e discount,i prodotti cinesi (o le miscele che ne contengono) sono moltocomuni (per esempio 1 su 3 in Italia): il consumatore che incappiin tali prodotti ha buone probabilità di disaffezionarsial miele per sempre, visto che l'odore e il sapore di tale prodottosono decisamente poco gradevoli e il ferro che vi è contenutorende scure le bevande che contengono tannino (per esempio ilthé).
Conclusioni
E' per questo indispensabile che la nuova direttiva (o regolamento)del Consiglio definisca - o attraverso le idonee procedure, diai mezzi alla Commissione di decretare - i criteri di identificazionedel miele fermentato (limite in etanolo, criteri microbiologicio organolettici) e i metodi per l'analisi organolettica.
Cos'è un miele uniflorale secondo l'attuale direttiva
Le differenze che esistono tra un miele e l'altro sono principalmentedovute alla variabilità del nettare che costituisce lamateria prima della quale le api si approvvigionano. Sui mercatipiù evoluti la variabilità del prodotto èun elemento sul quale ci si basa molto per la promozione del miele.Proporre una gamma differenziata di prodotti non è solouna necessità alla quale costringono le particolaritàproduttive europee, ma è anche un sistema per conquistarenuovi clienti, stimolare all'uso, soddisfare le necessitàdi un pubblico che consuma miele con gusto e apprezza la possibilitàdi poter scegliere il prodotto preferito. Di qui la necessitàdi presentare al consumatore i diversi prodotti con denominazionidi vendita che siano sia valorizzanti per il prodotto, che trasparentiverso il pubblico e, nello stesso tempo, verificabili da chi devetutelare il consumatore.
La direttiva europea sul miele prevede la possibilità diqualificare il miele in base all'origine florale o vegetale. L'enunciatodella direttiva è però tutt'altro che completo elascia ampio margine all'interpretazione. Si dice infatti chesi può applicare un'indicazione inerente all'origine florealeo vegetale se il prodotto proviene soprattutto da tale originee ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisico-chimichee microscopiche.
La direttiva lascia un margine troppo ampio all'interpretazione
Nell'interpretazione degli stati italiano e francese la leggenazionale di recepimento avrebbe dovuto essere seguita da un decretoapplicativo contenente i limiti di composizione (quelle caratteristicheorganolettiche, fisico-chimiche e microscopiche) che avrebberopermesso agli organi di tutela di verificare le denominazioniutilizzate nel commercio, almeno per i tipi di miele piùdiffusi. Non sembra invece che questa interpretazione sia condivisadagli altri membri dell'Unione e il problema del controllo delledenominazioni botaniche resta insoluto. Dal canto loro i servizidella UE, in una comunicazione di qualche tempo fa indirizzataal governo italiano, indicavano che nella direttiva comunitaria"... la mancata regolamentazione delle proprietà chimico-fisiche,microscopiche e organolettiche del miele di un solo fiore èstata intenzionale da parte del legislatore comunitario e ...pertanto gli stati membri non possono stabilire prescrizioni vincolantiin proposito".
Altro problema: generalmente si interpreta che la possibilitàdi utilizzare denominazioni botaniche sia riservato ai mieli uniflorali,provenienti cioè principalmente da una sola specie, maperché non applicare tale possibilità anche ai mieliprovenienti da più specie (castagno e tiglio, ad esempio)o addirittura a particolari formazioni vegetali (miele di prateriaalpina, di macchia mediterranea, di bosco)?
I mezzi di controllo delle denominazioni di origine botanica
Purtroppo attualmente non esiste un sistema analitico che permettadi valutare con precisione l'origine di un miele. Il sistema idealeconsisterebbe nell'identificare, per ogni possibile origine botanica,uno o più "marcatori", sostanze cioè chesono presenti esclusivamente nel nettare delle specie in questione,in quantità costante e non modificabili dai processi dielaborazione da parte delle api, estrazione e conservazione. Ilsistema classico di considerare come marcatori dell'origine botanicai pollini presenti nel miele (analisi melissopalinologica), purfornendo indicazioni preziose al fine dell'identificazione dell'originedel miele, non è sufficientemente preciso e presenta notevoliproblemi per l'applicazione quotidiana (notevole specializzazionedei tecnici, scarsa riproducibilità, interpretazione deirisultati complessa e non automatica). In campo chimico alcunimarcatori sono già stati identificati, soprattutto nell'ambitodelle sostanze aromatiche e di altri componenti minori (flavonoidi);questi metodi però non sono ancora entrati nelle pratichedi controllo, in quanto spesso si tratta di analisi che richiedonoattrezzature particolari o molto costose e i dati disponibilinon permettono ancora di generalizzare questi sistemi. E' probabiletuttavia che questo tipo di metodiche si renda disponibile inun prossimo futuro: anche se questo permetterà di identificarecon precisione il livello di purezza di ogni miele proposto comeuniflorale, non è detto che questi sistemi, da soli, permettanodi risolvere il problema. In questo caso infatti potremo selezionaremieli con lo stesso livello di purezza, ma ci si troverà,probabilmente, di fronte a prodotti anche molto diversi tra diloro, a seconda della natura dei nettari di accompagnamento. Ilproblema, quindi, se vogliamo guardarlo dalla parte del consumatore,e nell'unica maniera in cui oggi possiamo affrontarlo, non stanel definire una percentuale minima di origine, quanto nel precisaredei limiti di composizione e di caratteristiche che facciano sìche quando il consumatore compra un vasetto di miele di robinia,per esempio, trovi sì un miele prodotto principalmentesulle fioriture di robinia, ma soprattutto un miele costante dauna volta all'altra, con un certo colore, un certo aspetto fisico,un certo odore e un certo sapore.
Al momento attuale i mieli uniflorali europei ben conosciuti ecaratterizzati sono una trentina e per alcuni altri lo studioè in corso, da parte di enti di ricerca e di sperimentazionespecializzati in apicoltura. A livello europeo si è costituitoun gruppo di lavoro, coordinato e promosso dall'organizzazioneinternazionale degli apicoltori Apimondia che, dopo aver svoltoun lavoro per la armonizzazione dei metodi di analisi chimicadel miele, si sta ora occupando della definizione dei mieli uniflorali.
Il rischio di questo tipo di frode oggi
Nel campo delle denominazioni relative all'origine botanica regnala confusione assoluta: la responsabilità è da imputarsi,oltre alle difficoltà dovute all'estrema specializzazionenecessaria ad eseguire correttamente controlli sull'origine botanicadel miele, alla mancanza di documenti con valore ufficiale chechiariscano i dubbi sull'interpretazione della direttiva e definiscanoi criteri di definizione delle denominazioni botaniche. In assenzadi norme applicative non è possibile tutelare efficacementele denominazioni botaniche. Una maggiore definizione dei mieliuniflorali può costringere a qualche controllo in piùin sede produttiva, ma permette anche di combattere efficacementela concorrenza sleale di chi inventa denominazioni a proprio beneficio.L'attuale situazione invece favorisce gli abusi e tende a livellarela qualità, per quello che riguarda la rispondenza alledenominazioni botaniche, verso il basso, in quanto non si èstimolati, in una situazione in cui le denominazioni possono ancheessere inventate di sana pianta, a preoccuparsi per una rispondenzaagli standard non perfetta.
Le prove di una situazione allarmante
In assenza di chiarezza e, conseguentemente, di controlli, ledenominazioni fantasiose, basate sull'attrattiva che hanno sulconsumatore, più che sulla veridicità, trasparenzae verificabilità, abbondano. Un'indagine svolta dalla repressionefrodi italiana nel corso del 1996 su 120 campioni di miele prelevatisu tutto il territorio nazionale ha evidenziato che il 13% deiprodotti presentava irregolarità dal punto di vista dellarispondenza alla denominazione botanica. Dal tipo di irregolaritàsi può comunque frequentemente intuire una sostanzialesottovalutazione del problema: chi froda in questo campo probabilmentenon si rende conto di ingannare il consumatore sulla reale naturadel prodotto, ma crede forse di usare un'arma lecita nella liberacommercializzazione.
Conclusioni
E' per questo, a maggior ragione, necessario un chiarimento normativo.La nuova direttiva (o regolamento) del Consiglio dovrebbe definire- o attraverso le idonee procedure, dare i mezzi alla Commissionedi decretare - un documento ufficiale che contenga i criteri didefinizione dei mieli uniflorali e i limiti di composizione, chesia di riferimento per tutti, operatori e consumatori.
Le indicazioni di origine geografica nella direttiva attuale
Il miele è indubbiamente un prodotto molto legato al territoriodi produzione, in quanto le sue caratteristiche di composizionee organolettiche derivano principalmente dalla tipo di flora bottinata.Oltre alle variazioni di vegetazione, altri elementi legati alterritorio influenzano le caratteristiche del prodotto: il tipodi suolo, lo sviluppo delle diverse attività umane conle possibili ricadute negative sulla salubrità del prodotto(inquinamento) oltre che sulla costanza delle produzioni (diversadiffusione negli anni di piante agricole di interesse apistico,variazioni nelle risorse spontanee), le tecniche di produzione(dal tipo di ape e di alveare fino ai sistemi di lavorazione edi trasporto).
L'elemento origine geografica non permette di stabilire graduatoriequalitative assolute e immutabili, ma è sicuramente allabase di differenze relativamente costanti, riconoscibili sia alivello organolettico che di composizione e che rendono i prodottidi diversa origine geografica non equivalenti l'uno all'altro.Alle differenza obiettive e verificabili a livello analitico devonoaggiungersi quelle di immagine che fanno sì che il consumatorepreferisca un prodotto all'altro anche senza conoscerne le caratteristicheobiettive.
Questa situazione di fatto è riconosciuta dalla direttivacomunitaria sul miele che prevede due livelli di denominazionegeografica, uno volontario e l'altro che può essere resoobbligatorio a livello degli Stati membri. Il livello volontariostabilisce che il miele può essere commercializzato conuna indicazione relativa all'origine geografica, quale un nomeregionale, territoriale o topografico, qualora il miele provengatotalmente dall'origine indicata. Il livello obbligatorio, neipaesi in cui è stato reso tale, dovrebbe permettere didiscriminare il miele prodotto all'esterno della Unione Europea.
Perché la direttiva non permette una protezione efficace
Tuttavia le menzioni obbligatorie previste nella maggior partedei paesi che hanno adottato questa soluzione sono cosìambigue (per esempio "miscela di mieli di diverse origini"in Francia) che il consumatore non è informato correttamentesull'origine del prodotto che sta acquistando. In assenza di indicazionio di una indicazione chiara e trasparente riguardo all'originegeografica, il consumatore, che non conosce la situazione delmercato internazionale del miele, è generalmente portatoa immaginare che il prodotto abbia un'origine locale. Inoltrela direttiva non prevede quali sistemi di controllo debbano essereadottati per il controllo delle denominazioni volontarie o obbligatorie.
I mezzi di controllo delle indicazioni di origine geografica
Rispetto agli altri prodotti agroalimentari legati al territorio(vini, formaggi, salumi, oli) il miele possiede un grandissimovantaggio: quello del "certificato d'origine incorporato".Il miele infatti contiene una quantità variabile, ma semprepresente, di granuli pollinici derivanti dalle piante sulle qualiè stato bottinato il nettare, da quelle bottinate per ilpolline e dall'ambiente di produzione. Dall'osservazione al microscopiodei granuli pollinici è possibile identificare le pianteche li hanno prodotti, risalire quindi a un particolare tipo divegetazione e, conseguentemente, alla zona di produzione.
La melissopalinologia (studio del polline nel miele) èuna branca relativamente antica della palinologia (studio delpolline e delle spore): il primo studio sulla microscopia delmiele risale al 1895 e nel primo ventennio di questo secolo lebasi di questa tecnica erano già state costituite. Il metododi caratterizzazione geografica è relativamente semplice:occorre raccogliere una campionatura sufficientemente ampia erappresentativa (possibilmente di anni diversi) del prodotto dell'origineda studiare; attraverso lo studio si stabiliscono dei modellicon i quali confrontare poi i prodotti incogniti. Esistono comunquedelle difficoltà di applicazione: l'estrema specializzazionee il costante aggiornamento richiesti al personale che svolgequesto tipo di analisi, le difficoltà di standardizzazionee la scarsa riproducibilità riducono le potenzialitàdi controllo a pochi laboratori in tutta la UE. Ma il limite maggioredella tecnica consiste nel fatto che lo spettro pollinico originariodi un miele può essere facilmente modificato nel corsodella lavorazione, proprio con finalità di frode, attraversomiscelazione con mieli di altre origini o eliminando il pollinepresente nel miele con un processo di filtrazione industriale.Sono per questo allo studio sistemi di analisi chimiche e strumentaliche possano sostituire e superare i limiti dell'analisi pollinica.Si basano sul fatto che nei derivati vegetali è riconoscibilel'impronta dell'ambiente dove le piante si sono sviluppate, soprattuttoin termini di elementi rari o di composizione isotopica. Questimetodi sono già applicati per altri prodotti agroalimentari(vino) e potranno forse, in un prossimi futuro, essere utili anchein campo apistico.
Le prove di una situazione allarmante
Nei Paesi membri nei quali la menzione d'origine per il prodottoextracomunitario è stata resa obbligatoria la frode suquesto tipo di indicazioni è relativamente comune, comeè stato messo in evidenza da una inchiesta della DirectionNationale d'Enquetes - Répression des Fraudes francesee della Repressione delle Frodi italiana; in quest'ultima peril 12% dei 120 campioni prelevati l'indicazione dell'origine geograficanon corrispondeva alla reale origine riscontrata alle analisi.La frode sull'origine geografica permette di aggiungere un plus,l'origine nazionale o comunque "non cinese" (cioèl'assenza di indicazioni relative all'origine), al prodotto chesi posiziona in una definita fascia di mercato, spesso la piùbassa. Non ha invece bisogno di mentire riguardo all'origine chivende miele d'importazione puntando sulla propria immagine o sullaqualità intrinseca del prodotto.
Conclusioni
Se è vero che il luogo di produzione è importantenel definire le caratteristiche del prodotto e che l'omissionedell'indicazione del luogo di origine può indurre in errorel'acquirente circa l'origine del prodotto stesso, la logica vorrebbeche il consumatore fosse tutelato attraverso l'obbligo, a livellocomunitario, di indicare il luogo di produzione del miele, perlomenoper le origini extracomunitarie. Questa difesa del consumatoredeve essere resa più efficace per mezzo dell'ufficializzazionedei metodi di controllo dell'origine geografica.