PARTE III
L'ANALISI SENSORIALE DEL MIELE
Testo pubblicato in:
Persano Oddo L., Piana L., Sabatini A. G. (a cura
di), 1995
Conoscere il miele. Guida all’analisi sensoriale.
Avenue media, Bologna
CAPITOLO 9
GENERALITA' SULL'ANALISI
SENSORIALE DEL MIELE
1. Cenni storici
Anche nella letteratura più antica si trovano alcune
descrizioni delle caratteristiche organolettiche del miele. E' certo che la
valutazione delle qualità sensoriali ha sempre avuto un grande valore nel
commercio del prodotto, soprattutto quando altri sistemi di giudizio non erano
disponibili. Ma anche potendo disporre di più sofisticati mezzi analitici il
giudizio organolettico ha sempre rappresentato un metodo di valutazione della
qualità e dell'origine del miele universalmente utilizzato dai produttori, dai
commerciantie negli stessi laboratori di analisi.
Si può però far coincidere l'inizio
di una applicazione più strutturata dell'analisi sensoriale al miele con
l'istituzione, nel 1978, di corsi specifici su questo argomento presso il
centro di formazione professionale (C.F.P.P.A.) di Hyères, in Francia. Questi
corsi, nati grazie alla collaborazione tra un ricercatore esperto in miele,
Michel Gonnet (Station de Zoologie et Apidologie de l'Institut National de la
Recherche Agronomique, Montfavet) e un enologo ed esperto in degustazione,
Gabriel Vache (direttore dello stesso centro), sono stati successivamente
attivati anche in Italia, presso la Cooperativa Apiriviera di Finale Ligure
(Sv), per iniziativa della locale Camera di Commercio.
I corsi di Finale Ligure formano,
negli anni, una nuova leva di degustatori addestrati, impegnati nei diversi
campi di applicazione della tecnica, ma si avverte presto l'esigenza di un
coordinamento delle attività, nonchè di maggiore standardizzazione e
perfezionamento dei sistemi di descrizione, quantificazione e valutazione del
miele. Nel 1987 si costituisce, con la finalità di rispondere a tali esigenze,
un gruppo di lavoro che raccoglie Istituti di ricerca, Associazioni di
apicoltori ed altri Enti impegnati nella formazione dei degustatori. Grazie
all'attività del gruppo di lavoro nel 1988 si istituisce un Albo specifico per
la qualificazione del degustatore, prima esperienza europea in questo settore.
Nel 1991 la gestione dell'Albo Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale
del Miele è affidata all'Istituto Nazionale di Apicoltura di Bologna.
L'attività dell'Albo si articola su diversi fronti. A livello istituzionale si
persegue l'obiettivo di ottenere il riconoscimento ufficiale della struttura e
del ruolo dell'assaggiatore. A livello tecnico sono state proposte metologie
standardizzate di lavoro relative all'esecuzione delle analisi, alla formazione
del degustatore e allo svolgimento dei concorsi (vedi Appendice); vengono
organizzati regolarmente corsi di base, perfezionamento e aggiornamento per
assaggiatori e proseguono le attività di studio e di sperimentazione per
l'ottimizzazione dell'analisi sensoriale del miele.
2. Obiettivi
Tutte le possibili attuali applicazioni dell'analisi
sensoriale al miele possono essere ricondotte a due obiettivi strettamente
connessi uno all'altro: il miglioramento della qualità e la valorizzazione del
prodotto.
2.1
Il miglioramento della qualità
Il concetto di qualità è solo
apparentemente chiaro e univoco, in realtà è fortemente ambiguo e soprattutto
inscindibilmente legato al contesto culturale in cui si colloca.
In termini merceologici la qualità
viene definita come rispondenza alle aspettative del consumatore, sia per
quanto riguarda le caratteristiche che si possono valutare direttamente (i
cosiddetti bisogni espliciti, quali le proprietà organolettiche, la
facilità d'uso, la conservabilità), sia per le caratteristiche che non si
possono percepire nel prodotto ma che sono prerequisiti garantiti dagli organi
di tutela (i bisogni impliciti, quali genuinità, salubrità, qualità
nutrizionali). Inoltre gli esperti di marketing definiscono una terza categoria
di bisogni che il prodotto deve soddisfare per essere considerato di qualità,
quelli inespressi. In quanto tali sono meno facilmente definibili: si
tratta di qualità non misurabili, ma che giocano un ruolo importante nel
determinare l'acquisto e il consumo di un prodotto. Nel miele, alimento
tradizionale e simbolico, prodotto naturale per eccellenza, sono legate alla
cultura, ai ricordi, alla religione, al folklore, alle abitudini, al moderno
credo naturistico e salutistico.
Se per quest'ultima categoria di
qualità l'analisi organolettica non è di aiuto nella definizione e nella
selezione dei prodotti "migliori", per gli altri aspetti è un mezzo
estremamente utile ed è infatti applicata lungo tutto il percorso che porta al
consumatore finale.
Nel campo della ricerca l'analisi
sensoriale contribuisce, insieme agli altri esami di laboratorio, a individuare
e definire gli standard relativi all'origine botanica e alla qualità del miele.
Le caratteristiche sensoriali, d'altra parte, costituiscono il parametro che
meglio rappresenta la qualità di unifloralità percepita dal consumatore e il
livello al quale un eventuale difetto inizia a produrre una conseguenza
apprezzabile. Ad esempio, test organolettici sono stati impiegati per stabilire
quale sia la concentrazione minima di timolo percepibile nel miele (il timolo è
una sostanza non tossica per l'uomo usata nella lotta alla varroasi). Un altro
importante esempio riguarda le ricerche sulle caratteristiche dei mieli
uniflorali (vedi cap. 5 b).
Nel campo della produzione, lavorazione
e commercializzazione del miele l'analisi sensoriale trova la sua applicazione
più diffusa, come unica verifica del prodotto o come supporto alle analisi di
laboratorio. Al momento della produzione o del conferimento del prodotto presso
le strutture di lavorazione, l'analisi sensoriale permette di identificare la
presenza di difetti, di verificare la rispondenza alla denominazione e di
selezionare le partite verso l'utilizzo più idoneo. L'identificazione di
difetti conseguenti ad errate tecniche produttive, di lavorazione o di
conservazione permette di ottimizzare le tecniche stesse. Il controllo della
qualità sensoriale sul prodotto finito rispetto a standard prefissati, o in
base a specifiche richieste dell'utilizzatore finale, completa questi sistemi
di verifica.
A livello del controllo ufficiale da
parte degli organi deputati alla tutela del consumatore la valutazione
sensoriale, a fianco delle analisi di laboratorio, permette di completare la
verifica della qualità del prodotto e la rispondenza all'origine dichiarata.
2.2 Valorizzazione
Per valorizzazione si intende un
complesso di azioni che tendono a far conoscere e apprezzare al consumatore le
caratteristiche del prodotto.
Per il miele, come per molti altri
prodotti agricoli, la valorizzazione è una delle vie per migliorare la qualità
percepita dal consumatore. Il miele, infatti, presenta una relativa incostanza
nelle caratteristiche (a seconda del luogo e dell'anno di produzione) che non
può essere corretta dal punto di vista produttivo e tecnico. In una situazione
del genere è molto difficile adattare il prodotto alle richieste del
consumatore; più facile è invece far apprezzare al consumatore quello che di
volta in volta si è in grado di offrirgli. La tendenza è quindi di cercare di adattare
il consumatore al prodotto, invece di modificare il prodotto secondo le
richieste del pubblico. Questa via è già stata percorsa da altri prodotti
agricoli: oggi sembra del tutto naturale considerare giustificato il prezzo
esorbitante di alcuni tipi di vino prodotti in piccola quantità in zone
ristrette e tutti concordano nel considerarli di altissima qualità. Oltre al
vino, formaggi, salumi, olio d'oliva sono altri esempi di prodotti per cui sono
già riusciti, o sono in corso, tentativi di valorizzazione attraverso sistemi
che premiano la tipicità rispetto all'uniformità.
Un esempio di applicazione
dell'analisi sensoriale nel campo della valorizzazione è l'uso che se ne fa
nell'ambito dei marchi di qualità e di origine collettivi (che abbracciano cioè
un “paniere” di vari prodotti della stessa zona di origine). I concorsi di
qualità per miele sono un altro mezzo promozionale che fa largo uso
dell'analisi sensoriale per la valutazione finale del prodotto.
L'analisi sensoriale, oltre a essere
un mezzo tecnico di valutazione della qualità usata in iniziative di
valorizzazione, può essere utilizzata anche a fini puramente promozionali. Lo
sforzo per educare il consumatore a riconoscere e apprezzare le differenze tra
un miele e l'altro è senz'altro uno dei migliori sistemi di promozione e
valorizzazione, dato che per l'utilizzatore finale la valutazione sensoriale è
l’unico mezzo di giudizio delle qualità intrinseche del prodotto.
Infine, un aspetto spesso
sottovalutato riguarda l'effetto promozionale che l'attività stessa di analisi
sensoriale del miele può rappresentare, indipendentemente dall'oggetto a cui si
applica. Il miele viene inteso dal consumatore come "fatto dalle api"
e spesso sfugge l'altra componente fondamentale della sua origine, quella botanica.
Per questo la nozione di miele uniflorale, con le sue infinite variazioni, non
è di dominio comune. Quando, in qualsiasi circostanza, il pubblico ha
l’opportunità di venire a conoscere l'esistenza di un’analisi sensoriale
applicata al miele, il messaggio sulle diversità esistenti tra i vari tipi di
prodotto viene immediatamente assimilato e questo non può essere che positivo.
CAPITOLO 10
L'ASSAGGIATORE
1. Ruolo dell'esperto
Alla luce delle informazioni
riportate nella parte generale, il tradizionale ruolo del cosiddetto esperto
nell'analisi sensoriale deve essere senz'altro ridimensionato. L'esperto non
può dare giudizi rappresentativi delle preferenze del consumatore in quanto i
suoi gusti sono modificati dall'uso che, per professione, fa dei suoi sensi. Il
suo giudizio nelle valutazioni discriminative e descrittive non può essere
preso isolatamente, ma interpretato assieme a quello di altre persone
ugualmente addestrate, a causa delle numerose variabili che possono essere
controllate solo grazie alla ripetizione delle prove e all'interpretazione
statistica. Alcuni autori suggeriscono inoltre che le persone da utilizzare per
questo tipo di prove devono essere addestrati per gli aspetti sensoriali, ma
non troppo esperti dal punto di vista tecnico sul prodotto specifico da
valutare, in quanto le loro conoscenze, per esempio sui processi di lavorazione
che determinano una certa caratteristica, possono deformare la loro percezione.
Questa affermazione trova continue conferme durante i corsi di addestramento
all'analisi sensoriale del miele, quando allievi con poche conoscenze tecniche
appaiono più sensibili alle differenze e memorizzano più velocemente certe
caratteristiche rispetto a apicoltori esperti, per i quali l'insieme delle
conoscenze, ma anche di preconcetti, e l'abitudine al consumo di miele danno
adito a un'immagine sensoriale molto meno contrastata.
Gli esperti e il tipo di valutazioni
sensoriali che questi possono dare debbono quindi essere definitivamente
seppelliti? Certamente no, perchè nella maggior parte delle situazioni pratiche
il giudizio dell'esperto (o di un piccolo gruppo di esperti) è l'unico al quale
si possa ricorrere ed è comunque meglio usufruire di una forma di controllo
imperfetta che di nessuna. Occorre però avere sempre in mente quali sono i
limiti di questo tipo di tecnica e cercare di applicare, in ogni occasione in
cui sia possibile, i metodi moderni che hanno una base teorica e sperimentale
più sicuramente provata. L'analisi sensoriale del miele oggi si deve dunque
basare su persone che abbiano conoscenze di fisiologia, psicologia e metologia
sensoriale, addestrati a riconoscere certe caratteristiche del miele e a
differenziare prodotti simili, ma che abbiano anche quelle conoscenze del
prodotto indispensabili per produrre una valutazione integrata di tutte le
caratteristiche percepite e un'ampia esperienza sensoriale, necessaria per
poter memorizzare stabilmente gli standard di riferimento per un giudizio di
rispondenza al tipo. Dei veri esperti insomma, ma che non abbiano la
presunzione di poter esprimere, con un solo assaggio, un giudizio sensoriale di
validità assoluta.
2. Requisiti dell'assaggiatore di
miele
E' comune il pensiero che un
assaggiatore debba essere una persona dotata di sensibilità olfattiva e gustativa
superiori alla media. In realtà, nella maggior parte dei casi, la sensibilità
effettivamente dimostrata dagli assaggiatori dipende molto di più
dall'addestramento che non dalla dotazione genetica. Le variazioni di
sensibilità tra un individuo e l'altro possono essere anche molto grandi, ma i
casi di completa anosmia (incapacità di sentire gli odori) o ageusia
(incapacità gustativa) sono rari. A tutti, o a quasi tutti, è possibile
percepire qualcosa e la capacità discriminatoria del precepito può essere
affinata con l'addestramento. Ma è indubbio che una sensibilità almeno media è
una base di partenza indispensabile per dare buoni risultati. In ogni caso non
c'è modo di verificare la propria sensibilità se non mettendosi alla prova e
solo con l'esercizio e il confronto dei propri risultati con quelli degli altri
assaggiatori è possibile scoprire eventuali ridotte sensibilità verso odori
ricorrenti nel miele (anosmie specifiche). Raffreddori cronici e sinusiti
riducono sensibilmente l'olfatto. La presenza di protesi dentarie non permette
un'adeguata valutazione delle caratteristiche tattili; varie affezioni del cavo
orale e una scarsa igiene orale producono un'alterata percezione delle
sensazioni olfatto/gustative. Disturbi metabolici quali il diabete non
permettono di assumere le quantità necessarie del prodotto da provare.
Ovviamente anche chi presentasse una particolare avversione per il miele
troverebbe difficoltà a diventarne assaggiatore.
Tra i requisiti di base
dell'assaggiatore vi è anche la capacità di ragionamento, in quanto la
valutazione sensoriale è, prima di tutto, un lavoro intellettuale. Altra
caratteristica necessaria è la capacità di restare applicati in questo lavoro
intellettuale per periodi anche prolungati senza perdere la necessaria
concentrazione. Questa abilità sarà duramente messa alla prova, soprattutto
durante la fase di addestramento.
Una base culturale media o
medio-alta è indispensabile per acquisire tutte le informazioni necessarie
all'analisi sensoriale vera e propria e quelle relative al prodotto, nonché per
capire a fondo i meccanismi dei sistemi di valutazione e utilizzare in maniera
corretta i termini dell'analisi descrittiva.
La possibilità di continuare a
esercitarsi, anche al di fuori delle occasioni appositamente organizzate,
risulta fondamentale per mantenere in memoria gli standard di riferimento e
aumentarne progressivamente il numero e le sfumature.
La valutazione sensoriale è a volte
un compito molto difficile, faticoso, noioso e soprattutto frustrante; in questi
casi l'assaggiatore non sufficientemente motivato getta la spugna e emette
valutazioni affrettate, poco o per niente pertinenti. Alle doti del buon
assaggiatore si aggiunge quindi una buona dose di autocritica e la correttezza
morale, o come altro si voglia chiamare quel senso del dovere o di rispetto nei
confronti di chi si affida al suo giudizio, così da mantenere il necessario
atteggiamento di serietà e concentrazione, o almeno, nelle situazioni meno
favorevoli, da riconoscere i propri limiti. Si ricorda che molto difficilmente
la motivazione principale dell'assaggiatore potrà essere di tipo economico.
Alle doti di base qui illustrate si
aggiungono poi le capacità che vengono acquisite con l'addestramento (cap. 11)
e una disponibilità generale a seguire le raccomandazioni che la tecnica stessa
impone (§ 3).
3. La disciplina
Dalle conoscenze sul funzionamento
dei sensi si deduce la forte influenza esercitata dalle condizioni in cui
avviene la valutazione. L'assaggiatore può essere considerato come uno
strumento di misura vivente ed è pertanto di estrema importanza che egli
conosca le possibili cause della variabilità delle sue risposte (vedi cap. 8)
per poterle utilizzare al meglio. Questi concetti vengono di seguito riassunti
sotto forma di codice di comportamento generale, la cui importanza risulta
evidente se si pensa che, quando l'assaggiatore lavora solo, è l'unico giudice
di se stesso.
Regole
generali:
1. Cercare di applicare, ogni volta
che sia possibile, metodi che utilizzino più assaggiatori.
2. Operare in situazioni in cui le
condizioni di lavoro diano sufficienti garanzie di obiettività; in altre
parole, utilizzare nella maniera più rigorosa il metodo proposto nel paragrafo
successivo.
3. Astenersi dal giudicare campioni
sui quali possano pesare influenze esterne.
4. Limitare l'analisi sensoriale in
funzione delle proprie effettive capacità
e competenza.
5. Astenersi dall'analisi sensoriale
quando non si è in condizioni fisiche o psichiche ottimali.
6. Mantenere un atteggiamento di
responsabilità nei confronti del compito che si sta svolgendo: il giudizio
espresso non è fine a se stesso, ma ha delle conseguenze, piccole o grandi che
siano.
7. Assicurasi, nei limiti del
possibile, che i giudizi espressi vengano utilizzati correttamente e nei limiti
di attendibilità propri di questo tipo di analisi.
Prima
dell'assaggio:
1. Non fare assaggi nell'immediato
dopo pasto. Il senso di saturazione può modificare le percezioni.
2. Non fumare, non consumare caffé,
bevande alcoliche o aromatiche, dolci e altri alimenti con gusto forte e non
usare dentifrici e colluttori fortemente aromatizzati e medicati nei 30 minuti
che precedono l'assaggio.
3. Non usare prodotti da toilette
(profumi, dopobarba, deodoranti, saponi, cosmetici diversi) fortemente
profumati nei giorni in cui si esegue una seduta di degustazione.
Durante
la seduta di degustazione:
1. Lavorare singolarmente, non
parlare con i colleghi e non fare commenti ad alta voce.
2. Tenere un atteggiamento che non
perturbi la propria concentrazione e quella dei colleghi.
3. Leggere attentamente le
istruzioni o ascoltare le istruzioni dell'animatore della riunione per capire a
fondo il compito da svolgere. Non esitare a porre domande per chiarire i punti
oscuri.
4. Non cercare di indovinare la
"risposta giusta", ma sforzarsi di analizzare le sensazioni
percepite. Nella valutazione descrittiva una "risposta giusta" non
esiste a priori; la ricerca di un'immagine sensoriale riproducibile è
l'obiettivo della valutazione stessa.
5. Cercare di eliminare i pregiudizi
e analizzare solo le sensazioni, non ciò che si pensa o si crede del campione.
CAPITOLO 11
LA FORMAZIONE DELL'ASSAGGIATORE
1. Fasi dell'addestramento
La degustazione del miele è
essenzialmente una disciplina pratica, nella quale ha massima importanza
l'esperienza. ‘E’ nondimeno
necessaria una serie di informazioni teoriche per arrivare a esprimere giudizi
integrati di qualità che sono, nella maggior parte dei casi, l'obiettivo
ricercato nell'analisi sensoriale del miele.
L'esperienza francese nel campo
della formazione dei degustatori e quella successiva italiana (vedi cap. 9, §1)
hanno permesso di mettere a punto un sistema standardizzato, seppur in
evoluzione, attualmente utilizzato per la formazione degli assaggiatori che
accedono all'Albo nazionale. Il sistema proposto è basato su due corsi di 4
giorni ciascuno, che il futuro assaggiatore deve seguire a non meno di un anno
uno dall'altro (figura I). Non è previsto nessun requisito particolare per
l'iscrizione al primo corso (se si eccettua la disponibilità a seguire
diligentemente il corso per tutta la sua durata), dato che, per quanto possa
essere carente la dotazione di base, non esistono situazioni in cui non si
possa migliorare il proprio livello di attenzione sensoriale e le proprie
conoscenze di base. Al corso di formazione vengono fornite le informazioni
teoriche sul miele, sulla fisiologia e sulla metodologia dell'analisi
sensoriale ritenute indispensabili. Più della metà del corso è inoltre
riservata a prove pratiche di addestramento che hanno le stesse finalità
illustrate nella II parte, capitolo 8, § 3, ma più direttamente mirate al
miele. Queste possono essere riassunte come segue:
- familiarizzarsi con i propri sensi; imparare a valutare le
proprie percezioni senza l'ausilio del contesto abituale (per esempio
riconoscere una sostanza solo dall'odore, senza l'aiuto della vista e del
gusto);
- familiarizzare con il vocabolario specifico dell'analisi
sensoriale del miele;
- memorizzare le caratteristiche olfattive e gustative di
riferimento dei principali mieli uniflorali;
- memorizzare altri riferimenti che verranno poi utilizzati
nell'analisi descrittiva (difetti, caratteristiche visive e tattili);
- imparare a riconoscere questi riferimenti in miscele
complesse;
- imparare a quantificare le proprie percezioni;
- imparare ad usare i sistemi di giudizio oggi attualmente
in uso;
- comparare le proprie percezioni con quelle degli altri per
giungere a utilizzare in maniera uniforme il vocabolario e le scale di giudizio.
L'esperienza pratica, oltre che
permettere di raggiungere gli scopi sopra elencati, consente di comprendere
meglio e di fissare nella memoria gli aspetti teorici. Il corso fornisce al
futuro assaggiatore un metodo di lavoro e una prima serie di riferimenti
pratici: questi però non possono stabilmente fissarsi nella sua memoria con le
poche ripetizioni che il corso gli dà modo di sperimentare, né tantomeno
possono essere considerati gli unici riferimenti esistenti. Il futuro
assaggiatore deve fare da solo la maggior parte del lavoro. Dopo il corso di
introduzione si suppone che l'ex-allievo, appassionatosi all'argomento e
scoperto un nuovo universo, sfrutti tutte le occasioni che gli si presentano
per degustare miele, arricchendo via via il suo "archivio" personale
di nuovi riferimenti e definendo meglio le diverse sfacettature. E' quindi
indispensabile che il futuro assaggiatore abbia numerose occasioni di provare
mieli diversi. Quanto maggiore sarà il numero di riferimenti archiviati in
memoria, tanto più fine sarà la sua capacità di discriminare. Quanto più ampia,
in termini di diversità nell'origine e nelle caratteristiche dei riferimenti,
sarà la sua esperienza, tanto più allargata sarà la sua competenza.
Nel corso di secondo livello (di
perfezionamento), al quale può accedere solo chi ha seguito, almeno un anno
prima, un corso di introduzione, vengono svolte prove pratiche in numero quasi
doppio rispetto al corso di primo livello. La frequenza a questo corso permette
al quasi-assaggiatore di verificare il livello di competenza raggiunto e di
ritarare i propri standard con quelli degli altri corsisti. Al termine del
corso, nel caso abbia superato con profitto le prove proposte, e previo un
accertamento delle sue conoscenze tecniche sul prodotto, l'allievo può accedere
all'iscrizione all'Albo Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale del
Miele. Ovviamente si suppone che l'iscrizione all'Albo non sia un traguardo, ma
piuttosto un punto di partenza per migliorare ancora la sua competenza. Allo
scopo vengono organizzate sedute di aggiornamento cui gli assaggiatori devono
partecipare in quanto si tratta di una condizione necessaria per mantenere
l'iscrizione all'Albo.
2. Prove pratiche dei corsi di
addestramento
Nei corsi di addestramento vengono
proposti degli esercizi e dei test con finalità didattiche e di verifica
(questo solo nel corso di perfezionamento). Di seguito vengono illustrati i più
comuni:
Prova dei 4 sapori: viene
utilizzata generalmente in analisi sensoriale per la selezione dei degustatori
sulla base della loro sensibilità gustativa. Nel corso di introduzione questa
prova non dà adito ad alcuna selezione, ma viene piuttosto proposta ai corsisti
come test per familiarizzarsi con i propri sensi, utilizzando sensazioni che
presumibilmente tutti conoscono e per esprimere le quali non dovrebbero
esistere problemi di vocabolario. La prova consiste nel presentare alcune
soluzioni contenenti piccole quantità di sostanze dotate di sapore dolce
(saccarosio), salato (cloruro di sodio), acido (acido tartarico o citrico) e
amaro (chinino cloridrato o caffeina). Le soluzioni vengono presentate in
maniera anonima e alternate ad acqua oligominerale con contenuto totale di
ceneri inferiore a 100 mg/l (la stessa utilizzata per la preparazione delle soluzioni).
I soggetti devono assaggiare le soluzioni e annotare su una scheda di lavoro
individuale la loro valutazione (acqua pura o uno dei sapori e quale). La prova
è preceduta da una serie di soluzioni di riferimento (acqua pura e soluzioni
delle diverse sostanze a concentrazioni sicuramente percepibili) ed è seguita
dalla comunicazione dell'identità delle soluzioni provate e da una breve
discussione sui risultati.
Prova olfattiva su odori
conosciuti: anche questo esercizio viene proposto soprattutto per
permettere ai corsisti di familiarizzare coi meccanismi dell'analisi
sensoriale. In particolare, questa prova porta gli allievi a cimentarsi nel
riconoscimento di una percezione olfattiva che si suppone già familiare, senza
l'aiuto del contesto in cui questo riconoscimento viene fatto abitualmente.
Inoltre si stimola la creatività verbale chiedendo loro di descrivere gli odori
per i quali non riescono a trovare una corrispondenza esatta. La prova serve
anche per illustrare alcuni riferimenti, presentando esempi di odori che
rientrano in alcune delle grandi categorie comuni anche nel miele (floreale,
fruttato, speziato, agrumato, ecc.). Gli odori, costituiti da sostanze chimiche
pure, estratti naturali o sintetici, sono presentati su un supporto neutro in vasi
di vetro scuro. I corsisti devono indicare su una scheda individuale il
prodotto al quale si riferiscono e, in mancanza di un'identificazione precisa,
una descrizione per similitudine o categoria. Si procede alla comunicazione
dell'identità delle sostanze e alla discussione dei risultati ogni 4-6 prove.
Memorizzazione degli odori di
alcuni mieli uniflorali: alcuni mieli uniflorali, tra quelli più importanti
e dotati di odori più caratteristici, vengono presentati allo stato liquido, a
temperatura leggermente superiore a quella ambiente (25-30° C), in bicchieri
scuri (figura II). I campioni sono fiutati ma non possono essere assaggiati.
Per ognuno si procede ad una descrizione libera da parte dei partecipanti
dell'intensità percepita e della qualità, attraverso similitudini e
aggettivazioni che ogni partecipante annota su un proprio quaderno; l'animatore
annota su un foglio di lavoro comune una descrizione che trovi il consenso
della maggior parte dei partecipanti. Solo dopo che la descrizione ha una forma
pressoché completa si comunica l'origine botanica del miele e si completano le
annotazioni con eventuali altre aggettivazioni usuali per la categoria di miele
in esame.
Memorizzazione delle
caratteristiche olfattive e gustative dei principali mieli uniflorali:
viene presentato un campione per ognuno dei principali mieli uniflorali
italiani (normalmente se ne presentano 18), in bicchiere a pallone, nello stato
fisico in cui si trovano naturalmente (figura III). I campioni vengono valutati
secondo la tecnica descritta nel capitolo 12, prestando particolare attenzione
alle caratteristiche olfattive e gustative in quanto più tipiche per ogni tipo
di miele e più difficilmente memorizzabili rispetto a quelle visive e tattili.
Si procede come per la prova di memorizzazione olfattiva, fornendo anche alcune
informazioni sulle caratteristiche produttive dei mieli presentati. Al termine
della serie dei 18 mieli si presentano in genere anche alcuni altri mieli
uniflorali caratteristici, ma prodotti in maniera più occasionale. Secondo la
disponibilità e l'interesse degli allievi, si presentano a volte anche campioni
della stessa origine botanica ma di origine geografica diversa, in cui le
caratteristiche distintive, facilmente riconoscibili, siano tipiche della zona
d'origine. Le prove di memorizzazione sono alla base degli esercizi di
riconoscimento e forniscono agli allievi un primo esempio dei riferimenti
uniflorali che poi il futuro assaggiatore dovrà costruirsi con l'esercizio.
Prova di riconoscimento olfattivo
dei mieli uniflorali: alcuni mieli uniflorali vengono presentati come nella
prova di memorizzazione degli odori; l’allievo, sulla base dei riferimenti
memorizzati nelle prove precedenti, deve riconoscerli solo attraverso le
caratteristiche olfattive. Si usano in genere gli stessi campioni usati nelle
prove precedenti; a volte si inseriscono delle ripetizioni per scoraggiare la
tentazione di indovinare. Le risposte vengono scritte su schede di lavoro
individuali.
Prova di riconoscimento olfattivo
e gustativo dei mieli uniflorali: alcuni mieli uniflorali vengono
presentati in bicchieri a palloncino e devono essere riconosciuti sulla base
delle caratteristiche olfattive e gustative. Per scoraggiare i tentativi di
riconoscerli sulla base delle caratteristiche visive e tattili vengono
presentati in forma fisica diversa rispetto ai riferimenti (per esempio
liquido, se il riferimento era cristallizzato) o anche prelevati da lotti
diversi in cui le caratteristiche distintive della categoria siano comunque a
livelli simili rispetto ai riferimenti. Possono essere inserite delle
ripetizioni. Le prove di riconoscimento servono, nel primo corso, più che per
la verifica di una memorizzazione che non può ancora essersi stabilizzata, come
ulteriore occasione didattica. I corsisti possono utilizzare i loro appunti e
possono così verificare l'utilità o meno delle loro descrizioni; la
degustazione in situazione di test permette loro di apprezzare caratteristiche
che non erano state notate al primo passaggio e migliorare così la memorizzazione.
Ogni differenza di percezione, dovuta al diverso modo di presentazione o alle
condizioni psicologiche dell'allievo, è occasione di apprendimento sui
meccanismi di analisi sensoriale.
Prova di riconoscimento di mieli
uniflorali in miscela: si tratta ancora una volta di riconoscere mieli
uniflorali attraverso le caratteristiche olfattive e gustative, ma su miscele
di miele in cui la componente botanica ricercata costituisce solo una parte del
prodotto. Le miscele sono composte da un miele di base, che viene presentato
come riferimento, e una certa percentuale (piccola o grande, a seconda della
forza aromatica della base e di quella del miele uniflorale) di un miele
uniflorale memorizzato. La prova è resa difficile dall'interferenza della base
che può mascherare le caratteristiche qualitative del miele uniflorale da
riconoscere.
Prove discriminative: vengono
usati alcuni tipi di test descriminativi, tra i quali il test triangolare è
quello adottato più frequentemente (vedi anche cap. 8, § 7). In ogni test
vengono presentati 3 campioni, di cui due uguali e uno diverso: l'allievo deve
identificare la coppia uguale e può, come compito aggiuntivo, sforzarsi di
identificare i riferimenti memorizzati presenti nei campioni. I campioni sono
in genere costituiti da miscele in cui almeno uno dei marcatori è costituito da
un miele uniflorale memorizzato. A volte non ci sono marcatori conosciuti e la
prova serve anche per presentare nuovi riferimenti. I due campioni uguali, in
questo caso, possono non esserlo completamente, nel senso che pur essendo stati
presi dallo stesso lotto o composti con miscele identiche, spesso non vengono
presentati nello stesso identico stato fisico. Il campione diverso è scelto (o
formulato) in modo da avere caratteristiche olfattive e gustative simili agli
altri due, ma è costituito da prodotti di origine botanica completamente
differente. Le sue caratteristiche di apparenza e tattili lo rendono simile
agli altri due. I campioni non possono essere confrontati contemporaneamente,
nel senso che ogni campione viene presentato solo dopo che il precedente è
stato ritirato. La prova quindi obbliga l'allievo a discriminare i campioni
solo sulla base delle caratteristiche olfattive e gustative che devono essere
memorizzate anche se per breve tempo. Permette inoltre all'allievo di scoprire
quanto e come la propria percezione possa essere modificata dalla diversa
presentazione dei campioni e dalle altre pressioni psicologiche cui è
sottoposto durante il test e rappresenta un ulteriore passaggio per la
memorizzazione di alcuni mieli uniflorali.
Prova di memorizzazione di alcuni
difetti comuni nel miele: vengono proposti, nell'ambito delle prove di
discriminazione o in momenti diversi, prodotti che presentano naturalmente dei
difetti o in cui siano stati prodotti ad arte. Questi costituiscono altri
riferimenti che l'assaggiatore deve usare nell'attività di valutazione.
Prova edonistica: viene
proposta almeno una prova edonistica, normalmente sulle caratteristiche di
presentazione (cristallizzazione) di uno stesso lotto di miele, per illustrare
l'importanza di questo tipo di prove per la valutazione della qualità globale
del miele e come introduzione alla descrizione di alcuni aspetti teorici e
pratici delle tecniche di lavorazione del miele. Si chiede agli allievi di
comportarsi da consumatori (per quanto tecnici, la maggior parte consuma miele
anche in casa) e di dare il loro parere personale (in forma di preferenza o
valutazione su una scala edonistica).
Prove sulle scale di valutazione
in uso: al termine del corso, dopo l'illustrazione delle scale di
valutazione oggi in uso per il miele e il loro utilizzo su un campione di prova
in maniera collegiale, vengono in genere giudicati, in maniera anonima, alcuni
campioni portati dai partecipanti stessi, simulando una situazione di concorso.
CAPITOLO 12
IL METODO
La messa a punto di un metodo comune
ha la finalità di ridurre al massimo la variabilità derivante dai diversi
fattori esterni che possono influenzare la degustazione e il giudizio dell'assaggiatore.
1. L'ambiente
L'analisi sensoriale deve essere
condotta in situazioni in cui l'assaggiatore possa concentrarsi e sottrarsi
alle influenze psicologiche che la presenza di estranei può provocare. Basta
immaginare come si può sentire un assaggiatore che deve giudicare un miele in
presenza del produttore. La sala quindi deve essere riservata alla degustazione
e sufficientemente isolata dai rumori esterni.
La sala di degustazione deve avere
una temperatura compresa tra 20 e 22° C, un'umidità relativa di circa 60 % e
un’illuminazione sufficiente (200-400 lux) e neutra dal punto di vista della
percezione dei colori (illuminazione diurna o con lampadine a incandescenza).
Non debbono esserci odori estranei e il sistema di aerazione deve garantire i
requisiti appena esposti. Per le sedute di addestramento e per le valutazioni
che richiedono discussione tra i partecipanti si possono utilizzare sale
polifunzionali con pareti e mobilia bianchi o di colore pastello, con tavoli di
lavoro ampi e sedie confortevoli. Se i tavoli hanno un colore che può
disturbare l'analisi sensoriale o non possono essere facilmente lavati, vengono
coperti con tovaglie bianche. Si allestisce la sala in modo che quanto
necessario (acqua, bicchieri, tovaglioli, mele, piatti, coltelli, penne,
schede) sia a portata di mano. Per le prove di valutazione vere e proprie, in
cui è consigliabile la separazione fisica dei degustatori, generalmente si
ricorre a sale specifiche di degustazione dotate di cabine individuali, in cui
ogni assaggiatore ha a disposizione, nel proprio box, tutto il necessario
(figura IV).
2. Presentazione del campione
La presentazione del campione è
ugualmente importante. Nella tecnica messa a punto da Gonnet e Vache (1981) si
suggerisce l'uso di un bicchiere a palloncino, dotato di gambo e piede, della
capacità di 160 ml, in cui il miele da testare viene trasferito nella quantità
di 30 - 40 grammi (figura V). La presentazione nel bicchiere ha numerosi
vantaggi: innanzitutto si uniforma la maniera di presentazione, in quanto i
vasi originali possono non essere di uguale foggia, capacità e livello di
riempimento; si elimina ogni possibilità di identificazione del campione da
parte dell'assaggiatore attraverso le modalità di presentazione; la percezione
degli odori è migliorata dalla forma della coppa, che avendo una bocca di
diametro inferiore alla effettiva superficie di evaporazione delle molecole
volatili, ne favorisce l'accumulo nell'aria inspirata; la presenza del piede
permette di maneggiare il campione senza ostacolare l'esame visivo e senza
conferire al recipiente l'odore delle mani o cambiarne la temperatura di
presentazione.
L'uso del bicchiere presenta però
anche alcuni svantaggi per la valutazione delle caratteristiche visive e, in
misura minore, tattili. Il trasferimento del miele dal vaso originario al
bicchiere può, per esempio, non distribuire uniformemente nei sottocampioni
forniti agli assaggiatori le eventuali impurezze presenti; la manipolazione dei
mieli liquidi o pastosi può introdurre bolle d'aria non presenti nel campione
originario; la manipolazione di mieli cristallizzati in maniera compatta
provoca sempre, per quanto si presti attenzione, dei cambiamenti più o meno
importanti nella struttura cristallina e i sottocampioni risultano tra loro
disomogenei, a seconda che siano stati prelevati dalla superficie o meno; per i
mieli con separazione di fasi o anche solo disomogenei il preparatore deve
decidere se mescolare il miele prima di travasarlo, annullando così la
disomogeneità o fornire dei sottocampioni diversi uno dall'altro. Per questo si
preferisce, per le analisi sulla qualità globale, procedere a una doppia
valutazione, sul vaso originale reso anonimo per le caratteristiche visive, nel
bicchiere per le altre (figura VI). Quando non sia possibile rendere anonima la
confezione originale (per esempio in sede di controllo) l'analisi sensoriale
viene effettuata soltanto sul miele posto nel bicchiere; solo una volta
formulato il giudizio riguardo alle caratteristiche olfattive, gustative e tattili,
gli assaggiatori potranno completare la valutazione sugli aspetti visivi
esaminando il vaso originale.
Per le valutazioni di qualità il
miele viene esaminato nelle condizioni in cui si presenta (liquido o
cristallizzato), in quanto lo stato fisico fa parte della qualità sensoriale
del prodotto. In situazioni particolari, durante l'addestramento o quando si
voglia valutare la similitudine delle caratteristiche olfattive e gustative, i
diversi prodotti possono essere portati allo stesso stato fisico (liquido).
Alcuni autori suggeriscono di valutare le caratteristiche olfatto/gustative
diluendo il prodotto con acqua: in effetti questa operazione permette di
isolare meglio, a livello di percezione, le caratterisitche
olfattive/aromatiche dalla base fortemente zuccherina.
3. Tecnica di degustazione
Una completa analisi sensoriale
comporta tre fasi successive in cui il prodotto viene, nell'ordine, guardato,
annusato e portato alla bocca, in analogia alla normale sequenza di approccio
al cibo.
Per prelevare il miele da assaggiare
si utilizza una spatola di plastica neutra, rigida, sufficientemente lunga e
della capacità di un normale cucchiaino da caffé.
Si osserva il miele, nella
confezione originale e/o nel bicchiere, (figure VII e VIII) per valutare le
caratteristiche di apparenza: aspetto generale (stato fisico), presenza di
impurità, omogeneità o limpidità (per i mieli liquidi), colore, aspetti visivi
legati alla cristallizzazione. Occorre ricordare che si tende naturalmente a
sovrastimare l'importanza degli aspetti visivi, tanto che le successive
valutazioni possono esserne pesantemente influenzate. In alcuni casi (durante
l'addestramento) si preferisce eliminare l'influenza delle caratteristiche
visive mascherandole; l'assaggiatore addestrato, che è chiamato a dare un
giudizio globale e quindi a tenerle in considerazione, deve cercare di non
autosuggestionarsi.
L'odore viene valutato dopo aver
distribuito il miele sulla superficie del bicchiere, ruotando il bicchiere
stesso o con l'aiuto della spatola in plastica (lasciandone almeno una parte
nella sua forma originale, per poterne poi apprezzare le caratteristiche di
consistenza). Si "fiuta" moderatamente per 1 - 2 secondi,
all'imboccatura del bicchiere: con rapide inspirazioni in sequenza si cerca di
indirizzare il flusso d'aria verso la parte alta delle cavità nasali dove ha
sede la mucosa olfattiva (figura IXa). Passato questo tempo i recettori
olfattivi sono già adattati allo stimolo e occorre lasciar passare 5 - 20
secondi o più, prima di poter percepire di nuovo l'odore in tutta la sua forza.
Gli odori del miele non sono, in alcuni casi, molto intensi. Quando ci sono
difficoltà di percezione si può aumentare la quantità di molecole che si
liberano dalla superficie del prodotto con un leggero riscaldamento, prodotto
con le mani sulla superficie esterna del bicchiere (figura IXb). Nelle
valutazioni comparative è comunque bene valutare i campioni nelle stesse
situazioni e il riscaldamento con le mani rischia di non essere uniforme, oltre
a poter conferire un odore estraneo al bicchiere. Le sensazioni olfattive
vengono valutate in termini di intensità e qualità. Una volta che il miele è
stato portato alla bocca non è più possibile percepire gli odori per via nasale
diretta, in quanto la mucosa olfattiva viene saturata dagli odori che si
liberano in bocca e che la raggiungono per via retronasale. Istintivamente si
tende a dare poca importanza alle sensazioni olfattive e si cerca
immediatamente di confermare con il gusto le labili impressioni percepite:
l'assaggiatore esperto invece impara presto come il naso possa avere un potere
di discriminazione anche superiore alle sensazioni di bocca, in quanto meno
complesse di queste ultime.
Si prelevano quindi 1 o 2 grammi di
miele (figura X) che vengono portati alla bocca, insalivati, disciolti e
lentamente deglutiti in modo da percepirne il gusto, gli aromi e le altre
eventuali sensazioni di bocca (figura XI). La bocca infatti è la sede dove si
formano diversi tipi di sensazioni: la terminologia inglese e francese indicano
rispettivamente con il nome di flavour
e flaveur l'insieme delle sensazioni
chimiche di bocca (gusto, aroma percepito per via retronasale e sensibilità
chimica indifferenziata). Questa definizione è molto comoda dal punto di vista
operativo, perché in effetti questo gruppo di sensazioni rappresentano un
tutt'uno dal punto di vista della percezione. In italiano si usa, per esprimere
lo stesso concetto, il termine di sensazioni olfatto/gustative o
gusto/olfattive. La componente tattile è invece esclusa da questa definizione e
anche a livello pratico occorre sempre differenziare la parte di origine
meccanica.
La bocca è la sede in cui si formano
anche le sensazioni tattili e somestesiche in genere. Vengono percepite in
contemporanea con quelle gusto/olfattive e tendono spesso ad attirare
l'attenzione più di queste (per esempio in mieli cristallizzati
grossolanamente). E' buona norma per l'assaggiatore concentrarsi sugli aspetti
chimici delle sensazioni di bocca al primo assaggio e riprendere eventualmente
una seconda piccola quantità di prodotto per valutarne le caratteristiche
tattili. Questo perché i sensi chimici si saturano più velocemente e occorre
aspettare almeno 15 - 60 secondi per ripristinarne la sensibilità. La
valutazione della consistenza e delle altre caratteristiche tattili viene fatta
schiacciando e impastando il prodotto tra lingua e palato. Si possono così
valutare le caratteristiche di consistenza, di adesività, le dimensioni dei
cristalli, la loro forma e consistenza, la loro solubilità.
Tra un miele e l'altro occorre
aspettare qualche minuto; quando se ne sente la necessità ci si può riposare la
bocca mangiando un pezzetto di mela succosa e leggermente acidula, ma non
acerba o astringente, e/o bevendo acqua (sarebbe meglio solo sciacquare la
bocca, per evitare il senso di sazietà conseguente allo stiramento delle pareti
dello stomaco). Il numero di campioni da valutare per ogni seduta deve comunque
essere limitato: in genere non più di 15 - 20. Questo dipende molto però dalla
resistenza alla fatica intellettuale degli assaggiatori e dalle loro
motivazioni. Per alcuni la saturazione avviene molto prima; nelle sedute di
addestramento, in cui per necessità si devono assaggiare molti campioni in
pochi giorni, si cerca di superare il problema consigliando di consumare solo
piccole quantità di miele, proponendo frequenti brevi intervalli e cercando di
mantenere alto l'interesse per il compito da svolgere con un'opportuna
programmazione delle prove.
CAPITOLO 13
L'ANALISI DESCRITTIVA
Il primo obiettivo dell'assaggiatore
di miele è quello di riuscire a fornire una descrizione del prodotto che lo
rappresenti bene in termini di precisione e di riproducibilità. Questa
descrizione che si può definire neutra, in quanto non le viene attribuito un
valore qualitativo o di preferenza specifico, è alla base dell’obiettivo
finale: il giudizio integrato di qualità e di rispondenza agli standard. In
questo capitolo e nei successivi vengono illustrati i diversi elementi che
possono essere valutati in un miele; ma, ancora una volta, essendo l'analisi
sensoriale una disciplina di tipo pratico, queste righe possono solo
contribuire a uniformare il metodo di lavoro e i termini, non sostituitrsi
all'esercizio.
1. Caratteristiche visive
Cronologicamente, la prima
valutazione viene fatta sugli aspetti visivi o di apparenza.
Impurezze: la presenza di
piccoli (o grandi) corpi estranei nel miele è una delle caratteristiche più
evidenti. L'esame del miele nel vaso originario (per il miele confezionato) si
rende indispensabile per valutare correttamente la presenza di impurità: queste
si concentrano abitualmente in superficie (piccoli pezzi di cera, frammenti di
insetti) e sono visibili all'apertura del vaso sotto al coperchio o sulla
superficie del miele e sul fondo (particelle minerali o metalliche). Sono più
chiaramente visibili nei mieli liquidi e chiari, ma questa tendenza a migrare
in periferia permette di identificarle anche nella maggior parte dei mieli
cristallizzati. Sempre in superficie si possono trovare tracce più o meno
evidenti di schiuma, dovute a bolle d'aria inglobate durante una fase qualsiasi
della lavorazione, che si raccolgono in superficie o dovuto a processi
fermentativi che producono anidride carbonica (vedi anche cap. 4).
Aspetto generale
(liquido/cristallizzato/limpidità/omogeneità): l'aspetto generale del miele è
determinato dal suo stato fisico, che è liquido al momento della produzione e
successivamente, nella maggior parte dei mieli conservati a temperatura
inferiore a 25° C, diviene cristallizzato. Un miele liquido non è mai del tutto
limpido e brillante, in quanto contiene disperse particelle solide invisibili a
occhio nudo che gli conferiscono una leggerissima torbidità. Questa varia molto
a seconda del tipo di miele e della quantità globale di sedimento contenuta. Ci
sono mieli che contengono naturalmente particelle solide di varia natura e che
per questo sono sempre più o meno opachi; ne sono un esempio il miele di Erica arborea e alcune melate come
quella di quercia. I mieli che contengono una quantità particolarmente elevata
di polline (mieli di pressatura) possono essere ugualmente torbidi. Un'altra
possibile causa di torbidità che può verificarsi nei mieli liquidi appena
estratti è la presenza di numerose bolle d'aria: questo tipo di torbidità si
riconosce in quanto si crea un gradiente di torbidità verso l'alto, dovuto alla
migrazione delle bolle d'aria verso la superficie. Questo tipo di torbidità
sparisce in poco tempo se il miele viene lasciato a temperatura di 20-25° C
(figura XIa). La causa più comune di torbidità è comunque dovuta alla
progressiva formazione di cristalli che all’inizio non sono ancora
riconoscibili come tali, anche se un attento esame del vaso contro luce (figura
XIb) o, meglio, l'osservazione in piena luce di un filo di miele fatto cadere
dal cucchiaino, ne evidenzia la brillantezza. Tra un miele liquido e uno
completamente cristallizzato vi sono tutte le possibili forme intermedie. Si
distinguono mieli che iniziano appena a cristallizzare come quello descritto
prima, decisamente in via di cristallizzazione, quasi completamente
cristallizzati e completamente cristallizzati. In questo processo continuo vi
sono mieli in cui l'aspetto resta omogeneo, con i cristalli uniformemente
distribuiti in tutta la massa e altri in cui i cristalli in formazione si
accumulano sul fondo o in cui il processo inizia a partire da alcuni punti
particolari, dando luogo a vistose e curiose arborescenze. Sul prodotto che ha
completato il processo di cristallizzazione, nella maggior parte dei casi,
queste disomogeneità non sono più visibili. In linea generale, tutti i prodotti
disomogenei vengono considerati difettosi, per lo meno sul piano della loro
qualità estetica: la descrizione dei mieli disomogeneamente cristallizzati è
quindi riportata nel capitolo relativo ai difetti (cap. 14). Le altre
caratteristiche relative ai cristalli e al loro grado di coesione possono
essere rilevate già attraverso l'osservazione, ma si valutano pienamente solo
al momento della degustazione vera e propria, come caratteristiche tattili. La
superficie visibile all'imboccatura del vaso può comunque presentarsi lucida e
bagnata o asciutta, liscia o più o meno granulosa.
Viscosità: l'esame della
consistenza di un miele liquido o cremoso rientra anch'esso in entrambi i campi
di valutazione, visiva e tattile. Rovesciando un vaso di miele liquido (col
tappo!) o ruotando il bicchiere si ha un'idea del grado di fluidità, connessa
con il contenuto d'acqua e con la temperatura. Prelevandolo con il cucchiaino e
schiacciandolo tra lingua e palato si confermano e si completano le impressioni
su questa caratteristica.
Colore: il colore è una
proprietà visiva estremamente importante soprattutto in relazione all'origine
botanica e, in misura minore, al grado di invecchiamento del prodotto. Nel
miele liquido varia dal quasi incolore al nero e corrisponde, in genere, al
colore che si può ottenere diluendo una soluzione di caramello: nella maggior
parte dei mieli ha quindi una tonalità giallo ambra più o meno intensa. Alcuni
mieli invece presentano tonalità diverse: giallo vivo, rossiccio o grigiastro.
Si conoscono mieli con leggera (a volte molto netta) fluorescenza verdastra.
Nel miele liquido il colore appare tanto più scuro quanto maggiore è lo
spessore attraversato dalla luce (figura XIIa). Allo stato cristallizzato
invece la luce riflessa dai cristalli di glucosio (bianchi) conferisce al miele
un colore apparentemente più chiaro (figura XIIb), variabile anche in relazione
alla quantità di cristalli e alla loro struttura (più fini i cristalli, più
chiaro il colore) (figura XIIc). I mieli cristallizzati appaiono quindi di un
colore che va dal bianco puro al marrone, sempre con le stesse differenze di
tonalità descritte prima. La descrizione del colore deve quindi essere sempre
completata dall’informazione relativa allo stato fisico. Infatti, mentre alcune
espressioni indicano in maniera sottintesa lo stato liquido (quasi incolore,
ambrato, nero) e altre lo stato cristallizzato (bianco, beige, crema,
nocciola), altre ancora possono riferirisi sia all'uno che all'altro ed
evocano, nei due casi, sensazioni diverse (giallo, arancio, marrone).
Nel caso di mieli uniflorali si
descrive abitualmente il colore facendo riferimento ai limiti conosciuti per la
denominazione sia per l'intensità (troppo chiaro per la denominazione, colore
corrispondente alla denominazione, etc.), che per la tonalità (poco giallo per
la denominazione, tonalità rossa tipica della denominazione etc.). Per i mieli
millefiori si può usare una descrizione simile (miele molto chiaro, chiaro,
medio, scuro ecc.), riferendosi, in questo caso, all'intera gamma delle
colorazioni possibili (dall'incolore al nero). Il colore può essere anche
misurato con sistemi fisici e con comparatori ottici appositamente costruiti
(vedi analisi, misura del colore) da cui hanno origine particolari sistemi di
classificazione. I termini usati per definire le categorie di miele secondo uno
di questi sistemi (colorimetro Pfund) sono ormai entrati nella terminologia
corrente. Se in analisi descrittiva si vogliono usare i termini di questa
classificazione occorre specificarlo per non creare malintesi
nell'interpretazione: infatti un miele "bianco" secondo la
nomenclatura Pfund verrebbe probabilmente descritto, con i termini normalmente
utilizzati, come ambrato chiaro se liquido o beige, giallo chiaro se
cristallizzato.
2. Caratteristiche olfattive
Nella valutazione delle
caratteristiche olfattive si considerano parametri quantitativi (l'intensità
dell'odore nel suo insieme e eventualmente l'intensità delle diverse
componenti) e qualitativi. In un caso come nell'altro la valutazione è comunque
una comparazione tra le cararatteristiche dell'odore percepito e l'insieme dei
riferimenti memorizzati, propri al miele o esterni. La descrizione più semplice
dell'odore di un miele consiste nel dire che corrisponde a quello noto come
caratteristico per quel tipo. E' anche la più precisa, benchè non sia in grado
i comunicare niente di conosciuto a chi non abbia già in mente il riferimento specifico.
Un problema generale dell'analisi sensoriale è la sproporzione esistente tra
sensazioni e vocabolario utilizzabile, che non permette di comunicare le fini
differenze percepite tra un prodotto e l'altro. Nell’analisi descrittiva degli
odori (e degli aromi) si possono quindi seguire queste poche regole generali
(vedi anche cap. 17):
- dare una valutazione di intensità, relativa alla gamma di
riferimenti conosciuti (l'intera gamma delle possibilità per i mieli incogniti
e i millefiori e la gamma specifica per le denominazioni conosciute);
- usare sempre, quando conosciuti, i riferimenti specifici
del miele (relativi all'origine botanica o agli altri riferimenti conosciuti);
- usare, come seconda scelta, evocazioni, similitudini e
analogie;
- usare aggettivazioni descrittive più generali, quando non
ci siano riferimenti specifici (floreale, fruttato, vegetale, etc.);
- usare solo come possibilità estrema i termini più generali
o a connotazione edonistica non descrittiva (inconsueto, fine, neutro, gradevole,
non gradevole, etc.).
3.
Caratteristiche gustative
Le caratteristiche gustative vere e
proprie, quelle aromatiche e quelle dovute alla sensibilità chimica
indifferenziata vengono valutate in bocca. E' la sede in cui si formano anche
le sensazioni tattili e somestesiche che però vengono considerate separatamente
per meglio concentrare l'attenzione sulle caratteristiche gusto/olfattive.
L'intensità dei quattro sapori
fondamentali fornisce poche informazioni sulla qualità del miele. Il sapore
dolce è sempre presente a un livello di saturazione; in queste condizioni è
abbastanza difficile poter distinguere differenze nell'intensità del sapore, ma
occasionalmente si segnalano mieli meno dolci della norma. La forte base
zuccherina inoltre maschera la percezione degli altri sapori fondamentali. Il
sapore acido è l'altra componente gustativa sempre presente, seppure mascherata
dalla quantità di zuccheri presenti, variabile da un miele all'altro in
funzione dell'origine botanica. Il sapore salato interviene in maniera
estremamente occasionale, a livelli appena percepibili o, più raramente, netti,
anche se deboli. Il sapore amaro, percepibile chiaramente solo al momento della
deglutizione, è presente in mieli molto invecchiati o di particolari origini
botaniche come elemento caratteristico, a volte a livelli molto forti.
Le sensazioni aromatiche sono
la parte più complessa delle sensazioni di bocca: si possono valutare in
termini di qualità e di intensità. L'aroma di un miele non sempre corrisponde
in termini qualitativi a quanto percepito a livello olfattivo, da un lato a
causa dell'interferenza con le altre sensazioni di bocca e dall'altro per il
fatto che le condizioni fisiche del campione in bocca sono diverse rispetto al
momento in cui viene odorato. Il riscaldamento e la diluizione producono una
composizione proporzionalmente diversa della miscela di molecole odorose che si
libera e raggiunge la mucosa olfattiva; può tuttavia essere descritta
utilizzando le stesse regole suggerite per le caratterisitche olfattive.
Si definisce persistenza il
permanere più o meno prolungato delle sensazioni olfatto/gustative dopo la
deglutizione. Si usa il termine di retrogusto quando le sensazioni di
bocca che permangono dopo la deglutizione sono di qualità diversa rispetto a
quelle provate inizialmente.
La componente chimica
indifferenziata completa le sensazioni di bocca: un miele può essere
astringente, acre, rinfrescante.
4. Caratteristiche tattili
Le caratteristiche tattili si
riferiscono principalmente a quelle percepite in bocca, anche se la
manipolazione del prodotto contribuisce alla valutazione. In un miele liquido
si esuriscono nella valutazione della consistenza del prodotto, più o meno
viscoso, da fluido a molto viscoso, eventualmente colloso. Per i mieli
cristallizzati si possono esprimere valutazioni sulla consistenza della massa,
da cremoso a compatto o duro, e sulle caratteristiche dei cristalli. In questi
si possono differenziare le dimensioni (da finissimi a grossi), la forma
(taglienti, sabbiosi, rotondeggianti), la tendenza o meno a sciogliersi
facilmente. In mieli con cristalli particolarmente fini la velocità di fusione
è tale da dare una sensazione rinfrescante (per il calore di fusione assorbito
dai cristalli con il processo), analogamente alle caramelle fondenti. In altri
casi, cristalli poco solubili che vengano deglutiti possono essere irritanti
per la gola e provocare tosse. Infine, in alcuni mieli si possono trovare
cristalli con consistenza collosa.
5. Annotazioni
In alcune fasi dell'analisi
descrittiva può essere utile all'assaggiatore mettere per iscritto la
descrizione del prodotto, per sentirsi pienamente responsabile e per
trasmettere il proprio giudizio in maniera autonoma, univoca, stabile nel tempo
e verificabile (figura XIII). Il supporto per questo tipo di descrizione può
essere un semplice foglio bianco o una scheda in cui siano indicati, in maniera
più o meno precisa, gli elementi che il degustatore deve valutare; in altri
campi esistono schede in cui al degustatore vengono presentati tutti i
parametri da valutare e i termini da impiegare per la descrizione e questi deve
semplicemente indicare con una crocetta quelli che gli sembrano più adatti. In
altre schede si richiede al degustatore di quantificare i parametri di descrizione
(descrittori o attributi) dando un voto o indicando un punteggio su una scala
di valori (vedi anche cap. 15). Si tratta ancora una volta di attribuire una
grandezza al descrittore e non di valutarne il valore in termini di qualità.
Non sono ancora state proposte per il miele schede descrittive di tipo evoluto,
ma se ne potrebbero immaginare diverse, da usare soprattutto in fase di
addestramento del degustatore, di sperimentazione o di valutazione di
particolari caratteristiche.
CAPITOLO 14
CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE
DEI MIELI DIFETTOSI
Alcune delle caratteristiche
rilevabili con l'analisi sensoriale possono essere considerate difetti, in
quanto diminuiscono la qualità del prodotto. Il concetto di difetto,
analogamente al concetto di qualità, è tutt'altro che univoco e dipende dal
contesto di valutazione.
Ci sono requisiti minimali che un
prodotto alimentare deve soddisfare in ogni caso: eve corrispondere alla
propria definizione (il miele deve essere miele, cioé prodotto dalle api a
partire da sostanze zuccherine quali nettare e melata e non sciroppo di
zucchero aromatizzato trasformato dall'uomo) e non deve essere dannoso per la
salute umana. Un miele che non soddisfi pienamente questi requisiti
fondamentali viene incontestabilmente definito come gravemente difettoso.
Nei paesi a consumo evoluto, e in particolare in Europa, esiste un
secondo livello di qualità, gualmente considerato indispensabile per i mieli
destinati all'uso diretto. Questo livello di qualità, per così dire europea,
considera il miele come un prodotto unico nel suo genere, in quanto deve le sue
caratteristiche all'origine naturale (piante e api), caratteristiche che devono
essere perfettamente conservate fino al consumatore finale.
La presenza di fermentazione in atto o anche la possibilità di
fermentazione futura, le alterazioni dovute a una conservazione troppo
prolungata o a un eccessivo riscaldamento, la presenza di odori o sapori
estranei e di impurità sono considerati difetti gravi dal consumatore europeo.
Oggi, inoltre, i consumatori sono sempre più esigenti per quanto riguarda le
caratteristiche dei prodotti alimentari, che non vengono più ricercati solo per
nutririsi, ma anche per un fine di soddisfazione personale (salutistica o
semplicemente affettiva, di golosità). Perchè quei prodotti che non soddisfano
le aspettative in termini di presentazione, odore e sapore, sono considerati
difettosi. In questo caso la definizione della qualità e dei relativi difetti è
meno generale; può infatti essere precisata relativamente al contesto di
consumo.
Questi tre livelli di qualità
(minima, europea e relativa) suggeriscono tre categorie di difetti. Per ogni
difetto esistono poi diversi gradi di gravità: gli organi che tutelano il
consumatore stabiliscono delle limitazioni
riguardo la maggior parte delle specificazioni sopra elencate. Un miele
che presenti difetti più gravi della soglia di qualità stabilita dalla vigente
legislazione si trova quindi a un livello di qualità insufficiente al consumo e
alla commercializzazione. Al di sopra di questo livello di qualità il concetto
di gravità di un difetto è molto più legato al contesto di valutazione: un
difetto inaccettabile in un miele preparato per il consumatore finale può non
essere importante per lo stesso prodotto prelevato in una fase precedente di
lavorazione (presenza di impurità, per esempio); un difetto grave in un miele
presentato come uniflorale, può non essere considerato tale nello stesso miele
presentato come millefiori.
I difetti del miele possono essere
classificati anche a seconda del momento in cui si originano, durante le
diverse fasi di produzione, dal momento in cui le api raccolgono le materie
prime che formeranno il miele, a quando il prodotto arriverà sulla tavola del
consumatore, attraverso tutti i passaggi intermedi che vedono l'apicoltore, il
confezionatore e il commercializzatore tutori della qualità finale. In ogni
caso si può considerare che i difetti del prodotto finale sono di
responsabilità dell'uomo e non delle api che, almeno dal loro punto di vista,
cioé quello della conservazione della specie, agiscono sempre al massimo delle
loro possibilità. La responsabilità dell'apicoltore e degli altri soggetti
coinvolti nella lavorazione e commercializzazione del miele consiste
nell'attuare le tecniche adeguate a garantire il massimo della qualità e anche
nel selezionare appropriatamente le partite in modo da ovviare alle carenze
naturali della produzione. Le informazioni tecniche relative a questi argomenti
sono riportate nella prima parte di questo libro e in particolare nei capitoli
3 e 4. In questo paragrafo vengono trattati i difetti del miele dal punto di
vista di chi valuta il prodotto finito attraverso l'analisi sensoriale,
descrivendo quelle caratteristiche organolettiche che possono, nei diversi campi
applicativi, essere considerate difettose.
1. Difetti visivi
La presenza di corpi estranei
(vedi analisi descrittiva) deve comunque essere considerata un difetto,
soprattutto quando rilevata in un miele pronto per l'utilizzatore finale. Le
particelle estranee rilevabili nel miele possono essere di natura intrinseca,
cioé derivare dai normali processi di estrazione (particelle di cera), a cui
non è seguita una purificazione abbastanza accurata. Spesso si riscontrano
anche impurità di origine estranea (particelle terrose e minerali, visibili
come punti neri sul fondo del vaso, schegge di vernice, frammenti di insetti o
insetti interi, etc.), indicatori di scarsa igiene e di poca attenzione per la
qualità del prodotto, che devono pertanto essere considerati in maniera più
severa.
La presenza di minute bolle
d'aria in superficie o di uno strato di schiuma sono invece difetti
estetici legati a un’insufficiente decantazione o a un inglobamento di aria
nelle successive fasi di lavorazione (trattamento del miele a temperatura
troppo bassa, manipolazione di mieli già cristallizzati, uso di pompe e
invasettatrici non abbastanza potenti).
Più raramente la schiuma è prodotta
dalla liberazione dei gas che si formano durante la fermentazione. In questo
caso la schiuma indica un difetto molto grave che può essere confermato dalle
altre caratteristiche organolettiche. Anche nei mieli rifusi nel vaso si
riscontra spesso uno strato di schiuma più o meno importante, dovuto alla
risalita in superficie delle bolle d'aria (o di gas) che aderiscono ai
cristalli.
I mieli che si presentano in maniera
disomogenea sono generalmente considerati difettosi dal punto di vista
estetico, ma si devono distinguere i vari tipi di aspetto non uniforme, perchè
diversa è la loro origine e conseguentemente diversa è la loro gravità. Una
prima causa di disomogeneità può essere quella transitoria che ha luogo durante
le prime fasi della cristallizzazione, quando i primi cristalli si formano
preferenzialmente in alcune zone, sul fondo, sulla parete del vaso o in
corrispondenza di inneschi prodottisi durante l'invasettamento. Questi
cristalli in formazione prendono a volte conformazioni bizzarre (filamenti,
spirali, arborescenze) che attirano l'attenzione in maniera negativa, tuttavia
tali difetti non devono essere considerati troppo severamente in quanto sono
dovuti a un'origine naturale e destinati a scomparire col procedere della
cristallizzazione.
In alcuni casi, invece, la
cristallizzazione non si completerà mai del tutto a causa di una composizione
del miele troppo ricca d'acqua o povera in glucosio, di una temperatura di
conservazione non idonea o di una precedente fusione completa che abbia
eliminato completamente tutti i nuclei di cristallizzazione (vedi
cristallizzazione). Queste cristallizzazioni permanentemente incomplete,
molto simili per aspetto a quelle di natura transitoria prima descritte, devono
essere considerate in maniera più severa, proprio perché durature e possibili
indicatori di difetti più gravi (eccesso di umidità, riscaldamento eccessivo).
L'esperienza e le altre informazioni relative al miele (aspetto e dimensioni
dei cristalli e limpidità o meno della parte liquida, età, tipo e storia del
campione) permettono di distinguere una cristallizzazione incompleta transitoria
da una definitiva.
Un altro difetto di
cristallizzazione comune è la cosiddetta separazione di fasi, allorchè
il miele si presenta appunto separato in due strati, la parte cristallina in
basso e quella liquida sopra. La differenza con i difetti precedentemente
descritti consiste nella linea di demarcazione tra le due fasi che in questo
caso è uniforme e piatta, in quanto la separazione è dovuta alla precipitazione
per gravità dei cristalli sul fondo del vaso. Questo difetto si produce quando
la consistenza del miele, completamente o parzialmente cristallizzato, non è
sufficiente a garantire la stabilità nel tempo. Avviene con frequenza nei mieli
che contengono un eccesso d'acqua: per questo la separazioni di fasi deve
sempre essere considerato un difetto grave e non solo estetico, in quanto
indice di altri difetti e di possibili alterazioni. La separazione di fasi si
presenta spesso associata alla fermentazione; l'eccesso di umidità è infatti
una delle cause di entrambi i difetti. Anche mieli con contenuto d'acqua
ottimale ma con consistenza inizialmente cremosa, per naturale composizione
zuccherina o per l'applicazione di tecniche particolari, possono separarsi a
seguito di una prolungata conservazione a temperatura ambiente superiore a
20-25° C. In questo caso la fase liquida ha uno spessore limitato, ma questo
aspetto deve comunque essere considerato difettoso in quanto indice di
invecchiamento.
Un altro tipo di disomogeneità molto
comune per i mieli completamente cristallizzati riguarda la presenza di marezzature
biancastre in superficie, lungo le pareti del vaso e anche in profondità.
Si tratta di un difetto puramente estetico, grave solo nella misura in cui
pregiudica l'accettabilità del prodotto da parte del consumatore. E' dovuto
all'evaporazione di acqua in corrispondenza della superficie del miele o a
livello di eventuali sacche d'aria createsi per contrazione termica della massa
del miele, o di bolle d'aria inglobate. I cristalli di glucosio così essiccati
appaiono bianchi e sono responsabili dell'aspetto disomogeneo del prodotto
(figura XVIII). Si verifica solo nei mieli cristallizzati a consistenza
compatta nei quali l'acqua si trova imprigionata tra i cristalli e non può
sostituire quella che evapora.
I mieli che presentano un avanzato processo
fermentativo sono spesso fortemente disomogenei. Nei mieli liquidi la
caratteristica più evidente è uno spesso strato di schiuma con grosse bolle in
superficie e nella massa. Il miele può addirittura fuoriuscire dal vaso per
effetto dell'aumento di pressione. Nei mieli cristallizzati le bolle di gas
restano più facilmente imprigionate e il miele assume una consistenza spugnosa,
spesso con sacche di gas a volte anche di notevoli dimensioni. Associandosi
alla separazione di fase, il miele assume un aspetto variamente stratificato
(schiuma, liquido, cristallizzato) (figura XIX).
Tra le caratteristiche visive
descritte nel capitolo 13, possono ancora essere considerate come difetti per i
mieli liquidi un'eccessiva fluidità, indice di umidità elevata e una colorazione
del miele che non rientri nei parametri noti per la denominazione o talmente
anomala (rossa, verde) da suggerire una possibile presenza di sostanze
estranee. L'aumento di colorazione che si produce con l'invecchiamento e il
riscaldamento non è in genere valutabile come tale, a meno che non si abbia a
disposizione un campione di riferimento conservato in frigo e non scaldato.
La presenza di torbidità in
un miele liquido deve essere considerata difettosa se dovuta a bolle d'aria o
eccesso di polline, ma, in linea generale, non si deve considerare difetto un
inizio di cristallizzazione se questa, nel momento della valutazione, è la
condizione attesa per quel tipo di miele. Diversa è la situazione per quei
mieli che devono parte del loro pregio alla loro natura stabilmente liquida o,
in sede di controllo di qualità, per i mieli che vengono preparati per la
commercializzazione in questo stato.
Gonnet e Vache (1985) includono tra
i difetti del miele anche le cristallizzazioni a grana grossolana e quelle
molto compatte. Anche se è presumibile che queste caratteristiche vengano
valutate in maniera negativa dal consumatore, non ci sono elementi sufficienti
sul consumo del miele in Italia per poter affermare che queste caratteristiche
debbano sempre essere considerate come difetti. Lo sono quindi solo in
particolari condizioni (in un miele che venga etichettato come
"cremoso", per esempio) o quando si avranno maggiori conoscenze circa
le aspettative del consumatore italiano rispetto a un miele cristallizzato.
2. Difetti olfattivi e gustativi
I difetti olfattivi e gustativi
vengono considerati insieme in quanto la loro valutazione è praticamente la
stessa. Attraverso la valutazione delle caratteristiche olfattive e gustative
del miele è possibile determinare la presenza di alcune frodi, la presenza di
alcune "materie prime" di origine diversa dal nettare e dalla melata,
la contaminazione con alcuni tipi di sostanze estranee. In ogni caso la
presenza di queste caratteristiche viene considerato un difetto, più o meno
grave a seconda della natura della sostanza estranea rilevata e degli effetti
sul prodotto. Le variazioni naturali tra un miele e l'altro sono così grandi,
che non si può rilevare un difetto di questo tipo solo dal fatto che il
prodotto risulti insolito per il degustatore. Il riconoscimento di questi
difetti deve essere fatto sulla base di standard memorizzati, come il
riconoscimento delle caratteristiche botaniche, ed eventualmente confermato da
analisi di laboratorio. Alcune frodi ("mieli" artificiali,
prodotti dalle api o no, a partire da sostanze zuccherine diverse dal nettare e
dalla melata) possono essere sospettate in mieli con gusto molto anonimo, privo
delle componenti aromatiche abituali, o con gusto di zucchero cotto associato a
un'acidità pungente insolita, o di leggera fermentazione, associato a contenuto
di umidità molto bassa, o di tipo amilaceo. Queste generiche descrizioni
possono adattarsi anche a mieli perfettamente naturali: solo l'esperienza
consente di precisare i propri sospetti e solo analisi di laboratorio potranno
eventualmente confermarli. A volte le api raccolgono notevoli quantità di sostanze
zuccherine diverse dal miele e dalla melata all'insaputa dell'apicoltore.
Alcuni di questi "mieli" sono riconoscibili organoletticamente: per
esempio quelli prodotti da scarti di industrie dolciarie e conserviere che
assumono, a volte, anche colorazioni vistosamente insolite o dalla frutta, in
questo caso decisamente torbidi, scuri, acidi e con sapore che ricorda quello
della frutta di origine.
Alcune contaminazioni con sostanze
estranee che si producono prima dell'estrazione del miele sono ugualmente
riconoscibili all'olfatto e al gusto, soprattutto se si tratta di mieli con
odore e sapore naturalmente delicati. Tra le sostanze estranee che si possono
riconoscere nel miele si annoverano tarmicidi utilizzati per conservare i favi
da melario fuori dall'alveare (p-diclorobenzolo), impregnanti per la protezione
del legno degli alveari (carbonile), oli essenziali utilizzati per la lotta
alle parassitosi delle api (timolo), repellenti utilizzati per allontanare le
api dal melario al momento del raccolto (acido fenico, benzaldeide, essenza di
mirbana). Un posto a parte, per la frequenza con il quale si riscontra in certi
mieli delicati, spetta all'odore e al sapore di fumo sprigionati
dall'affumicatore durante le visite. Anche il sapore di favo vecchio o di
covata tipici dei mieli estratti da favi che abbiano contenuto covata viene
considerato un difetto.
Tra le contaminazioni che avvengono
dopo l'estrazione, vanno ricordate quelle dovute agli odori che possono
impregnare il miele durante il soggiorno in locali non idonei (muffa, pittura,
altre sostanze dall'odore forte immagazzinate negli stessi locali) e quelle
provenienti dai recipienti di immagazzinamento (sapore metallico, rancido,
plastica). Ancora una volta queste contaminazioni possono essere riconosciute
solo facendo riferimento a standard noti, in quanto esistono mieli che
naturalmente hanno odori e sapori assimilabili a quelli dei contaminanti.
La fermentazione del miele
produce delle alterazioni anche sulle caratteristiche olfattive e gustative.
Quando la fermentazione è allo stadio inziale, il miele può ancora risultare
piacevole per l'accresciuta intensità aromatica che si produce grazie alle
sostanze volatili (alcoli) che si sprigionano dalla massa. E' però importante
riconoscere questa alterazione fin dall'inizio in quanto è il più grave difetto
cui può andare incontro un miele. Le componenti più volatile che si producono dalla
fermentazione, sono quelle che si percepiscono al momento dell'apertura del
vaso; successivamente prevale l'odore di base. L'aroma di un miele fermentato
ricorda quello di altri prodotti fermentati, vino e aceto, e della frutta
eccessivamente matura. Al gusto è rilevabile la componente acida; nei casi di
forte fermentazione si produce una sensazione di pizzicore.
Nei mieli invecchiati o
eccessivamente riscaldati si producono dei cambiamenti dell'aroma e del
gusto che possono essere riconosciuti come tali. Rispetto all'equivalente
prodotto fresco si ha una progressiva perdita delle componenti più volatili (in
particolare di quelle di tipo floreale) tipiche di ogni miele. In compenso si
formano composti che sono responsabili di un gusto marsalato, di zucchero
cotto, caramello, anche leggermente amaro nei mieli più fortemente trasformati.
I mieli vecchi sono tra loro molto più simili di quanto non siano gli
equivalenti freschi. Bisogna notare che queste caratteristiche, da considere
difetti per molti mieli, sono del tutto simili a quelle riscontrabili in mieli
freschi di una particolare origine, più precisamente nelle melate. Solo
un'analisi chimica (per esempio il dosaggio dell'HMF) può confermare o meno
l'interpretazione di queste caratteristiche come difettose (cioé dovute al
riscaldamento e all'invecchiamento) o naturali.
Per i mieli uniflorali viene
considerato difetto la non rispondenza agli standard noti. In alcuni
casi la presenza di piccole quantità di nettare estraneo di forte intensità
aromatica può produrre un grave difetto olfattivo e gustativo su un miele
prodotto in grandissima parte sulla specie botanica dominante. Ne sono esempi
comuni i mieli di robinia rovinati da residui di tarassaco o di erica, i mieli
di rododendro inscuriti da tracce di melata, i mieli di arancio al fieno greco.
Per i mieli millefiori risulta molto più difficile stabilire a priori quali
componenti dell'aroma debbano essere considerate difetti e quali invece
facciano parte delle caratteristiche da apprezzare positivamente, semplicemente
perché, a causa delle poche informazioni relative alle aspettative dei
consumatori, non esistono degli standard di riferimento universali. E' pur vero
che i mieli di sapore delicato (mieli a base di leguminose) o finemente
aromatico di tipo floreale o fruttato (mieli con componente di agrumi, mieli di
alta montagna) o di tipo aromatico-caramellato (a base di erica, alcuni
millefiori tropicali) vengono apprezzati in modo abbastanza generale. Quelli
che presentano aromi forti che si discostino da questi stereotipi sono invece
considerati nel modo più vario dai diversi consumatori, a seconda delle
preferenze personali, a loro volta determinate da esperienze pregresse. Anche
mieli per i quali le caratteristiche descrittive hanno connotazioni meno invitanti
(odore di letame del miele di grano saraceno, odore di colla da falegname per
il miele di colza, odore di cane bagnato per il miele di eucalipto) trovano
gruppi di consumatori che li apprezzano. Le diverse connotazioni riconducibili
a un'origine botanica non possono pertanto essere considerate, nei mieli
millefiori, difetti in assoluto. Lo sono, invece, quando il giudizio viene
effettuato in riferimento a uno standard conosciuto, per esempio per i
millefiori di una determinata zona o rispetto ad un determinato tipo di
aspettative del consumatore, da definirsi di volta in volta.
3. Difetti
tattili
Per i
difetti tattili si rimanda a quanto già detto riguardo a quelli visivi, in
quanto le caratteristiche di fluidità e cristallizzazione del miele, che
vengono valutate in prima istanza con gli occhi, sono apprezzate
successivamente anche attraverso il tatto.
4. Difetti di presentazione
Anche se l'analista sensoriale si
occupa prevalentemente del prodotto e non del modo in cui questo viene offerto,
in alcuni casi al degustatore viene presentato il prodotto nella sua confezione
originale, per esempio il vaso etichettato pronto per la commercializzazione.
E' buona norma separare la valutazione sensoriale vera e propria del miele dal
giudizio inerente le condizioni di presentazione, da effettuarsi solo dopo aver
completato l'analisi sensoriale. Per il miele confezionato o presentato a
concorsi di qualità devono essere considerati difettosi i contenitori che non
siano idonei per gli alimenti, i vasi che presentino difetti di fabbricazione,
il materiale riciclato da un precedente utilizzo (soprattutto i coperchi), le
capsule metalliche scheggiate o arrugginite, i vasi ancora intatti sporchi
all'esterno o con tracce di miele ossidato sotto il bordo della capsula.
A livello di etichetta, al di là del
giudizio sull'aspetto estetico che non rientra nelle competenze
dell'assaggiatore di miele, può essere formulata una valutazione sulla
correttezza dell'etichetta dal punto di vista delle disposizioni legislative
(presenza delle diciture obbligatorie, rispondenza del contenuto del vaso
rispetto al dichiarato).
CAPITOLO 15
SCHEDE DI VALUTAZIONE
L'analisi descrittiva pura viene
usata raramente per il miele in quanto l'analisi sensoriale viene per lo più condotta
proprio per avere una valutazione di qualità o di gradevolezza non ottenibile
con gli altri sistemi di analisi. Si è già visto come il concetto di qualità
sia piuttosto variabile e legato al contesto (capitoli 9 e 14). E' quindi
naturale che i sistemi proposti per la valutazione della qualità siano diversi
a seconda della situazione di applicazione. In effetti oggi vengono usati
diversi sistemi per la valutazione del miele; alcuni di questi sono in corso di
perfezionamento, a conferma di quanto appena detto e dell'evoluzione che la
tecnica di degustazione del miele sta subendo in questi anni.
Il primo passo nella preparazione di
un sistema di valutazione è la definizione degli standard di qualità ai quali
riferirsi per il giudizio dei campioni. In ogni caso non si potrà prescindere
dai concetti di qualità minimale (genuinità e salubrità) ed europea (pulizia,
assenza di fermentazione, conservabilità, freschezza, assenza di odori/aromi
estranei), livelli di base comuni al di sotto dei quali non si può andare. Gli
altri parametri qualitativi sono di più difficile scelta, tanto più critica
quanto più lontano si vuole spingere il livello di discriminazione qualitativo.
Per i mieli uniflorali, generalmente si considera che qualità corrisponda a
purezza botanica; il miele uniflorale di qualità più elevata è quello che più
si avvicina per caratteristiche visive, olfattive, gustative e tattili a un
ipotetico miele ottenuto al 100% sulla specie in questione, nelle migliori
condizioni produttive. Questo standard di riferimento non esiste nella realtà,
ma solo nella mente dell'assaggiatore preparato che ricava dalla propria
esperienza l'immagine del miele ideale. Per i mieli uniflorali di una
determinata zona questa estrapolazione è limitata ai mieli prodotti nella
regione in questione e quindi comprensiva degli elementi di tipicità propri. Un
analogo concetto può essere applicato ai mieli multiflorali tipici; si può
immaginare che il cliente affezionato del millefiori tipico di Vattelapesca
ricerchi a ogni acquisto le caratteristiche che si ripetono con costanza in
questo tipo di miele, giustificando così questa maniera di intendere la
qualità.
Per i mieli multiflorali generici
questo approccio non è possibile, essendo troppo grandi le variazioni tra un
miele e l'altro e conseguentemente troppo diverse le immagini qualitative dei
particolari consumatori. Per il momento questo problema non ha ancora trovato
una soluzione soddisfacente, da ricercare attraverso valutazioni sulle reali
preferenze dei consumatori. Fino ad oggi la soluzione di compromesso più
comunemente attuata consiste nel valutare i mieli millefiori all'interno di
categorie che ne definiscano in maniera grossolana la qualità aromatica (mieli
chiari delicati, mieli scuri forti). All'assaggiatore che si cimenta nel dare
un giudizio di qualità su questi mieli si chiede di mettersi nei panni del
consumatore di quel tipo di miele e di dare un giudizio di preferenza. Compito
quanto mai difficile, in quanto l'assaggiatore non conosce i gusti del
consumatore e l'attitudine al consumo del tecnico è troppo modificata dalla sua
professione perché il suo giudizio possa essere assimilato a quello di un vero
consumatore. Per di più questo giudizio di tipo, tutto sommato, edonistico
viene raccolto su un numero troppo piccolo di risposte (in genere 3-5
assaggiatori) per avere un qualche valore statistico. Si tratta comunque di
valutare le caratteristiche di qualità minima in maniera obiettiva (rifacendosi
all'elenco dei difetti illustrati nel relativo paragrafo) e di dare un giudizio
di preferenza "traposta" (non quella del tecnico, ma del consumatore
che sta in ognuno di noi) per le altre. Riunendo le informazioni relative alle
preferenze del consumatore si consiglia all'assaggiatore di privilegiare nei
mieli chiari gli aromi leggeri, fini, delicatamente vegetali, floreali o
fruttati, in quelli di colore ambrato stimoli un po' più intensi ma sempre con
le stesse connotazioni, in quelli scuri infine, aromi forti, tipo frutto
maturo, frutta secca, di bosco, balsamici, leggeremente animalizzati, complessi
e persistenti. Per le caratteristiche tattili vengono preferiti i mieli a
cristallizzazione più fine e a consistenza pastosa.
Una volta deciso quali parametri
compongono la qualità, il secondo passo consiste nell'attribuire ad ogni
parametro un determinato peso rispetto al totale.Per esempio, per un buon miele
è più importante avere un bell'aspetto o un buon sapore? Non tutti i sistemi in
uso risolvono questo problema: a volte si preferisce lasciarlo alla decisione
dell'assaggiatore.
I diversi sistemi propongono in
genere delle schede di lavoro in cui le scelte messe a punto vengono riportate
all'attenzione dell'assaggiatore. Nella figura XX si riporta uno degli esempi
più semplici di schede per la valutazione del miele, utilizzato nei corsi di
addestramento e nel controllo di qualità. Si tratta di una scheda predisposta
per guidare l'analisi descrittiva nei diversi campi sensoriali (esame visivo,
olfattivo, gustativo e tattile), che richiede un giudizio finale su una scala a
sette livelli. La scheda è molto versatile, in quanto la scelta sui parametri
da valutare viene lasciata al degustatore. Perchè possa essere utilizzata con
risultati riproducibili l'uso deve essere preceduto da una discussione che
permetta agli assaggiatori di accordarsi sulle modalità d'utilizzo.
Una delle schede più utilizzate fino
ad oggi, elaborata da Michel Gonnet alla fine degli anni '70 è molto simile a
quella precedentemente descritta (fig. XXI e XXII e riquadro A). In essa si
chiede al degustatore di annotare i difetti eventualmente presenti con un
sistema di croci e di descrivere, a parole ma sinteticamente, pregi e difetti
rilevati. Si chiede poi al degustatore di esprimere un giudizio sul miele
usando una scala a 7 livelli (eccellente, ottimo, buono, accettabile, mediocre,
scarso, scadente), utilizzando la prima parte solo come promemoria dell'analisi
fatta, senza nessun nesso di tipo aritmetico tra i difetti trovati e il voto
finale. Analogamente alla precedente, il maggior difetto di questa scheda
consiste nel fatto che non venga data nessuna indicazione su cosa debba essere
valutato, su cosa debba essere considerato difetto e quale peso debba avere
ogni aspetto nel comporre la qualità globale del campione. Questo fa sì che
questa scheda possa essere utilizzata con buoni risultati solo da assaggiatori
molto ben addestrati ed "in fase" tra di loro. Quello definito come
il maggior handicap della scheda è, nello stesso tempo, il suo maggior pregio,
in quanto la rende estremamente versatile. Infatti, l'analisi descrittiva non
cambia (o non dovrebbe cambiare) da una situazione all'altra, mentre la
valutazione dipende dal contesto. Il fatto di non imporre a priori criteri di
giudizio ne permette l'uso in qualsiasi situazione. Un altro vantaggio, di non
poca importanza nelle situazioni di concorso, è il notevole risparmio di carta
che la disposizone grafica della scheda permette di attuare. L'utilizzo di una
scala con solo 7 livelli può apparire come una limitazione, ma essa si è invece
dimostrata, nella maggior parte dei casi, sufficiente e ben adattata alle
possibilità di discriminazione dell'analisi sensoriale. Scale più espanse danno
spesso solo l'illusione di una maggiore precisione: in realtà punteggi diversi
non corrispondono a reali differenze qualitative.
Un'altra scheda simile alle due
precedenti è riportata in figura XXIII: questa tenta di guidare la valutazione
dell'assaggiatore indicandogli in successione i diversi attributi da
descrivere, facendo una elencazione dei possibili difetti obiettivi e
riportando le scale di giudizio (due scale, una per il giudizio di qualità e
l'altra per il giudizio di rispondenza all'origine botanica) con una
indicazione dei criteri con i quali devono essere impiegate.
Una scheda di valutazione
diametralmente opposta e molto più precisa ed analitica è invece quella messa a
punto ed utilizzata nell'ambito dell'Associazione Nazionale degli Assaggiatori
di Miele (fig. XXIV). In questa scheda la qualità del miele viene scomposta in
14 attributi di importanza relativa diversa. Il giudizio finale, espresso in
centesimi, si ottiene sommando i punteggi parziali attribuiti ad ogni
parametro. In questo caso descrizione e valutazione sono indissolubilmente
legati. Questa scheda guida il giudizio dell'assaggiatore in maniera
estremamente analitica, ma questo è, nello stesso tempo, il suo maggior pregio
e il suo maggior difetto. Pregio in quanto stabilisce in maniera precisa e una
volta per tutte i criteri ai quali attenersi per il giudizio; difetto, in
quanto è impossibile scegliere i parametri in modo che siano sempre validi: ci
sono molte situazioni in cui alcuni descrittori non sono valutabili o non
possono essere considerati in rapporto con la qualità.
Partendo dall'esperienza fatta,
nell'ambito del Comitato Tecnico dell'Albo Nazionale degli Esperti in Analisi
Sensoriale del Miele, è stato studiato un nuovo tipo di scheda che permettesse
di superare i problemi prima descritti. Uno studio preliminare e diverse prove
di utilizzo hanno portato all'elaborazione di una scheda per la valutazione dei
mieli uniflorali e di una per i mieli millefiori (fig. XXV, fig. XXVI e
riquadro B). Si tratta di una scheda a profilo sensoriale, impostata cioé
secondo una configurazione attualmente molto diffusa nel settore della
valutazione delle caratteristiche sensoriali degli alimenti. Per ogni parametro
da valutare (tecnicamente detto descrittore o attributo), è presente una scala
con 9 gradazioni, sulla quale il degustatore può segnare il punto
corrispondente al proprio parere (compresi i punti intermedi). Alla fine della
valutazione è possibile collegare questi punti con una linea spezzata, che
costituisce il profilo sensoriale del campione. L'esame comporta la valutazione
di 9 parametri, raggruppati in quattro campi, ai quali si aggiunge una
valutazione relativa all'apprezzamento globale per i mieli millefiori. Per
tutti i parametri è indicato un punteggio minimo, corrispondente a 3,5 (limite
di accettabilità) al di sotto del quale il campione va comunque declassato a
"non accettabile", anche se ciò avviene in una sola voce.
L'innovazione più importante di questo tipo di valutazione consiste nell'aver
abbandonato il concetto di una scheda unica e immutabile per ogni tipo di
situazione, ma di prevedere invece la possibilità di cambiare i descrittori
secondo le condizioni di utilizzo, previa discussione tra i componenti del
gruppo di assaggio.
Un altro tipo di scheda di
concezione intermedia tra la valutazione ordinale e quella a punti è stata
elaborata più di recente dallo stesso M. Gonnet (Gonnet, 1994) e riportata in
figura XXVII. Il riquadro C riporta le note esplicative per l'utilizzo di
questa scheda. In figura XXVIII si può trovare un esempio di scheda
riepilogativa polivalente, adatta per qualsiasi tipo di scheda e per una giuria
di 5 persone.
In ogni caso non si deve dimenticare
che la scheda è esclusivamente un supporto di lavoro, una componente del
metodo, ma la precisione e riproducibilità della valutazione è assicurata,
prima di tutto, dalla preparazione dell'assaggiatore in termini di competenza e
esperienza e da un rigoroso impiego delle metodologie suggerite al fine di
ridurre le possibili interferenze.
Riquadro A: note esplicative per l'uso della scheda ordinale
della figura XX
MODALITA' DI UTILIZZAZIONE DELLA SCHEDA DI VALUTAZIONE DEI
MIELI
(scheda ordinale)
Giudizio in due tempi: prima i difetti, valutando il
loro numero, la loro intensità, la loro importanza percepita e analizzata dal
degustatore. Questo permette di situare il campione sulla scala di valutazione.
Poi si giudica la qualità intrinseca, che porterà alla classifica
definitiva alzando o abbassando la valutazione inizialmente scelta.
A -
VALUTAZIONE DEI DIFETTI
a) Difetti
visivi
1- Aspetto: Giudizio riguardante la struttura dei prodotti, il loro
aspetto e la cristallizzazione:
- sui mieli liquidi (prodotto torbido, presenza di schiuma,
fluidità eccessiva, (+/-) ...)
- sui mieli cristallizzati
(omogeneità della struttura (+/-), dimensione dei cristalli (+/-), compattezza
della massa (+/-), macchie bianche (superficiali, sulle pareti del vaso) (+/-),
...)
2- Colore: Deve corrispondere più o meno a uno standard riconosciuto
e memorizzato per i mieli uniflorali.
Per i mieli multiflorali, la
colorazione non può costituire difetto nel caso di prodotti generici, mentre lo
può essere nei prodotti regionali che devono rispondere a uno standard.
3- Pulizia: Secondo la qualità della depurazione effettuata prima del
confezionamento (+/-).
b) Difetti
olfattivi
1- Odori: secondo
l'intensità e la tipicità percepite qualitativamente e quantitativamente (+/-)
in funzione dell'origine dichiarata (nessun difetto se la corrispondenza è
buona, difetto importante se l'odore non corrisponde al prodotto di riferimento
per i mieli uniflorali).
Riconoscimento di eventuali odori
esogeni (per esempio odore di favo, di fumo, fermentazione...).
c) Difetti
gustativi
1- Aromi: Secondo l'intensità e la tipicità percepite (+/-) in
funzione dell'origine dichiarata (vedi sopra al punto "odori") ...
2- Sapori e sensazioni chimiche diverse: secondo l'origine dichiarata
e cioè:
- per i mieli uniflorali, giudizio
in riferimento a uno standard memorizzato dell'origine (vedi sopra) e difetti
esogeni eventuali (gusto di miele cotto, di fermentazione, ...)
- per i mieli multiflorali
eventuali sapori esogeni.
d) Difetti
tattili
Valutazione "meccanica" sulla tenuta del miele in
bocca (densità, consistenza, cremosità); sulla rugosità, la finezza, le
dimensioni e la persistenza del cristallo (giudizio di carattere più affettivo,
di tipo gradevole/sgradevole (+/-)).
B - GIUDIZIO SULLA QUALITA'
Un miele che non presenti difetti nella sua categoria
risulta già un prodotto di buona qualità (situazione media con classe 2 o 3).
Si apprezzano quindi gli elementi di ponderazione seguenti:
1 - Apparenza:
senza difetti = qualità
Per i mieli multiflorali generici
il giudizio qualitativo del colore può essere effettuato attraverso
l'attrattività visiva, ((+) per i mieli luminosi, limpidi; (-) per i mieli
opachi, grigiastri, torbidi).
2 - Olfattivo, gustativo:
intensità, carattere ottimale, identificazione degli odori e degli aromi,
livello di gradevolezza eventuale, persistenza in bocca ... qualità dei sapori
e dei retrogusti naturali ... (1).
3 - Tattile:
untuosità, finezza, gradevolezza del cristallo ...
Un
giudizio molto positivo sulla qualità intrinseca permette di innalzare
sensibilmente la classificazione buona o media del campione o di abbassarla nel
caso contrario.
Ugualmente,
per un miele che presenti qualche difetto, visivo o tattile, per esempio, possono
essere recuperati (o penalizzati) dal giudizio attribuito dal degustatore sulle
qualità gustative del campione.
E'
importante che il degustatore si applichi a sintetizzare con qualche commento,
da scrivere nella colonna all'uopo prevista, i difetti e le qualità ritrovati
nel campione.
(1) Per i mieli
uniflorali, giudizio di confronto rispetto agli standard memorizzati
Per i mieli
multiflorali giudizio qualitativo possibile in funzione, per esempio, del
colore; in questo caso:
- per i
mieli chiari sono da privilegiare i prodotti che offrono al degustatore
stimoli leggeri, fini, delicatamente vegetali, floreali o fruttati...
- per i
mieli ambrati, stimoli un po' più intensi, decisi, mediamente
persistenti, di natura vegetale, floreale o fruttata...
- per i
mieli scuri, stimoli più forti, tipo frutto maturo, frutta secca, di
bosco, balsamico, leggermente animalizzati, complessi e persistenti.
Riquadro
B: note esplicative per l'uso della scheda a profilo sensoriale dell'Albo
Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele delle figure XXV e XXVI
NOTE
ESPLICATIVE
PER L'USO
DELLA SCHEDA A PROFILO SENSORIALE (P.S)
PER LA
VALUTAZIONE DEI MIELI
Questa scheda è impostata
secondo una configurazione attualmente molto diffusa nel settore della valutazione
delle caratteristiche sensoriali degli alimenti. per ogni parametro da valutare
(tecnicamente detto "descrittore" o "attributo"), è
presente una scala con 9 gradazioni, sulla quale il degustatore può segnare il
punto corrispondente al proprio parere. Alla fine della valutazione è possibile
collegare questi punti con una linea spezzata, che costituisce il "profilo
sensoriale" del campione.
Sono proposte 2 schede diverse
per il giudizio dei mieli uniflorali e di quelli millefiori.
L'esame comporta la valutazione
di nove parametri, raggruppati in quattro campi, ai quali si aggiunge, per i
millefiori, una valutazione relativa all'apprezzamento globale.
ESAME VISIVO
ASPETTO:. si intende l'insieme
delle caratteristiche visive quali l'omogeneità, la presenza o meno di schiuma,
macchie, difetti di cristallizzazione rilevabili a occhio, e, eventualmente, se
la situazione di utilizzo della scheda lo prevede, l'aspetto della confezione.
COLORE (solo per i mieli
uniflorali): alla valutazione va applicato il concetto di rispondenza al tipo,
sia per l'intensità che per la tonalità.
PULIZIA: si riferisce
all'eventuale presenza di impurità.
ESAME OLFATTIVO
QUALITA': per i mieli uniflorali
viene intesa come rispondenza al tipo per qualità e intensità delle caratteristiche
olfattive. Per i mieli millefiori si riferisce alle aspettative del
consumatore, armonia e gradevolezza delle caratteristiche olfattive.
DIFETTI: si riferisce
all'eventuale presenza di difetti obiettivi relativi alle caratteristiche
olfattive.
ESAME GUSTATIVO
QUALITA': per i mieli uniflorali
si riferisce alla rispondenza al tipo per qualità e intensità delle
caratteristiche gustative, per i millefiori viene intesa come rispondenza alle
aspettative del consumatore, armonia e gradevolezza delle caratteristiche
gustative.
RETROGUSTO: si riferisce a tutte
le sensazioni di bocca successive alla deglutizione del prodotto, persistenza e
retrogusto in senso stretto. Viene intesa negli stessi termini del precedente
descrittore, rispondenza al tipo o alle aspettative del consumatore.
DIFETTI: si riferisce
all'eventuale presenza di difetti obiettivi relativi alle caratteristiche
gustative.
ESAME TATTILE
STRUTTURA FISICA: si riferisce,
per i mieli liquidi, alla fluidità o viscosità rilevabili all'assaggio e, per i
mieli cristallizzati, all'insieme delle caratteristiche della granulazione,
apprezzabili in bocca. Il voto da attribuire sintetizza, in definitiva, il
livello di apprezzamento tattile, la gradevolezza in bocca del campione
(palatabilità).
APPREZZAMENTO GLOBALE (solo per i millefiori)
APPREZZAMENTO GLOBALE:
rappresenta la possibilità del degustatore di esprimere la sua impressione
generale sul campione esaminato; può essere usato come voto di compensazione
per penalizzare o premiare il campione, nel limite di 1/9 del totale del
punteggio.
Per tutti i parametri è stato
indicato un punteggio minimo (limite di accettabilità) al di sotto del quale il
campione va comunque escluso, anche se ciò avviene in una sola voce.
Come indicazione generale, si
può dire che quando un campione soddisfa bene alle aspettative, rispetto
all'ambito della seduta di degustazione, e se sono assenti difetti, il
punteggio da attribuire va, orientativamente, da 7 a 9. Se le qualità del
campione in esame non sono entusiasmanti e si rilevano leggeri difetti, il
punteggio da attribuire oscillerà attorno a 5. Quando invece il miele non
presenta caratteristiche soddisfacenti, si attribuisce un punteggio che si
avvicina al "limite di accettabilità" e, anzi, ne scende al di sotto,
se si ritiene necessaria la totale penalizzazione del campione.
Al termine della degustazione la
somma dei punteggi parziali fornisce la valutazione finale e, attraverso una
semplice divisione matematica, la media del punteggio, che comparata con la
scala di valutazione, riconduce a un "giudizio".
Nello spazio riservato alle note
il degustatore può indicare gli elementi descrittivi salienti del campione.
Tale opzione è obbligatoria nel caso il campione venga penalizzato da punteggi
inferiori al limite di accettabilità.
Riquadro C: note
esplicative per l'uso della scheda a punti della figura XXVII
MODALITA' DI
UTILIZZAZIONE DELLA SCHEDA DI VALUTAZIONE DEI MIELI
(scheda a
punti)
Sistema semplificato basato sulla valutazione delle qualità
e difetti dei prodotti giudicati successivamente a livello visivo (0-5),
olfattivo (0-4), gustativo (0-8) e tattile (0-3), votati globalmente a ognuno
di questi livelli in quanto di buona qualità (+), di qualità media (=) o
difettosa (-). Voto finale tra 0 e 20.
Tutti questi mieli devono essere
giudicati indifferentemente in fase liquida o cristallizzata.
I - ESAME VISIVO
Aspetto
Giudizio riguardante la qualità
della struttura dei prodotti, il loro aspetto e la cristallizzazione:
Criteri
positivi: liquido, limpido
(omogeneo); senza schiuma superficiale; cristallizzazione fine, densa, cremosa
(omogeneo)...
Criteri
negativi*: liquido (torbido);
schiuma superficiale (+/-); struttura cristallina di scarsa densità (prodotto
instabile); cristallizzazione grossolana (+/-), cristalli apparenti,
agglomerati..., struttura cristallina incompleta, separata, densa ma troppo
dura...
* Da
ponderare secondo l'importanza del o dei difetti riscontrati
Colore
Deve corrispondere più o meno a uno
standard riconosciuto e memorizzato per i mieli uniflorali.
Per i mieli multiflorali, il
giudizio sera effettuato secondo la gradevolezza visiva: tra valori + (mieli
chiari, luminosi, limpidi...) e = (grigiastri, torbidi...).
Pulizia
Secondo la qualità della
depurazione effettuata prima del confezionamento.
II - ESAME OLFATTIVO
Odori (percepiti per via nasale diretta)
Giudizio sull'intensità - tipicità
percepita, secondo l'origine dichiarata (1).
Riconoscimento di eventuali odori
esogeni (per esempio odore di favo, di fumo, fermentazione...).
III - ESAME GUSTATIVO
Aromi ( percepiti per via retronasale)
Giudizio sull'intensità - tipicità
- persistenza percepita a seconda dell'origine dichiarata (1).
Riconoscimento di eventuali aromi
esogeni (per esempio di favo, fumo, fermentazione...).
Sapori e sensazioni chimiche
diverse
Giudizio sulla qualità - intensità
percepita a seconda dell'origine dichiarata (1).
Riconoscimento di eventuali gusti o
"retrogusti" estranei...
(1) Per i mieli
uniflorali, giudizio di confronto rispetto agli standard memorizzati
Per i mieli
multiflorali giudizio qualitativo possibile in funzione, per esempio, del
colore; in questo caso:
- per i
mieli chiari sono da privilegiare i prodotti che offrono al degustatore
stimoli leggeri, fini, delicatamente vegetali, floreali o fruttati...
- per i
mieli ambrati, stimoli un po' più intensi, decisi, mediamente
persistenti, di natura vegetale, floreale o fruttata...
- per i
mieli scuri, stimoli più forti, tipo frutto maturo, frutta secca, di
bosco, balsamico, leggermente animalizzati, complessi e persistenti.
IV - ESAME TATTILE
Valutazione "meccanica" sulla tenuta del miele in
bocca (densità, consistenza, cremosità); sulla rugosità, la finezza, le
dimensioni e la persistenza del cristallo (giudizio di carattere più affettivo,
di tipo gradevole/sgradevole).
VOTAZIONE E GIUDIZIO DI INSIEME
Viene attribuito un voto ad
ognuno dei livelli di valutazione, tenendo conto dei difetti e delle qualità
riscontrate, che saranno annotate dal degustatore prima del giudizio di
insieme, costituendo il voto finale.
Il giudizio di insieme del
degustatore è molto importante e deve essere annotato. Riassume il tipo di
qualità e difetti ritrovati sul campione ed ha, per questo, valore pedagogico.
Deve essere evitato un giudizio di insieme a carattere puramente affettivo,
caratterizzato dai termini "buono" e "cattivo".
Infine, i voti di ogni giudice
saranno riportati su una scheda ricapitolativa in funzione dell'attribuzione delle medaglie. Questa
assegnazione viene fatta sotto la responsabilità di ogni giuria.
CAPITOLO 16
APPLICAZIONI
1. Controllo di qualità
Attualmente il gruppo più importante
di fruitori dell'analisi sensoriale del miele è costituito dai produttori e
dagli utilizzatori commerciali del prodotto. In assenza di altri metodi di
analisi o associata ad alcune semplici determinazioni chimico-fisiche (umidità,
idrossimetilfurfurale e colore) l'analisi sensoriale risulta il metodo più
rapido, economico e versatile per ottenere informazioni sulla qualità del
prodotto da commercializzare. Oltre alla identificazione di eventuali difetti
obiettivi, l'analisi sensoriale viene applicata in questo campo soprattutto per
verificare la rispondenza agli standard per le denominazioni uniflorali. Nella
maggior parte dei casi viene eseguita da un solo addetto (l'apicoltore stesso o
di chi si occupa del controllo di qualità), spesso in condizioni non ideali per
assicurare l'imparzialità e la riproducibilità della valutazione. E' comunque
sempre indispensabile seguire una metodologia, seppur semplificata, per poter
dare giudizi che non siano delle semplici opinioni momentanee prive di
significato.
Il primo passo, anche in questo
caso, consiste nel definire gli standard di qualità minima al di sotto dei
quali il prodotto non deve essere commercializzato o deve essere destinato ad
usi diversi da quelli inizialmente previsti (scala a due valori: accettabile,
non accettabile). Si può eventualmente prevedere un livello di qualità ideale
al quale tendere, definendo così una scala a tre valori (ideale, accettabile,
non accettabile); questo sistema può essere utile per evidenziare i piccoli
difetti e poter così attuare una politica di produzione che tenda alla loro
eliminazione. I livelli di accettabilità possono coincidere con quelli di
legge, ma più opportunamente debbono prevedere un livello di qualità superiore
e una definizione più restrittiva delle caratteristiche organolettiche. Questi
standard vengono descritti e fissati in capitolati e si dovrebbe prevedere la
conservazione in freezer di campioni di riferimento.
L'analisi sensoriale vera e propria
viene condotta tenendo conto delle indicazioni fornite nei capitoli precedenti.
Si utilizza una scheda di tipo descrittivo, in cui vengono annotate le
caratteristiche del prodotto e il giudizio finale secondo la scala definita in
precedenza. La valutazione viene condotta su un campione rappresentativo prima
del confezionamento (o al ricevimento della partita, per le cooperative e
attività commerciali),. La verifica delle caratteristiche su un campione di
prodotto confezionato permette di evidenziare anomalie nelle tecniche di
lavorazione. La conservazione di un campione intatto durante il periodo in cui
la partita viene commercializzata permette di tenere sotto controllo le
trasformazioni che possono avvenire (fermentazione, cristallizzazione, separazione
di fasi, ecc.). L'esame delle schede di analisi archiviate permette di ricavare
informazioni utili al miglioramento generale della qualità. Si riportano due
esempi di capitolati redatti con queste finalità (fig. XXIX e XXX) e di
relative schede di analisi (fig. XXXI e XXXII).
2. Marchi di qualità e di origine
La richiesta di prodotti alimentari
di elevata qualità e con caratteri di tipicità legati alle zone di provenienza
aumenta di anno in anno in tutta Europa. Questa esigenza del consumatore ben si
concilia con la necessità degli agricoltori europei di salvaguardare la loro
attività, anche attraverso la promozione dei loro prodotti migliori e più
tipici. Tra le azioni di valorizzazione, l'uso delle denominazioni di origine è
uno dei sistemi ideali per l'agricoltura italiana, caratterizzata dalla
frammentarietà e dalla grande varietà delle produzioni. Il miele, tra l'altro,
si presta particolarmente bene alla denominazione di origine, perchè deve le
sue caratteristiche al territorio in cui è prodotto e perché porta sempre
dentro di sé una specie di carta di identità (i pollini) che permette il
controllo della provenienza in qualsiasi momento del circuito commerciale.
L'indicazione dell'origine geografica è prevista dall'attuale normativa sul miele
e utilizzata spesso dai produttori. Tuttavia il singolo apicoltore non riesce
da solo a far conoscere ed apprezzare le particolarità del suo miele, a meno
che il prodotto non sia già tradizionalmente noto o si possa far leva su
un'immagine che si promuove da sola. In questo caso però nasce l'esigenza di
proteggere il consumatore (e il produttore locale) in quanto, nel momento in
cui la domanda si fa più consistente, compaiono sul mercato prodotti con
denominazione ambigua o non rispondenti al dichiarato. Ne sono un esempio molti
dei mieli venduti in zone turistiche di montagna come prodotti locali (o
lasciando credere che lo siano). Una delle soluzioni adottate consiste nella
creazione di marchi collettivi di origine (e di qualità): i produttori si consorziano
per far conoscere i pregi della loro merce e al consumatore vengono garantite
origine, caratteristiche e qualità attraverso determinati meccanismi di
controllo. Questo tipo di iniziative di tutela ha ricevuto solo da poco un suo
inquadramento legislativo a livello europeo grazie a due Regolamenti CEE sulle
attestazioni di specificità (che devono le loro caratteristiche soprattutto
alle condizioni di produzione), sulle indicazioni geografiche e sulle
denominazioni di origine protette (IGP e DOP, che devono le loro
caratteristiche soprattutto alla zona di produzione) e questo ha dato nuovo
impulso ai progetti di valorizzazione dei prodotti tipici.
Per quanto riguarda il miele si
conoscono diversi esempi, in Italia e nel resto d'Europa, di marchi, anche se
non tutti possono definirsi delle iniziative riuscite. Alcuni dei marchi
collettivi oggi esistenti in Italia equivalgono né più né meno a marche
private: nascono dall'accordo tra un piccolo gruppo di produttori a far
convergere i propri sforzi promozionali su un'unica immagine del prodotto
(etichetta o sigillo in comune). Si basano sulla reciproca fiducia, non viene
attuato nessun sistema di controllo sulla qualità e sulle caratteristiche del
miele e per molti piccolissimi produttori il principale vantaggio consiste nel
non dover provvedere da soli a far stampare le etichette per il miele. Questo
tipo di iniziativa, pur utile per alcuni punti di vista e con un costo di
realizzazione molto ridotto, deve restare limitata alla veicolazione di piccole
quantità di prodotto. Esistono anche marchi in cui il grado di organizzazione e
i controlli attuati permettono di garantire un maggior livello di qualità, ma
nella maggior parte dei casi non si esce dall'ambito dell'accordo tra privati.
Il nuovo quadro legislativo europeo, in un prossimo futuro, dovrebbe permettere
al marchio collettivo di acquisire la condizione di denominazione legalmente
riconosciuta, beneficiando di una maggiore credibilità agli occhi del
consumatore e di una maggiore protezione nei confronti dei prodotti generici.
In questo caso l'istituzione di una
denominazione d'origine o di specificità deve essere preceduta da uno studio
tecnico ed economico che permetta da una parte di individuare le
caratteristiche del prodotto da sottoporre al marchio (qualità di base,
riconoscibilità da parte del consumatore, parametri che permettano di
riconoscere il prodotto per il controllo), dall'altra di valutare la
fattibilità dell'iniziativa in termini di costi e vantaggi (aspetti produttivi
e di mercato). In questa ricerca preliminare la parte analitica riguarda in
primo luogo le caratteristiche microscopiche, in quanto mezzo di indagine più
idoneo all'identificazione e differenziazione del miele. Anche le analisi
chimico fisiche devono essere tenute in conto, soprattutto quelle legate alla
qualità generale (umidità e idrossimetilfurfurale) e quelle che meglio
permettono di definire il tipo di miele (indici di composizione quali
conducibilità elettrica, acidità, zuccheri, colore). L'analisi organolettica,
per quanto poco utilizzata fino ad oggi in questo tipo di studio, dovrebbe
avere un'importanza almeno pari a quella microscopica, in quanto rende il
prodotto riconoscibile dal consumatore.
La fase applicativa, come primo
passo, prevede la costituzione di un consorzio di tutela, organo gestore del
marchio, formato dagli stessi utilizzatori. Gli organi amministrativi e tecnici
del consorzio redigono, come passo successivo, un regolamento o disciplinare
tecnico, utilizzando le informazioni emerse dallo studio preliminare. Il
disciplinare contiene le norme che permettono di garantire la qualità del
prodotto: gli obblighi e le norme tecniche ai quali i produttori devono
sottostare, la definizione del prodotto (o dei prodotti) in termini di zona di
produzione e caratteristiche chimico-fisiche, microscopiche e organolettiche e
i sistemi di controllo da attuarsi sulle tecniche di produzione e sul miele. Il
disciplinare può richiedere periodici aggiornamenti dei parametri tecnici in
conseguenza dell'evolversi delle tecniche produttive, di cambiamenti ambientali
che determinino variazioni nelle caratteristiche del prodotto e della raccolta
di informazioni che l'applicazione stessa del marchio potrà produrre. L'analisi
organolettica dovrebbe sempre far parte dei controlli che il prodotto subisce
prima di potersi fregiare della denominazione controllata. Le tecniche da
applicarsi sono quelle già descritte, con una possibile semplificazione delle
scale di giudizio a due soli livelli (idoneo o non idoneo). La scelta degli assaggiatori
può essere problematica, soprattutto per i marchi locali, in quanto sono
necessarie persone competenti sul prodotto del luogo ma che non siano, nello
stesso tempo, direttamente interessate al risultato dell' analisi (utilizzatori
del marchio). Per ottenere il riconoscimento legale la documentazione
riguardante la denominazione e i meccanismi di conduzione della stessa devono
essere sottoposti all'approvazione ufficiale.
L'istituzione e la gestione di una
denominazione di origine o di specificità improntata alla effettiva tutela del
consumatore è senz'altro un'inziativa che richiede un notevole impegno
economico, da valutarsi in relazione ai vantaggi attesi dall'intera operazione
rispetto al contesto produttivo e commerciale al quale si riferisce. In
particolare non bisogna dimenticare che la riuscita del progetto dipenderà in
gran parte dall'efficacia delle azioni promozionali che verranno intraprese a
sostegno della denominazione.
Per maggiori dettagli si veda il
testo sull’argomento riportato in Appendice.
3. Concorsi
Un concorso, indipendentemente
dall'oggetto a cui si riferisce, si rivolge a due gruppi di persone: da una
parte gli operatori, i partecipanti al concorso, che sono stimolati a mettere
sul banco di prova le loro capacità; dall'altra gli utilizzatori, il pubblico
comune, che riceve informazioni riguardo all'oggetto del concorso. I concorsi
per il miele sono organizzati con questo duplice obiettivo: interessare gli
apicoltori agli aspetti qualitativi, suggerendo dei criteri, stimolandoli a
migliorare progressivamente la qualità del loro prodotto, fornendo
eventualmente le informazioni necessarie e far conoscere ai consumatori questa
qualità.
Il raggiungimento degli obiettivi
appena esposti è condizionato da molti fattori, ma l'esperienza acquisita
nell'ultimo decennio in questo campo permette di affermare che le energie spese
per organizzare un concorso hanno buone possibilità di essere ripagate dal
ritorno economico che hanno il settore nel suo insieme e i singoli concorrenti
premiati.
Il primo passo nell'organizzazione
di un concorso consiste nella definizione dell'ambito di azione. Quale miele
promuovere? A quale consumatore rivolgersi? Quali i sono i parametri di qualità
che si vogliono migliorare e promuovere? Le risposte a queste domande vengono
concretizzate dalla redazione del regolamento del concorso stesso e dalla
programmazione delle attività. Ovviamente esistono delle scelte obbligate circa
la definizione dei parametri qualitativi: un miele di buona qualità deve essere
pulito, maturo, fresco, rispondente alla denominazione ed eventualmente ben
presentato. Nell'ambito dell'Albo degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele
sono state definite delle norme di base per la realizzazione dei concorsi,
riportate integralmente in appendice.
Indispensabile per la realizzazione
di una simile manifestazione è la disponibilità di risorse umane e finanziarie.
Ogni fase del concorso deve essere svolta con la massima serietà e ogni
passaggio deve essere documentato, soprattutto la valutazione sensoriale
(figura XXXIII) che molto più delle altre analisi si presta a accuse di ridotta
ripetibilità e scarsa attendibilità. La partecipazione al concorso deve essere
utile anche per chi non riceve premi o attestati, attraverso la comunicazione dei
risultati di analisi.
Anche in questo caso, come per i
marchi di qualità, il successo dell'iniziativa dipende in larga misura dalla
capacità di far conoscere adeguatamente la manifestazione e i suoi contenuti ai
consumatori.
I concorsi sono inoltre un'occasione
di incontro, di aggiornamento, di esercitazione e di scambio di informazioni
per gli assaggiatori che intervengono.
Bibliografia principale
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l'assaggiatore di miele. Apitalia 15(19): 17-19
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Nazionale di Apicoltura di Bologna, Istituto Sperimentale per la Zoologia
Agraria - Sezione Operativa di Apicoltura di Roma, Osservatorio Nazionale della
Produzione e del Mercato del Miele di Castel San Pietro Terme (Bo). Bologna
MINISTERO
DELL'AGRICOLTURA E FORESTE, 1990: Piano
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PIANA
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PIANA
M.L., 1993 - Contenuto in acqua e
cristallizzazione variano l'intensità dell'odore del miele. 20 (18): 20-23
PIANA
M.L., LAZZATI A., 1993 - Le schede per la
valutazione sensoriale del miele. L'ape nostra amica 15(1): 10-15
SABATINI
A.G., 1993 - L'Albo Nazionale degli
Assaggiatori: ecco un resoconto delle attività svolte. Apitalia 20(8):
25-26
SABATINI
A.G., 1993 - Per la caratterizzazione dei
mieli serve il parere degli assaggiatori. Apitalia 20(9): 23-25
SABATINI,
A. G., PIANA M. L., PERSANO ODDO, L., 1994 - Indicazioni geografiche protette: applicazione al miele. Appendice
a: Apicoltura 9
Didascalie figure fuori testo
I
- Corso di analisi sensoriale del miele (foto INA)
II
- Miele preparato in bicchieri colorati per una prova olfattiva (foto L. Piana)
III
- Mieli uniflorali preparati per la degustazione (foto L. Piana)
IV
- Cabine di degustazione
V
- Materiale per l’analisi sensoriale del miele (foto L. Piana)
VI
- Miele preparato per la valutazione sensoriale sia nella confezione originale
anonima che nel bicchiere (foto Osservatorio Miele)
VII
- Fase di visualizzazione del miele nel vaso originale (foto Osservatorio
Miele)
VIII
- Fase di visualizzazione del miele nel bicchiere (foto Andrea Valentini)
IX
- Fase di valutazione olfattiva: a) (foto Osservatorio Miele) - b) (foto Andrea
Valentini)
X
- Fase di degustazione: prelievo del miele (foto Andrea Valentini)
XI
- Fase di degustazione: degustazione vera e propria (foto Andrea Valentini)
XII
- Mieli leggermente torbidi per presenza di bolle d’aria (foto L. Piana)
XIII
- Osservazione del miele controluce, per evidenziarne la limpidità (foto INA)
XIV
- Differenze di colore a seconda delle condizioni: stesso miele contenuto in
vasi di capacità diversa (foto L. Piana)
XV
- Differenze di colore a seconda delle condizioni: stesso miele liquido e
cristallizzato (foto L. Piana)
XVI
- Differenze di colore a seconda delle condizioni: stesso miele in differenti
forme cristalline (foto L. Piana)
XVII
- La fase di annotazione in una degustazione (foto Osservatorio Miele)
XVIII
- Macchie di retrazione: a) in mieli con aria inglobata durante la lavorazione
- b) dovute alla cristallizzazione (foto L. Piana)
XIX
- Miele fermentato (foto L. Piana)
XX
- Scheda descrittiva dell'Albo Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale
del miele
XXI
- Scheda di valutazione ordinale messa a punto da M. Gonnet e G. Vache (1985)
XXII
- Scheda ricapitolativa per la scheda della figura XXI (Gonnet e Vache, 1985)
XXIII - Scheda
descrittiva analitica
XXIV - Scheda
dell’Associazione Nazionale Assaggiatori Miele (A.N.A.M., 1988)
XXV - Scheda a
profilo sensoriale per mieli uniflorali
XXVI - Scheda a
profilo sensoriale per mieli millefiori
XXVII - Scheda a punti elaborata da M. Gonnet (1994)
XXVIII
- Scheda ricapitolativa per una giuria di 5 membri (per tutti i tipi di scheda
individuale)
XXIX
- Capitolato tipo sulle caratteristiche del miele di robinia
XXX
- Capitolato tipo sulle caratteristiche di un miele millefiori
XXXI
- Scheda di analisi organolettica per il controllo di qualità (esempio)
XXXII
- Scheda di analisi organolettica per il controllo di qualità (esempio)
XXXIII
- Sala preparata per la degustazione dei mieli in un concorso nazionale (foto
Osservatorio Miele)