L'attività apistica non si esaurisce nella sola produzione di miele, sia perché cera, propoli, polline, pappa reale e veleno possono essere per alcuni apicoltori prodotti supplementari del loro impegno, sia perché l’impollinazione ricopre un ruolo importantissimo nel favorire il perpetuarsi di numerose specie vegetali, coltivate e spontanee, consentendo la salvaguardia della biodiversità di un territorio. In un’azienda apistica che conti su alcune decine di alveari, può essere prevista una produzione continuativa e discretamente remunerativa di propoli, la cui richiesta, da parte di aziende trasformatrici, erboristerie e negozi specializzati, va incrementandosi. | Ape bottinatrice intenta a raccogliere propoli (foto Pinzauti) |
Il termine che indica questo prodotto delle api viene usato o al maschile (“il propoli”) o al femminile (“la propoli”). La voce al maschile deriva dall’unione di due parole greche: “prò” che significa “davanti” e “polis” che significa “città”. La dizione femminile deriva da due parole latine “prò” con significato di “per” e “polis” derivato a sua volta dal verbo “polire” con significato di “verniciare, lucidare”. La prima interpretazione indica l’uso che ne fanno le api per restringere l’apertura d’ingresso all’alveare; la seconda ne suggerisce l’impiego per dare la cosiddetta “mano di bianco” alle varie parti dell’arnia, in particolare alle pareti interne delle cellette di ovideposizione. Entrambe le parole traggono dunque origine dalle modalità con cui le api utilizzano la resina e perciò sembra possibile usare indifferentemente l’una o l’altra definizione. La propoli è un prodotto che le api ottengono elaborando con enzimi e secrezioni salivari le resine raccolte su gemme e su cortecce di alcuni vegetali quali pioppi, querce, ontani, betulle, abeti, pini, ippocastani, ecc.; esse vengono prodotte con lo scopo di proteggere soprattutto gemme e germogli e hanno una composizione che varia nelle diverse stagioni e da pianta a pianta. La raccolta viene effettuata nelle ore più calde della giornata, quando i materiali da asportare sono più malleabili, da un numero ridotto di api bottinatrici che utilizzano gli organi di senso delle antenne per localizzare le fonti più interessanti. La resina viene asportata in piccoli frammenti con le mandibole e, con l’ausilio delle zampe del primo paio, viene accumulata nelle cestelle delle zampe posteriori fino a formare una pallottolina che solitamente è un po’ più piccola di quella di polline. L’operazione è ripetuta più volte finché tutte e due le cestelle sono cariche; a questo punto l’ape “raccoglitrice di propoli” torna all’alveare. Le operazioni sia di raccolta sia di “scarico” del materiale nell’alveare, che avviene con l’aiuto di altre api che sono addette alla sua lavorazione, richiedono molte ore di lavoro. Infatti anche l’azione di “scarico” è compiuta più volte, finché la bottinatrice si trova completamente ripulita. Interessante è notare che le bottinatrici cariche di propoli non possono, contrariamente a quelle cariche di polline, liberarsi del loro carico da sole ma hanno assolutamente bisogno dell’aiuto di altre api. Da analisi compiute si è visto che le api, durante la lavorazione nell’alveare, aggiungono una certa quantità di cera al materiale raccolto. Tale aggiunta è variabile: la propoli più ricca di cera è quella che si trova sul fondo e vicino all’ingresso dell’arnia. Le api utilizzano la propoli in ogni parte dell’alveare, sfruttandone sia le particolari caratteristiche fisico-chimiche sia il fatto che impedisce lo sviluppo di numerosi germi. Infatti, essa viene impiegata non solo per chiudere fessure e restringere la porticina, per rinforzare la struttura dei favi, per fissarli, per ricoprire le pareti irregolari interne dell’arnia, ma anche per verniciare internamente le celle vuote prima della deposizione di uova da parte dell’ape regina e per mummificare i cadaveri d’intrusi (farfalle testa di morto, topolini, lucertole, ecc.) evitando così la loro putrefazione. CARATTERISTICHE DELLA PROPOLI La propoli può avere un colore che varia dal giallo al bruno scuro- nero con una consistenza che si modifica in rapporto alla temperatura: fino a 15 °C è dura e friabile, a 30 °C diventa malleabile e appiccicosa e verso i 65-70 °C fonde. Se viene scaldata a bagnomaria si divide in due parti distinte: una cerosa e malleabile e un’altra viscosa che rimane sul fondo del recipiente. L’odore è fortemente aromatico e gradevole mentre il sapore è acre e leggermente irritante per le mucose. La propoli è una miscela di sostanze chimiche molto diverse tra di loro e la composizione varia anche in funzione dell’epoca di raccolta(1), della zona, delle piante, del clima, della razza di api e altro. Fra i diversi componenti si ricordano gli olii essenziali (5-10%), i flavonoidi, gli idrossiacidi aromatici, gli acidi alifatici, le aldeidi aromatiche, le cumarine, le resine (circa il 50%), le cere (circa il 30%), il polline (circa il 5%), i sali minerali, gli zuccheri e le vitamine. |
Propoli sul bordo delle cellette (foto D’Agaro) |
Metodo 1: raschiatura della propoli (da TRINGALE, mod.). |
Metodo 2: collocazione di una cornice con rete (da TRINGALE, mod.) |
TECNICHE DI PRODUZIONE La propoli può essere raccolta dall’apicoltore con due metodi differenti: asportando ciò che le api depositano spontaneamente nell’alveare (metodo 1) oppure su apposite strutture che ne stimolano la produzione (metodo 2). La propoli, una volta raccolta, va conservata al buio in un luogo fresco e asciutto e per comodità può essere riposta in sacchetti di plastica che vanno chiusi. METODO 1 Con questa tecnica, che non richiede particolari accorgimenti né l’acquisto di attrezzature, si raschia con una spatola o con una leva da apicoltore la propoli che le api depositano nell’arnia (lungo gli spigoli, sulle fessure, nei punti di appoggio dei telaini, fra nido e coprifavo) e sulle traverse superiori dei telaini. La quantità di propoli ottenuta, oltre ad essere scarsa (50-100 grammi all’anno per alveare), contiene diverse impurità (pezzi di cera, frammenti di legno, parti di api, ecc.), si presenta in scaglie di piccole dimensioni ed ha uno scarso valore commerciale. METODO 2 La tecnica consente una produzione specializzata e le api vengono stimolate a produrre propoli e a depositarla su reti o griglie che ne semplificano il distacco. La raccolta si esegue su colonie che hanno dimostrato di possedere una buona propensione alla propolizzazione. Si colloca nell’arnia, al posto del coprifavo, una cornice in legno (delle medesime dimensioni del coprifavo) alta circa 3-4 cm su cui è stata tesa una rete (o una griglia) con maglie di 2-3 mm; operando in questo modo le api, con l’obiettivo di chiudere la parte superiore dell’arnia, vengono stimolate a propolizzare i fori. Una volta che gli spazi tra le maglie sono stati riempiti di propoli, il supporto di deposito viene ritirato dall’alveare. L’asporto si effettua rendendo la propoli fragile e per questo scopo la rete viene posta per qualche ora in frigorifero o, meglio ancora, in un congelatore; successivamente si procede con il distacco che viene effettuato per raschiatura, se si è impiegata una rete metallica, oppure, se è stata utilizzata una rete in materiale plastico, flettendo la stessa in più direzioni. La propoli, infatti, a bassa temperatura diventa dura e friabile e si distacca in piccole scaglie. Il prodotto che si ricava con questa tecnica è puro e privo di corpi estranei e di conseguenza il suo valore commerciale è superiore rispetto a quello ottenuto per raschiatura; la quantità raccolta nei periodi favorevoli è intorno ai 100 grammi al mese per colonia. Si conoscono altre metodiche che favoriscono l’accumulo di propoli: tutte si basano sulla creazione artificiosa di spazi vuoti nell’alveare che vengono “chiusi” dalle api; tali tecniche, tuttavia, consentono produzioni nettamente inferiori rispetto a quelle ottenibili col metodo 2 sopracitato e richiedono una maggiore manodopera per l’asporto. A questo proposito, abbastanza utilizzata è la tecnica che prevede la collocazione, al posto del coprifavo, di assicelle che non combaciano bene; una volta che le fessure sono state chiuse con la propoli, la sua asportazione viene effettuata mediante raschiatura |
Metodo 2: rete con propoli. |
Telaino sprovvisto di foglio cereo: si nota la pesenza abbondante della propoli (foto D'Agaro). | Porzione di rete per raccogliere varroe: numerose maglie sono state propolizzate (foto D'Agaro). |
(1) La propoli raccolta in autunno presenta una predominanza di sostanze resinose a differenza di quella prelevata nel periodo primaverile nella quale prevalgono le cere. (2) Nonostante la scarsa solubilità in acqua è comunque possibile ricavare degli estratti acquosi addizionando propoli ad acqua distillata nella proporzione del 10%; per favorire la miscelazione si può aggiungere un emulsionante come la lecitina (1%). La soluzione può essere utilizzata per sciacqui o gargarismi. (3) Le estrazioni alcoliche si ottengono lasciando macerare la propoli in alcol etilico a 95° per un periodo di 3-4 settimane; durante la macerazione è necessario agitare frequentemente la soluzione. Il processo di estrazione si conclude con la filtrazione che consente di “pulire” la soluzione dal deposito. Generalmente si preparano estratti con concentrazione al 30% (70 g di alcol e 30 g di propoli). La soluzione alcolica di propoli (detta anche tintura di propoli) può essere utilizzata pura oppure diluita in acqua, latte o miele; l’estratto di propoli diluito in acqua dà origine ad una soluzione lattescente che possiede la stessa efficacia terapeutica. La tintura di propoli si conserva a temperatura ambiente e al buio. (4) Questo unguento, di antiche origini e di semplice preparazione, presenta proprietà battericide, cicatrizzanti e rigeneranti. Si ottiene mescolando omogeneamente 25 g di propoli in polvere in 100 cc di olio di oliva o di mandorle. |
Bibliografia consultata AA. VV., 1975 – La propolis: recherches scientifiques et opinions sur sa composition, ses propriétés et ses applications à des fin thérapeutiques. APIMONDIA, Bucarest: 182 pp. AA. VV., 2003 – Traitè d'Apitherapie. CD de la Commission d'Apitherapie, APIMONDIA, Brussels. CELEGON M., 2000 - Apetti economici e strutturali dell'apicoltura in provincia di Udine. Agricoltura Informazione suppl., 15 (2): 100 pp. CONTESSI A., 2004 - Le Api. Edagricole, III ediz.: 496 pp. OLIVERO G., GIACOSA M., 1981 – Api e apicoltura. CLESAV: 156 pp. PISTOIA A., 1993 - Apicoltura tecnica e pratica. Ed. L'Informatore Agrario: 279 pp. PIANA L, 1991 – Gelatina reale, polline, propoli e cera. L'Italia agricola, 128 (1): 161-172. ROSSI P., 2006 - Comparazione di metodi di produzione della propoli. Apoidea 3 (1): 27–32. SERRA G., 2002 – La propoli. In “Apicoltura, il Sapore di una Storia. I prodotti dell’apicoltura” a cura di Sabatini A.G. e Carpana E., I. N. A., Bologna, Ed. Leader II: 60-74. TONINI D’AMBROSIO M., 1986 – L'apicoltura. Ed. Paoline: 148 pp. TRINGALE M., 1989 – Produzione e uso della propoli in agricoltura, cosmesi e medicina. La casa verde (Sommacampagna – VR –): 78 pp. |