Antúnez e al. propongono una panoramica delle caratteristiche del sistema immunitario delle api. Gli insetti devono difendersi da parecchi patogeni fra di loro molto diversi.
Le barriere fisiche rappresentano la prima linea di difesa e prevengono spesso l’entrata dei patogeni all’interno del corpo . Si tratta della cuticola dell’esoscheletro relativamente al contatto col mondo esterno e della membrana peritrofica del tratto digestivo per quel che riguarda il contatto con quanto ingerito .
Ovviamente questa prima linea ha dei talloni di Achille è in diverse occasioni aggirabile dai patogeni.
Come seconda linea di difesa agisce il sistema di immunità innata, anche negli insetti abitualmente considerato diviso in due categorie:
immunità cellulare e immunità umorale (Gillespie et al., 1997; Lavine and Strand, 2002; Boman,2003 citati da Antunez ).
I processi di immunità cellulare implicano fagocitosi,nodulazione e incapsulazione.
I processi di immunità umorale implicano la sintesi cioè la produzione di una “batteria “ di peptidi ( proteine ) antibatteriche, antifungine etc.(Hetru et al., 1998; Lamberty et al., 1999; Yamauchi, 2001; Klaudiny et al., 2005 citati da Antunez). Nelle api il repertorio di queste sostanze consiste in almeno quattro peptidi :
apidecina (Casteels et al., 1989 citati da Antunez),
abecina (Casteels et al., 1990 citati da Antunez),
imenoptecina (Casteels et al., 1993 citati da Antunez)
defensina (Casteels-Jonsson et al., 1994 citati da Antunez).
Nei fatti le api possiedono solo un terzo dei geni deputati alla produzione di risposte immunitarie individuali presenti negli insetti solitari (Evans et al. 2006 citato da Alaux), a indicare che per gli insetti sociali altri tipi di difesa contro i patogeni sono essenziali .
In ogni età l’ape differisce differisce nella suscettibilità ai vari patogeni.
Secondo Randolt e al. ( citato da Antunez ) le larve rispondono alle infezioni principalmente con una reazione umorale caratterizzabile in tre particolari proteine, peptidi antimicrobici(AMPs-anti microbic proteins): Imenoptecina, defensina1, e abecina. In contrasto ,le giovani adulte reagiscono con un più ampio spettro di reazioni immunitarie che includono l’ attivazione di profenolossidasi . Almeno sette proteine appaiono in maniera consistente nell’emolinfa di operaie artificialmente infettate, tre delle quali sono identiche alle AMPs indotte anche nelle larve. Le altre quattro, fenolossidasi (PO), peptidoglicano rpS2, carbosilesterasi (CE), e HP30, sono caratteristiche delle adulte e ad eccezione di PO sono espresse solo in caso di infezione patologica ( settica) . Queste proteine complesse possono essere costruite solo a partire da proteine più semplici ovvero amminoacidi ottenibili solo dal polline o da suo adeguato surrogato. Si comprende facilmente che le api in condizione di scarsità di polline non solo hanno difficoltà a sbarcare il lunario , ma sopportano molto di meno le patologie come presentato nel seguito.
E’ dunque estremamente ricorrente che in condizione di scarsità di polline possano aumentare le perdite in conseguenza di virosi di vario tipo , e su questo De Grandi ha dimostrato una correlazione inversa fra disponibilità di polline e presenza di virus o nosema ceranae,come già ben verificato da diversi studi o che l’insieme di patologie dia luogo a sindromi come CCD.
Relativamente ad alcune patologie ( esempio peste americana ) sembra di interesse anche la eventuale presenza di batteri simbionti di cui si tratta nel capitolo specifico.
In parallelo alle difese immunitarie individuali opera la “immunità sociale “, la quale per gli insetti sociali è di grandissima importanza.
L’immunità sociale è un sistema di difesa composto, che prevede la produzione di una batteria di sostanze dotate di effetto microbicida.
Ovviamente la sterilizzazione del cibo costituisce la necessità primaria dell’alveare essendo questo certamente il vettore primario di patogeni. Il cibo proteico prodotto dalle nutrici, comunemente denominato pappa ( reale o da operaie ) contiene diverse sostanze ad azione antibiotica ,non considerabili come facenti parte del sistema immunitario individuale e defensina, facente invece parte del sistema immunitario individuale( klaudiny citato da Kwakman).
Il miele ha consistenti attività antibatteriche ad ampio spettro . A conferire questa capacità è la somma di diverse componenti variabilmente presenti nel miele . Questi aspetti sono stati ben spiegati da Kwakman e al.
E’ nota da tantissimi anni la presenza nel miele di perossido di idrogeno , ma questo solo fattore non bastava a spiegare le consistenti capacità del miele.
Più recentemente nel particolare miele neozelandese di MANUKA (Leptospermum scoparium), un miele la cui capacità antibatterica è veramente molto alta, sono state rinvenute concentrazioni molto alte di methylglyoxal (MGO) .Neppure questo spiegava appieno la natura antibatterica del miele .
I ricercatori olandesi affermano di essere riusciti ad identificare tutti i fattori battericidi presenti nel miele. Per raggiungere questo risultato è stato utilizzato un nuovo tipo di approccio, fatto di successive neutralizzazioni dei singoli fattori battericidi .
Ne è risultata la presenza di defensina-1. defensin-1 è verosimilmente prodotta nelle ghiandole ipofaringee delle api nutrici .Le api aggiungono secrezioni della ghiandola ipofaringea al nettare , che diventa miele .
Alaux considera con particolare attenzione l’enzima glucosio ossigenasi, al vertice di una cascata di reazioni biochimiche che portano appunto alla formazione di perossido di idrogeno. Espresso principalmente nelle ghiandole ipofaringee, (Ohashi et al. 1999 citato da Alaux), glucosio ossidasi catalizza l’ossidazione di b-D-glucosio ad acido gluconico e perossido di idrogeno ,quest’ultimo notevole antisettico. Glucosio ossigenasi è consistentemente presente anche nel miele.
Glucosio ossigenasi risulta ridotto dalla contemporanea esposizione dell’ape a Nosema ceranae e Imidacloprid e da carenze nutrizionali ( vedi seguito ).
L’ immunità sociale realizzata nell’alveare attraverso la produzione di sostanze antibiotiche e disinfettanti è considerata dagli scienziati più importante dell’immunità del singolo individuo e la sua compromissione a causa di patogeni o carenze alimentari sembra difficilmente sopportabile dagli alveari e dà luogo al potenziale sommarsi di altre patologie al quadro esistente.
La pratica apistica a sua volta può contribuire alla compromissione di questo sistema.
Si può cominciare dicendo che situazioni di carenza di polline portano alla riduzione della produzione di cibo proteico (pappa reale - pappa da operaia ) e questo verosimilmente riduce la produzione di defensina, di GOX ( e chissà quali altre proteine legate al sistema immunitario ) .
Alcuni fitofarmaci ( Heylen 2010 ) a livello di quantità non letali producono effetti di riduzione della funzionalità delle ghiandole ipofaringee e ciò di nuovo conduce alla riduzione di efficacia della difesa immunitaria delle api .
Per converso è ormai chiaro che il miele ha un potenziale microbicida variabile a seconda della sua origine e ciò determina un fattore di resistenza più o meno elevato alle invasioni di patogeni che arrivano all’alveare, finendo poi nel circuito di produzione del cibo e ingerito dalle api .
L’apicoltore in vari periodi dell’anno propone consistenti quantità di soluzioni glucidiche agli alveari,soluzioni caratterizzate dall’assoluta assenza di sostanze disinfettanti al loro interno rispetto a quanto invece contenuto mediamente nel miele.
Si può pensare che la somministrazione di queste soluzioni glucidiche possa portare alla diluizione di presenza delle sostanze disinfettanti in circolo nel sistema alveare, esattamente come la circolazione di una botte di acqua in una osteria diminuirebbe il tasso di ubriachezza degli astanti .
Infatti si possono presentare due tipi di situazione :
la somministrazione di soluzione zuccherina porta ad una complessiva diluizione della presenza di disinfettanti rispetto a quanto avverrebbe con analoga quantità di miele con consequenziale riduzione delle difese
in certe parti dell’alveare alcune api possono trovarsi ad elaborare solo soluzione zuccherina priva di effetto disinfettante e questo potrebbe portare ad esplosione della replicazione di patogeni presenti.
Si può dunque pensare che l’alimentazione con glucidi sia nelle correnti situazioni di emergenza sanitaria pratica che contribuisce alla riduzione della immunità sociale degli alveari portando ad un aumento del rischio di proliferazione di patogeni.
Alaux verifica l’effetto della dieta pollinica sulla capacità di resistenza alle patologie misurando la concentrazione di emociti, coinvolti nella fagocitosi e nella incapsulazione dei patogeni (processo che richiede la partecipazione di fenolossidasi ) e il contenuto dei corpi grassi,nei quali viene prodotta la maggioranza dei peptidi antimicrobici, come valutazione indiretta di immunocompetenza cellulare e umorale e attività di fenolossidasi (PO). La valutazione dell’attività di glucosio ossidasi (GOX) è utilizzata come valutazione dell’immunità sociale.
Secondo Alaux la quantità di polline consumato per ape e per giorno non differisce a seconda del tipo di dieta somministrata ma si riscontra un significativo effetto del tipo di polline ingerito sui parametri immunitari considerati .
Le caratteristiche immunitarie rinvenute da Alaux sono risultate in relazione con l’età dell’ape. La concentrazione di emociti e il contenuto dei corpi grassi diminuiscono all’aumentare dell’età dell’ape, il che significa che invecchiando la singola ape ha minori difese immunitarie e tende ad essere più vulnerabile ai patogeni e ciò spiega in parte perchè le bottinatrici siano le più sensibili ai Nosema . Al contrario PO e GOX aumentano all’aumentare dell’età dell’ape e questo significa che sono le api vecchie ad essere in larga misura competenti della produzione di acqua ossigenata necessaria per la continua disinfezione dell’alveare e di conseguenza che, andando in crisi le api vecchie va in crisi tutto il meccanismo di disinfezione della famiglia aumentando la sensibilità ai patogeni . L’effetto della dieta sui parametri di immunocompetenza è risultato consistente in età tra 5 e 10 giorni .
Alaux ha dunque dimostrato che esiste una relazione tra nutrizione pollinica e immunocompetenza. I risultati gli suggeriscono che l’ abbondanza o meglio diversità di risorse polliniche nell’ambiente ha effetto diretto sulla salute delle api.
Il tipo di dieta pollinica somministrato non sembra avere influenza sull’attività di fenolossidasi in api sane .Tuttavia i costi energetici aggiuntivi indotti dalla presenza dei patogeni potrebbero evidenziare un ruolo critico delle proteine presenti nella dieta sull’attività di fenolossidasi.
Al contrario ,l’attività di glucosio ossidasi, che non costituisce protezione immunitaria del singolo , ma è alla base della prevenzione di diffusione di infezione all’interno della famiglia ( produzione di perossido di idrogeno ) ,risulta profondamente determinata dal tipo di dieta proteica , suggerendo che la società delle api investe molte più risorse nell’immunità sociale piuttosto che nell’immunità individuale - cioè nella disinfezione globale dell’alveare anzi che in una consistente capacità di difesa della singola ape e a corollario che i famosi “blocchi artificiali di covata “ utilizzati per semplificare i trattamenti alla varroa , che però riducono nel contempo anche l’importazione del polline, riducono anche le difese immunitarie delle api presenti .
Relativamente alla qualità della dieta pollinica ,le differenti diete monoflorali testate non inducono cambiamenti nel livello di immunocompetenza nella singola ape. Questo può essere conseguenza di una compensazione effettuata “dalle api” nutrite con polline povero di proteine .
Le diete con polline poliflorale producono per contro l’aumento di alcune funzioni immunitarie , in particolare,l ’attività di glucosio ossidasi, portando a concludere che la diversità florale conferisce alle api una miglior protezione antisettica ( ovvero una miglior disinfezione dell’alveare) . Ciò dimostra che la diversificazione della dieta pollinica è importante ovvero che la disponibilità di una minima diversità di presenza di nutrienti proteici può non essere soddisfacente rispetto alle necessità delle api . Visto che il contenuto di azoto è risultato analogo in pollini monoflorali e poliflorali ,particolari proprietà addizionali devono essere presenti nei mix di polline. Perciò ,secondo Alaux,una bassa diversità del polline disponibile può rappresentare uno dei maggiori limiti per lo sviluppo dell’alveare.
Alaux conclude che dal momento che la nutrizione è un fattore critico per la produzione delle risposte immunitarie , la malnutrizione è probabilmente una delle cause di immunodeficienza degli alveari.
Sinergie di stress con effetto di depressione immunitaria .
Imidacaloprid è da anni al centro di diatribe sulla sua reale tossicità nei confronti delle api e degli altri impollinatori .
Nosema ceranae, è stato associato alla massiccia scomparsa di api avvenuta in USA senza poter essere definito determinante (Cox-Foster et al., 2007), mentre invece risulta causa di pesanti perdite in Spagna (Higes et al., 2008; 2009).
Con una certa ironia, la combinazione di funghi patogeni e fitofarmaci che può essere notevolmente utile per uso agricolo può risultare esattamente fatale per le api .
Alaux e al . hanno studiato l’effetto della sinergia tra imidacloprid e Nosema sulle api. Sono stati valutati gli effetti di imidacloprid e Nosema in sinergia a due diversi livelli, individuale e complessivo della famiglia. Sono stati studiati: (i) mortalità individuale e domanda energetica (ii) condizione del sistema immunitario individuale (iii) immunità sociale .
Il consumo di zucchero è stato utilizzato per valutare lo stress energetico provocato da Nosema (Mayack and Naug, 2009; Naug and Gibbs, 2009 citati da Alaux). Come parametri della immunità individuale sono stati valutati : numero totale di emociti (THC) , fenolossidasi (PO).Glucosossidasi (GOX) come parametro
dell’immunità sociale.
E’ risultato che la mortalità di api aumenta in base al tempo trascorso dall’applicazione contemporanea del patogeno e del fitofarmaco in tutti i gruppi trattati.
Per tutte le concentrazioni di imidacloprid testate , la mortalità è sempre risultata molto più alta con contemporanea presenza di Nosema. Vi è dunque un possente effetto sinergico dei due elementi testati. Come logico, l’effetto maggiore si osserva al più alto dosaggio di imidacloprid.
Il consumo di zucchero misurato assieme alla mortalità nelle stesse cassettine test mostra un andamento identico. La quantità consumata aumenta significativamente col tempo per tutte le concentrazioni di imidacloprid testate . Le api infette da Nosema consumano significativamente più zucchero di quelle sane di controllo e di quelle esposte a imidacloprid a solo. Il massimo consumo è osservabile nelle api infette da Nosema ed esposte a imidacloprid .
La concentrazione di proteine nella testa delle api cambia significativamente a seconda del trattamento subito e dell’origine della famiglia.
Le api del gruppo test Nosema + imidacloprid mostrano una concentrazione ridotta di proteine rispetto al gruppo di controllo.I gruppi Nosema e imidacloprid mostrano valori di proteine intermedi . E’ stato osservato un significativo effetto dei trattamenti sulla specifica attività immunitaria di glucossidasi, che risulta significativamente ridotta dalla contemporanea presenza di Nosema e imidacloprid , ben più di quanto osservabile con l’applicazione degli elementi di stress uno alla volta. Insieme producono un effetto sinergico pesantissimo per l’ape.
Api infette da Nosema ceranae esposte a diverse concentrazioni di imidacloprid identiche a quelle rinvenibili nell’ambiente mostrano un tasso di mortalità superiore alla norma. Nosema ceranae ,utilizzando per il suo sviluppo parecchie delle risorse alimentari disponibili all’ape ,ne aumenta in aggiunta la necessità di nutrizione e le provoca uno stress energetico (Mayack and Naug, 2009; Naug and Gibbs, 2009 citati da Alaux). Se il nettare bottinato dalle api si trova associato a imidacloprid, la spinta ad una maggiore alimentazione a cui il ceranae spinge la bottinatrice fa si che aumenti la possibilità di sua esposizione all’ imidacloprid. Anche se la contaminazione da imidacloprid negli alveari è usualmente rinvenibile a livelli sub letali ,l’infezione da ceranae può aver la capacità di esporre le api a dosi letali in conseguenza dell’aumento di ingestione di cibo contaminato. L’ interazione tra il patogeno e il fitofarmaco produce immunodepressione a livello sociale causando un significativo declino dell’attività di glucossidasi che è essenziale per la produzione di antisettici che sono alla base della possibilità di mantenere sterile il cibo proteico prodotto (Sano et al., 2004) e il miele (White et al., 1963; Ohashi et al., 1999). Come risultato si ha che se la famiglia non è in grado di mantenere sufficientemente alto il livello di glucosio ossidasi e la riduzione di antisettici in circolo nella famiglia compromette lo stato di salute della famiglia a lungo termine. Si può per tanto presupporre che l’ interazione dei due elementi di stress possa accentuare la necessità energetica della famiglia ed introduce uno sforzo supplementare per la produzione di glucosio ossidasi. L’origine genetica della famiglia ha un effetto significativo sull’attività di PO e THC. Le differenze genetiche influenzano perciò le risposte immunitarie e la resistenza ai fattori studiati.GOX presenta invece una bassissima variabilità di espressione tra le famiglie .
Medrzycki ha invece dimostrato che la sensibilità ai fitofarmaci ( per la verità il suo studio è per ora solo relativo al dimetoato ) è decisamente inferiore se le api sono allevate a temperature più basse ( 33°C nella sua prova ) rispetto a quella ottimale (35°C) . Pur non essendovi aumento di mortalità durante le fasi di sviluppo , le api comunque nate, presentano una più bassa resistenza al fitofarmaco se le temperature alle quali è avvenuto il loro allevamento non erano ideali. Questo fatto dovrebbe essere conseguenza di una carenza di espressione dei geni di detossificazione che a quel che pare sembrerebbe essere relazionata alla temperatura di allevamento. Ovviamente la temperatura di allevamento può risultare facilmente fuori controllo nel caso di operaie affette da nosema ceranae o da virosi e di conseguenza dotate di capacità lavorative limitate.Anche questa caratteristica della società delle api va a produrre un effetto domino di ulteriore indebolimento delle famiglie.
I fattori coinvolti nella sindrome delle api
Imidacloprid ( neonecotinoide ) -sull’ape sana la sua tossicità si può ritenere bassa( Alaux 2009 ).Il problema è che sempre più spesso l’ape bottinatrice che va a contatto col fitofarmaco non è sana e questo causa un notevole aumento della tossicità al neonicotinoide . Nosema ceranae su tutti è il principale co-fattore che entrando in sinergia col fitofarmaco produce effetti di tossicità tremendi (Alaux 2009 ).In altre parole la bottinatrice infettata da ceranae risulta molto più sensibile al neonocotinoide, con effetti molto pesanti. Il secondo co-fattore che può aumentare la sensibilità ai fitofarmaci è la temperatura di allevamento della covata ( Medrzyky 2009 ) che nelle famiglie indebolite può risultare più bassa del dovuto,ciò dando luogo alla nascita di api più sensibili ai fitofarmaci e di conseguenza ad un effetto domino di ulteriore indebolimento .
E’ facile capire che quando le bottinatrici sono soggette a problemi ,viene a mancare alla famiglia “ chi fa la spesa “ in maniera adeguata e perciò si vengono a manifestare in particolare carenze di polline le quali portano come ulteriore conseguenza l’impossibilità di produrre nuove api per compensare le perdite di bottinatrici. Un meccanismo perverso che non lascia scampo all’alveare.
Nosema ceranae- agisce a diversi livelli particolarmente sulle bottinatrici,riducendone significativamente l’aspettativa di vita, finchè l’infezione non è gravissima.Successivamente ha incidenza anche sulle api di casa.
Sull’ape infetta riduce le difese immunitarie e aumenta la necessità di cibo.
Le lesioni provocate nello stomaco possono facilitare la replicazione dei virus con effetto sinergico .
Associato a Imidacloprid ne aumenta consistentemente la tossicità (Alaux 2009 ) .
Virus -prima dell’avvento della varroa erano presenti sulle api in quantità minima .Ora sono presenti praticamente in tutti gli alveari e in quantità consistenti. Spesso asintomatici possono risultare devastanti da soli , e a maggior ragione associati ad altri patogeni. Si sviluppano tanto più le famigie hanno scarsità di polline.
Varroa -indebolisce le difese immunitarie dell’ape facilitando la riproduzione di virus e verosimilmente di nosema
- ha un tasso di riproduzione sempre più elevato e sempre di più risulta associata a veicolazione di virus ( che spesso partono dalla larva stessa ) e moltiplicazione degli stessi.
Polline - essendo l’elemento da cui si ricavano le proteine necessarie a costruire i corpi ( e quant’altro ) delle giovani api nascenti è assolutamente indispensabile sia come quantità che come qualità . La famiglia non può compensare le perdite naturali in condizione di ristrettezza pollinica ,figurarsi se in aggiunta è in condizioni di stress con perdite di adulte sopra la norma in conseguenza di nosema ceranae associato a imidacloprid e/o a virus .
Essendo il polline alla base anche della produzione di difese immunitarie sociali ( Alaux 2009 ) la sua scarsità porta a scarsità delle difese immunitarie sociali ( disinfezione dell’alveare ) rendendo lo stesso maggiormente vulnerabile anche alle altre patologie della covata ( peste americana, europea, calcificata ) .
Scarso riscaldamento della covata -eventualmente caratteristico di famiglie indebolite porta alla nascita di api più sensibili ai fitofarmaci e va perciò considerato fra gli effetti di stress che fanno partire l’effetto domino che per come è strutturato l’alveare crea problematiche pesantissime .
I patogeni considerati,sommati a neonicotinoidi ( o verosimilmente altri fitofarmaci ) e a scarsa presenza quali-quantitativa del polline , portano le api a progressivo indebolimento,con sempre crescente difficoltà di approvvigionamento del polline e sempre crescente difficoltà a rinnovare la popolazione , fino nei casi più sensibili all’estinzione dell’alveare.
I batteri simbionti dell’alveare
Secondo De Grandi, che riassume le attuali conoscenze citando la letteratura esistente, i microbi svolgono un ruolo essenziale per quanto concerne lo stato sanitario di quasi tutti gli organismi viventi .Anche le api possiedono un consistente repertorio di batteri e funghi simbionti essenziali per la gestione e lo stoccaggio delle scorte di cibo ,particolarmente polline ,che possono anche avere un ruolo nel controllo dei patogeni. Secondo DeGrandi in termini di numero e tipo i microbi presenti in un alveare sano superano come numero le api.
Gilliam ha dimostrato che vi è grande diversità di microbi nelle famiglie sane e che essi risiedono in larve, api adulte e pane d’api .
La conversione del polline in pane d’api prevede il coinvolgimento in progressione di microbi che stabiliscono l’ambiente ideale per la fermentazione e pre digestione del polline .
Diversi tipi di microbi sono rinvenibili in larve e api adulte. La “semina “ dei microbi avviene probabilmente durante lo scambio di cibo . I microbi nelle larve tendono a perdersi in conseguenza della defecazione che avviene poco prima della pupazione. Pupe e api appena nate non hanno microbi interni. Dopo la nascita,le api adulte cominciano ad acquisire microbi cominciando a mangiare pane d’api e scambiando cibo con le consorelle .Le comunità microbiche comunemente rinvenibili nel sistema digestivo delle api variano a seconda della località e della stagione. I microbi sono presenti anche nello stomaco . Dodici differenti tipi di batteri lattici (LAB) sono stati rinvenuti da Olofsson & Vásquez( 2008) .
Differenti tipi di batteri, ma soprattutto dimensione della loro popolazione , variano a seconda del tipo di nettare che le api raccolgono.Tuttavia le api sembrano anche avere alcune specie di batteri in comune , senza riferimento alle fonti nettarifere visitate.
In aggiunta ai microbi presenti nel sistema digestivo delle api , esiste una comunità di microbi interattivi presenti nel polline stoccato .
Numerosi generi di batteri e funghi sono stati isolati dal pane d’api , ma non nel polline che dà luogo ad esso ( Gilliam 1979- 1989).
Questo suggerisce che le api inoculino il polline stoccato con microbi mentre lo sistemano nelle celle e che una delle sorgenti di microbi siano le api stesse. Nei periodi caratterizzati da assenza di polline , come in inverno, i microbi probabilmente sono stoccati nel sistema digestivo dell’ ape . In primavera quando la raccolta del polline ricomincia, il polline viene inoculato dalle api e i microbi lo usano come mezzo per la loro crescita. Dal pane d’api “ microbizzato “ le api re-inoculano loro stesse quando lo consumano.In conseguenza dell’attività dei microbi ,il pane d’api differisce nella composizione chimica rispetto al polline raccolto .Elementi come Vitamina K e acido lattico sono presenti solo nel pane d’api . La conversione del polline in pane d’api è perciò un processo altamente dinamico. Comincia col ritorno all’alveare della bottinatrice e lo scarico del polline nelle cellette . Un’ape di casa aggiungerà nettare al polline e lo immagazzinerà nella cella . Per circa 12 ore , il polline “ impacchettato “ conterrà un’ampia varietà di microbi, inclusi batteri e lieviti. I batteri lattici rinvenuti nello stomaco delle api probabilmente sono aggiunti al polline quando le api lo mischiano al nettare.
I batteri lattici ( LAB ) usano i fattori di crescita prodotti dai lieviti e da altri batteri e abbassano il pH del polline . La fermentazione lattica è completa in circa 15 giorni. I lieviti, inizialmente presenti in scarso numero risultano aumentati dopo la fermentazione e permangono nel polline stoccato più a lungo di tutti gli altri microbi .
Attraverso l’azione dei microbi il polline è pre digerito e con ciò vi è un aumento della quantità di nutrienti in esso disponibili.
I lieviti sintetizzano vitamina B. I Penicillium producono diversi enzimi e antibiotici che prevengono la crescita di altri microbi .
Nel pane d’api di tre settimane sono stati isolati 21 differenti tipi di funghi e dopo sei settimane 23.Aspergillus niger è risultato il più comune . In aggiunta al loro ruolo nei processi di produzione del cibo, i microbi sono essenziali per la prevenzione delle patologie .
Si può ritenere che “sbilanciamenti “delle comunità batteriche siano uno dei fattori di potenziale aumento della manifestazione di patologie . Possono inoltre essere la base di impoverimenti del cibo oppure l’impossibilità di utilizzo del polline in conseguenza di incompleta digestione con conseguente carenza di vitamine o amino acidi che riducono la vitalità della covata e la longevità delle adulte con in parallelo crescita non inibita dei patogeni.
La crescita dei microbi in una famiglia di api è largamente dovuta alla raccolta di polline e nettare.Il polline contiene numerosi batteri e lieviti (Gilliam 1979). Il nettare di molte piante pure (Herrera et al. 2009). Le api si trasferiscono vicendevolmente i microbi con lo scambio del cibo ( trofallassi ). Sempre secondo De Grandi ci sono prove di come il tipo di polline raccolto e il momento dell’anno in cui viene raccolto incide sulla quantità di microbi presenti nelle api e nel pane d’api . Per ciò vi sono differenze nella composizione della comunità di microbi presente in inverno rispetto a quella presente in estate (Rada et al. 1997).
La genetica delle api può incidere sulla diversità di presenza di microbi nella famiglia.
Oltre che utilizzare il polline come cibo, le api lo utilizzano come substrato per la crescita dei microbi loro necessari al fine di avere nutrizione e salute ottimale. Contaminazione del polline da fungicidi , fitofarmaci e antibiotici è frequentemente osservabile anche a livelli decisamente alti . I fungicidi sono particolarmente comuni nel polline dal momento che essi vengono spesso irrorati su piante in fioritura .Più che un eventuale effetto di tossicità diretta può risultare insidioso l’effetto sub letale in polline stoccato che può dare effetto di mancato sviluppo delle numerose specie di funghi necessarie a convertire il polline in pane d’api .
In aggiunta,diversi antibiotici ,ad esempio streptomicina sono registrati per uso su meli e peri per contrastare il “colpo di fuoco “ e utilizzati in fioritura.Lo studio di Gilliam (1988) sugli effetti della streptomicina ha mostrato che i batteri simbionti delle api tipici del sistema digestivo risultano diminuire sensibilmente fino a divenire completamente assenti .In molti casi è l’apicoltore che inserisce direttamente l’antibiotico nell’alveare. Lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio può incidere sulla crescita dei funghi simbionti a seconda di come esso è prodotto (Yoder et al. 2008). Il fatto che miele e pane d’api presente nelle famiglie morte con sintomi di CCD non venga saccheggiato da altre api potrebbe essere dovuto alla alterata composizione microbiologica di questo e risultare nei fatti del tutto indesiderabile .
Metaboliti secondari del nettare
La severità delle infezioni da patogeni è spesso condizionata dalla qualità della dieta del soggetto infettato .
Secondo Manson sostanze definite metaboliti secondari sono spesso rinvenibili nel nettare florale delle piante.
I metaboliti secondari includono tannini, fenoli, alcaloidi e terpeni e sono stati rinvenuti nel nettare florale di , 21 famiglie di angiosperme(Adler 2000 citato da Manson ). La presenza e diversità di elementi secondari nelle angiosperme suggerisce che essi abbiano funzioni adattative per le piante ,come effetto deterrente dei saccheggi ,incentivazione dell’impollinazione e protezione da microbi patogeni ( Adler 2000; Rhoades and Bergdahl 1981citati da Manson). Di queste, la capacità antimicrobica è la più generale dal momento che i microbi sono ubiquitari e il nettare è un mezzo ideale per ospitare un’ampia varietà di microorganismi.
In particolare relativamente ai patogeni intestinali , la dieta dell’ospite può avere effetti notevoli sulla severità dell’infezione alterando immunocompetenza, processi metabolici , o più semplicemente limitando la disponibilità di nutrienti per il parassita (Cory and Hoover 2006; Logan et al. 2005; Wink and Theile 2002 citati da Manson). Sia nei fiori che nello stomaco dei visitatori dei fiori , i metaboliti secondari del nettare possono secondo Manson compiere azione antimicrobica.
Il nettare di Gelsemium sempervirens L. contiene il caratteristico alcaloide gelsemina, metabolita secondario altamente tossico per i vertebrati (Blaw et al. 1979 citato da Manson ). Gelsemina non pare avere particolari effetti negativi sulle api (Elliott et al. 2008; Manson and Thomson 2009) e nemmeno sui lieviti florali (Manson et al. 2007).
I risultati di Manson dimostrano che nettare artificiale contenente l’alcaloide riduce la gravità delle infezioni intestinali degli impollinatori . Bombi (B. impatiens) inoculati col parassita Crithidia bombi sviluppano meno intensa infezione quando nutriti con gelsemina per alcuni giorni . Tuttavia l’infettività di C. bombi non risulta diminuire quando il patogeno è esposto a gelsemina all’esterno dell’ospite.
Questi risultati suggeriscono come il nettare ricco di alcaloidi ingerito possa agire come microbicida senza interferire direttamente sulla vitalità del patogeno. Dal momento che C. bombi è depositato sui fiori dagli impollinatori infetti e può essere diffuso tra essi attraverso il nettare florale contaminato,nettari ricchi di alcaloidi possono avere secondo Manson un sostanziale effetto sulla trasmissione del patogeno sia all’alveare che tra la popolazione di impollinatori .
Vi sono diverse possibilità relativamente al meccanismo di azione degli alcaloidi contenuti nel nettare nei confronti dei patogeni intestinali:
-riduzione della replicazione in conseguenza dei costi associati alla tolleranza degli alcaloidi
-alterazione dello stomaco dell’ospite in maniera da renderlo meno ospitale per il patogeno
-alterazione della capacità di aderenza alle pareti intestinali del patogeno ( Logan et al. 2005 citato da Manson )
-aumento del pH nell’apparato digerente , con potenziali effetti deleteri per il patogeno (Stiles and Paschke 1980 citati da Manson ).
-la dieta ricca di alcaloidi può aumentare l’escrezione dell’apparato con spinta all’esterno delle cellule dei patogeni .
I batteri simbionti entrano attraverso il nettare raccolto dalle bottinatrici , che viene scaricato alle api di casa ricevitrici e trasformato in miele . I simbionti tendono a colonizzare l’apparato digerente delle api ma non finiscono nel miele , che è un elemento “sterilizzante “ e tanto più sterile quanto più le api riescono a lavorare bene .
Il fatto che il miele sia sterile prende il nome di “ immunità sociale “ ovvero fa in modo che alle singole api che riutilizzano il miele non arrivino carichi di patogeni. Si ha così che il sistema immunitario della singola ape è meno sollecitato ( o nessuna sollecitazione come condizione ideale ) . Questo è molto importante perchè il sistema immunitario della singola ape è piuttosto debole ( uno dei problemi attuali è che l’immunità sociale delle api funziona sempre meno e il sistema immunitario della singola ape è sollecitato sempre di più con risultati disastrosi ) .
Un’altra parte importante di simbionti arriva col polline , il quale viene elaborato da api nutrici . Anche in questo caso i simbionti tendono a colonizzare lo stomaco delle nutrici, ma in aggiunta si ha che il pane d’api è ricco di simbionti. La trofallassi delle api scambia anche simbionti .
La dinamica dei patogeni è in parte diversa . Virus e spore di nosema oltre che di p.larvae e quant’altro finiscono facilmente sui favi ( feci etc ) e sui corpi delle api , i peli delle quali sono delle elettrocalamite. I virus possono entrare attraverso microferite nel corpo delle api con effetti gravissimi ( tanto più quanto le api sono strette e si capisce come sia inattuale la tendenza di tanti apicoltori di stringere le api ) .
Le api giovanissime addette alla pulizia tendono a ingoiare di tutto . IL problema è che nell’età successiva andranno a fare le nutrici trasferendo i patogeni alla covata . Diversi patogeni ( virus e ceranae ) avranno potuto moltiplicarsi .
Per cui quello che possiamo fare è disinfettare i favi ( oxygen o altro ) per cercare di far sì che la quantità di patogeni ingeriti dalle api o a contatto coi corpi delle api ( i virus vi entrano direttamente ) e ingeribili in conseguenza delle attività di grooming ( pulizia reciproca ) sia minima .
Ma
una volta che un patogeno viene ingoiato dall’ape non riusciamo più a raggiungerlo .
Possiamo disinfettare un po’ la bocca , ma non oltre perchè Oxygen non viene ingerito .
Così non c’è azione sui simbionti ( e nemmeno sui patogeni presenti nello stomaco ) .
Si deve considerare che in una famiglia con problematiche sanitarie, a livello di apparato digestivo vi è rimasta una piccolissima quantità di simbionti mentre vi è una enorme presenza di patogeni . E’ quello che prende il nome di DISBIOSI . In questa situazione
se si potesse far ingoiare il peracetico o qualcos’altro , considerando che ha un tempo di metabolizzazione al massimo di 3 giorni ci si potrebbe ripulire di patogeni accoppando anche i simbionti , dei quali però si dovrebbe essere riforniti giornalmente con anche riserve nel pane d’api e cioè ricostituzione immediata .L’ importazione dei patogeni si spera e si deve cercare che sia molto più lenta di quella dei simbionti la cui importazione dovrebbe essere continua derivando da importazione di polline e nettare i quali però sono sempre più scarsi e di qualità sempre più scadente .
E’ probabile che uno dei problemi attuali sia la rarefazione dei simbionti nell’attuale ecosistema impoverito e non è da escludere che si renda necessario fornirli artificialmente alle api ( servono più di diversi “trattamenti “ ) . Purtroppo l’essere umano come genere ha combinato un’altra frittata e la situazione adesso è drammatica. Ricostruire un ambiente a misura di ape non è una cosa nè semplice nè immediata . E nemmeno indolore.
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