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Chi mi toglie
a me stesso?
( v. 415-438 )
Ma tu, del Vatican pastor sublime,
415
padre comun che premi il trono santo
che più d’ogni altro in terra al ciel s’appressa,
so ben ch’ogni tua cura
rivolgi all’util nostro;
so ben che i tuoi pensieri
420
altro oggetto non hanno
che ‘l servigio di lui, che tra’ mortali
in sua vece t’ha posto;
e so che l’api tue,
per fabricar favi di pace in terra,
425
favi di gloria in cielo,
entro i prati fioriti
de le potenze umane
cercan diversi fiori,
né volan solo ai gigli,
430
com’altri pensa. Così il cielo ascolti
i santi voti tuoi, sì che tu scorga
la tua diletta greggia,
sommerso in Lete ogni privato sdegno,
passar con voglie unite
435
nell’Asia a racquistar gli antichi ovili,
e l’abbattuta croce
a raddrizzar sul Tauro e sul Carmelo.
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Guida sublime del Vaticano, padre di tutti gli uomini, che siedi sul
trono santo che più d’ogni altro sulla terra si avvicina al
cielo: so bene che ogni tuo impegno è rivolto al nostro vantaggio,
so bene che i tuoi pensieri non hanno altro oggetto che il servire Colui
che ti ha messo tra i mortali al Suo posto; e so che la tua politica [le
api dello stemma di Urbano VIII Barberini] per realizzare opere di
pace sulla Terra, che poi torneranno a tua gloria in cielo, si rivolge
a diversi potenti, e non soltanto ai gigli del re di Francia, come alcuni
pensano. Il cielo ascolti le tue sante preghiere, in modo che tu veda il
tuo amato gregge, dimenticato ogni rancore particolaristico, andare in
Asia con unità d’intenti, per riconquistare le antiche sedi e rialzare
sul Tauro e sul Carmelo la Croce che era stata abbattuta.
Contenuto del brano.
I versi riprodotti costituiscono l’ultima strofa (che precede la strofetta
finale) di una lunghissima canzone, la lamentazione «Italia calamitosa»
di Ciro di Pers, rivolta ai principali sovrani europei dell’epoca.
A tinte fosche l’autore traccia un affresco di drammatico effetto in
cui sono rappresentate le sventure dell’Italia: carestia, peste, guerra
per la successione al ducato di Mantova.
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