Ulteriori possibili effetti del N. ceranae sulla produzione e sulla sopravvivenza degli alveari
di Gianni Savorelli e Luca Tufano.
Emerge chiaramente come i dati raccolti da queste due ricerche ["Sex-Specific Differences in Pathogen Susceptibility in Honey Bees (Apis mellifera)" di G. Retschnig et al. e "Extreme polyandry improves a honey bee colony’s ability to track dynamic foraging opportunities via greater activity of inspecting bees" di Heather R. MATTILA, Thomas D. SEELEY. Vedi ricerche pubblicate su "Patologia apistica"] siano strettamente collegati e come la situazione sanitaria dei fuchi possa pesare sulle produzioni e sopravvivenza delle famiglie. Se una poliandria estrema e quindi regine fecondate da un numero elevato di fuchi (18-20) garantiscono generazioni di bottinatrici maggiormente efficienti (in ragione della più numerosa presenza di «ispettrici», che dipendono da specifiche linee paterne) e quindi, grazie alla maggiore disponibilità di cibo ed alla elevata capacità di sfruttamento di fonti nettarifere e pollinifere, anche colonie con condizioni di salute migliori e maggiore resistenza ai patogeni , allo stesso tempo la poliandria dipende verosimilmente dalle condizioni di salute dei fuchi. Il proliferare di infezioni causate da N. ceranae e patogeni associati impedisce verosimilmente le buone prestazioni dei fuchi, ostacolando così il fenomeno naturale e funzionale alla sopravvivenza della specie noto come poliandria, dimostrando ancora una volta come questa patologia (N. ceranae), così irragionevolmente trascurata perché apparentemente asintomatica, possa invece causare sotterranei e gravissimi danni alla sottospecie di Apis mellifera, capaci di comprometterne nel giro di poche generazioni, accanto alle prestazioni di bottinamento, anche le stesse capacità di sopravvivenza. Inoltre, il virus BQCV, spesso associato a N. ceranae, si manifesta tipicamente proprio sulle pupe di regina e sulle celle reali e perciò si evidenzia particolarmente negli allevamenti di regine, e può costituire un campanello di allarme significativo della associata presenza di N. ceranae in quelle colonie, ma sarebbe meglio dire in quelle zone. La capacità di fecondazione dei fuchi provenienti da colonie infette da ceranae sarà verosimilmente compromessa e otterremo un impoverimento complessivo delle linee e caratteristiche genetiche di un ceppo a causa di un impoverimento delle patrilinee, con tutte le ricadute ormai ben note sul piano funzionale. Le nostre regine saranno «dimezzate» alla maniera del visconte di Italo Calvino e genereranno delle colonie meno propense all’attività di bottinamento e meno capaci di sfruttare le risorse del pascolo (svantaggio non da poco, specialmente per chi pratica nomadismo e utilizza brevi «finestre» per fare raccolto). Allo stesso tempo, colonie incapaci di approvvigionarsi in modo soddisfacente sia in termini nettariferi ma ancora di più polliniferi risulteranno sicuramente più sensibili a tutti i patogeni nel complesso, con maggiori rischi per la sopravvivenza della colonia che risulterà di conseguenza anche meno produttiva . Anche in caso di sopravvivenza, i superstiti avranno delle performances ancora più compromesse dal maggior impatto dei patogeni, facendo cadere l’alveare in una spirale perversa che genera api e fuchi progressivamente sempre più deboli, forse fatalmente costretti a svanire. In parallelo si selezionano probabilmente delle linee resistenti al nosema, ma che possono soccombere per Varroa-virus. Non è una prospettiva felice ed è anzi uno scenario drammatico perché, al di là delle sorti dell’apicoltura moderna, queste ipotesi scientifiche aprono a qualcosa di «apocalittico», ad una catastrofe ecologica che rischia di coincidere se non con l’estinzione, almeno con la riduzione al lumicino del patrimonio genetico delle api da miele, con gravi rischi per la sopravvivenza della specie.
Fatte queste deduzioni , cercheremo di approfondirle e trovare l’opinione del Prof Seeley e del Prof Moritz . Sperando che vogliano e possano darci un’opinione .