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dalle Rime
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Venendo l’ autore di Bologna in Padova, fu raccolto ne
l’ Academia de gli Eterei che si ragunava in casa del signor
Scipione Gonzaga, suo particolar signore e protettore:
ond’ egli scrisse loro questo sonetto continuando ne la
metafora del tasso, arbore del suo cognome, de’ cui frutti
gustando l’ api producono il mele amarissimo.
Poiché ‘n vostro terren vil tasso
alberga
dal Ren traslato ond’ empia man lo svelse,
là ‘ve par ch’egualmente omai l’ eccelse
piante e le basse orrida pioggia asperga;
s ‘egli già fu negletta ed umil
verga,
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or, mercé di colui che qui lo scelse
fra‘ suoi bei lauri e propria cura felse,
tosto avverrà ch’ al ciel pregiato s’ erga.
E caldi raggi e fresche aure e rugiade
pure n’ attende a maturar possenti
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e raddolcir l’ amate frutta acerbe:
onde il lor succo a l’api schife aggrade,
e mel ne stilli che si pregi e serbe
poscia in Parnaso a le future genti.
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873
Al signor Antonio Vinci, il “Rintuzzato”.
Risposta.
Io non contesi, Vinco, or vinca il vero,
con Virgilio o con lui che a mano a mano
seco il conduce, a cui s’ oppose invano
qual altro fu più dolce e lusinghiero,
ne co’ due vaghi toschi o col primiero
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ch’ a le stelle salì nel corpo umano ;
ma per servirli spiacqui al volgo insano,
al qual sottrarmi forse indarno io spero.
Pur , come il caro mele ape ingegnosa
sugge or da l’ uno ora da l’altro fiore
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e poi lo stilla ne’ suoi nidi ascosa,
così trassi da lor celeste umore
d’ eloquenza divina e gloriosa,
degna che tu la gusti e che l’odore.
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